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  • Venerdì 7 luglio 2023

E quindi dov’è Yevgeny Prigozhin?

E dove sono tutti i combattenti del gruppo Wagner, dopo che il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha detto che non si trovano nel suo paese? Non si sa

Yevgeny Prigozhin e alcuni combattenti di Wagner in un'immagine di maggio (Prigozhin Press Service via AP, File)
Yevgeny Prigozhin e alcuni combattenti di Wagner in un'immagine di maggio (Prigozhin Press Service via AP, File)
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A poco meno di due settimane dalla rivolta armata di Wagner in Russia ci sono ancora molte incertezze su cosa sia successo ai combattenti del gruppo che hanno partecipato alla rivolta e soprattutto al loro capo, Yevgeny Prigozhin. Giovedì, in una specie di conferenza stampa, il presidente bielorusso Alexander Lukashenko ha aumentato queste incertezze, perché ha negato che Prighozin e i suoi combattenti si trovino in Bielorussia, come invece era stato dato per certo negli ultimi giorni.

Prigozhin e i membri del gruppo Wagner avrebbero dovuto trovarsi in Bielorussia sulla base dell’accordo mediato da Lukashenko il secondo giorno della rivolta. L’accordo prevedeva che Prigozhin e i suoi mercenari sarebbero dovuti andare in Bielorussia in esilio e in cambio lo stato russo avrebbe ritirato le accuse contro di loro per i crimini legati alla rivolta. Ma ora che, almeno secondo Lukashenko, né Prigozhin né i mercenari di Wagner sarebbero in Bielorussia, non è chiaro se l’accordo sia ancora valido. Al momento, soprattutto, non c’è nessuna informazione certa su dove si trovi davvero Prigozhin.

Bisogna anzitutto considerare che su dove si trovano Prigozhin e i combattenti del gruppo Wagner le informazioni sono pochissime, sono quasi tutte non confermate e vengono proprio da Lukashenko. Il presidente bielorusso dapprima aveva detto che Prigozhin era arrivato in Bielorussia e poi, giovedì, ha smentito le sue stesse parole. Prigozhin, invece, in queste due settimane dalla rivolta ha comunicato un paio di volte tramite vocali su Telegram ma non ha mai parlato della sua posizione o di quella dei suoi uomini. Anche la Russia non ha mai confermato niente: Dmitri Peskov, il portavoce del Cremlino, aveva detto poco dopo la rivolta che Prigozhin e i suoi sarebbero andati in Bielorussia, ma si era rifiutato di dire dove effettivamente si trovassero.

La conferenza stampa di Lukashenko di giovedì è stata di per sé un evento relativamente notevole. Il presidente bielorusso, che governa il paese in maniera autoritaria da quasi trent’anni, ha convocato nel palazzo presidenziale della capitale Minsk una ventina di giornalisti, tra cui molti corrispondenti stranieri: c’erano per esempio giornalisti del New York Times e della BBC. Questo è un fatto abbastanza inusuale: come ha spiegato la giornalista del New York Times che era presente, di solito gli accrediti stampa ai giornalisti stranieri vengono concessi solo quando Lukashenko ritiene che gli possa convenire parlare con la stampa estera.

La conferenza stampa è durata quasi quattro ore e Lukashenko, hanno scritto i giornalisti che c’erano, è stato molto gioviale, scherzava spesso e chiamava tutti i giornalisti per nome.

Su Prigozhin Lukashenko ha detto che a sua conoscenza il capo del gruppo Wagner si trovava a San Pietroburgo, in Russia, e poi ha detto: «Forse è andato a Mosca, forse da qualche altra parte, ma non si trova sul territorio della Bielorussia».

Il fatto che Prigozhin non si trovasse in Bielorussia è stato paradossalmente la notizia meno sorprendente. Dalla fine della rivolta in più di un’occasione il suo jet privato era stato tracciato mentre volava verso San Pietroburgo, dove Prigozhin è nato e dove il gruppo Wagner aveva da qualche mese aperto i propri uffici, e per questo circolavano da tempo voci sul fatto che Prigozhin non fosse stabilmente in Bielorussia, ma che si stesse spostando tra lì e la Russia. Un funzionario del ministero della Difesa statunitense, parlando in forma anonima con il New York Times, ha detto che dal giorno della rivolta Prigozhin è stato per gran parte del tempo in Russia, ma che controllare i suoi movimenti è complicato perché il capo di Wagner usa spesso dei sosia e dei travestimenti.

Lukashenko, peraltro, ha detto che al momento Prigozhin è un «uomo libero», cioè non è stato arrestato e non ha procedimenti penali contro di lui, e ha aggiunto che secondo lui non sarà ucciso: «Voi pensate che Putin sia così malevolo e vendicativo da uccidere Prigozhin domani, ma no, questo non succederà».

L’altra informazione notevole data da Lukashenko è che oltre a Prigozhin nemmeno i combattenti del gruppo Wagner sarebbero in Bielorussia, come invece si era ritenuto. Ha detto: «I combattenti di Wagner, che sono molto seri, sono ancora negli accampamenti nei quali si sono ritirati dopo Bakhmut», cioè dopo aver conquistato la cittadina ucraina a maggio. Non è chiaro dove si troverebbero questi accampamenti. Alcuni media parlano degli accampamenti del gruppo Wagner nelle retrovie dell’oriente ucraino, che si troverebbero nella regione di Luhansk; altri hanno parlato di accampamenti nel sud della Russia, vicino alla città di Krasnodar.

Negli ultimi giorni erano inoltre uscite immagini satellitari che sembravano mostrare la costruzione di un accampamento in una base militare abbandonata a 130 chilometri da Minsk, dove molti esperti avevano detto che si sarebbe stanziato il gruppo Wagner in Bielorussia.

Se davvero né Prigozhin né i combattenti del gruppo Wagner si trovano in Bielorussia, significa che uno dei termini principali dell’accordo che ha posto fine alla rivolta armata non sarebbe stato rispettato. Lukashenko, però, ha detto durante la conferenza stampa che l’accordo è ancora valido. Il giornalista di BBC che era presente alla conferenza ha detto che «sembra che siano in corso conversazioni sottobanco di cui i giornalisti non sono resi partecipi».