Cosa ha detto Daniela Santanchè al Senato

Che non ha ricevuto un avviso di garanzia, tra le altre cose, ma non vuol dire che l'indagine a suo carico non esista

(Roberto Monaldo/LaPresse)
(Roberto Monaldo/LaPresse)

Mercoledì pomeriggio la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha tenuto un’informativa in Senato per difendersi dalle accuse del programma di Rai 3 Report, che due settimane fa aveva pubblicato un’inchiesta sulla sua attività imprenditoriale. Le accuse di Report, tra le altre, sono che Santanchè avrebbe gestito le sue aziende in modo poco trasparente, licenziando alcuni dipendenti senza poi riconoscere loro il trattamento di fine rapporto (tfr) e in almeno un caso violando la legge imponendo a un’impiegata la cassa integrazione a zero ore ma facendola comunque lavorare.

Le accuse riguardano in particolare una delle sue aziende, Visibilia, di cui Santanchè è stata presidente e amministratrice delegata in passato. Ora non è più la principale azionista. Dal giorno in cui era stata pubblicata l’inchiesta di Report la vicenda aveva avuto un’ampia risonanza e una parte delle opposizioni aveva chiesto che Santanchè riferisse in parlamento.

In aula Santanchè ha tenuto un discorso dai toni combattivi, in cui ha cercato di presentarsi come la vittima di una «campagna di vero e proprio odio», negando tutte le accuse di Report. Ma prima di difendersi nel merito della gestione delle sue aziende, Santanchè ha voluto insistere su un punto: l’indagine della procura di Milano su di lei per falso in bilancio, di cui avevano dato conto vari giornali lo scorso novembre e che riguarderebbe sempre la gestione di Visibilia. Già all’epoca Santanchè aveva smentito di essere indagata, e lo ha fatto anche adesso prendendosela con il quotidiano Domani che lo ha scritto in prima pagina mercoledì mattina:

Affermo innanzitutto sul mio onore che non sono stata raggiunta da alcun avviso di garanzia, e che anzi per scrupolo ho chiesto ai miei avvocati che non ci fossero dubbi in proposito.

L’avviso di garanzia, noto anche come informazione di garanzia, è la comunicazione che una procura fa a una persona sotto indagine. Secondo il codice di procedura penale, tuttavia, la procura non è tenuta a mandare l’informazione in ogni caso, ma solo quando «deve compiere un atto al quale il difensore ha diritto di assistere», per esempio un interrogatorio o una perquisizione. Secondo Domani Santanchè non è a conoscenza di indagini a suo carico perché l’iscrizione nel registro degli indagati sarebbe stata fatta segretamente, eventualità prevista dalla legge. In generale, poi, le procure non sono tenute a dare informazioni su questo, neanche su specifica richiesta di avvocati che assistono persone potenzialmente coinvolte.

In sintesi, è plausibile che Santanchè sia indagata, come scrivono i giornali da mesi, e che lei non ne sia stata informata.

Nella seconda parte dell’informativa Santanchè ha negato le accuse di Report, ha ripercorso la sua storia imprenditoriale e ha detto di non essersi «mai appropriata di nulla che non mi appartiene», di non aver «mai abusato delle mie posizioni apicali delle aziende». In merito ai debiti delle sue aziende ha detto di aver messo a disposizione il suo patrimonio per ripagarli (cosa che secondo lei meriterebbe un «plauso») e di aver «fatto ricorso a strumenti messi a disposizione di tutte le imprese dalle leggi ancora vigenti». Sulle accuse dell’impiegata di Visibilia, ha detto di essere sicura che non abbia mai lavorato mentre era in cassa integrazione, e di trovare strano che non sapesse della sua condizione visto che è scritta nelle buste paga.

Tra le repliche dei senatori, i più ostili sono stati Stefano Patuanelli del Movimento 5 Stelle, che ha presentato una mozione di sfiducia contro Santanchè, e Antonio Misiani del Partito Democratico, che l’ha invitata a rassegnare le dimissioni. Il motivo è che nell’informativa non si è giustificata di un prestito di 2,7 milioni di euro che lo Stato avrebbe dato a una delle società gestite da Santanchè, la Ki Group. Secondo il PD il prestito non sarebbe stato restituito: «È un grave problema di opportunità politica: può una ministra avere un debito nei confronti dello Stato? Secondo noi no, non può rimanere al suo posto», ha detto Misiani.