Cosa c’è di concreto nelle accuse a Daniela Santanchè

La ministra del Turismo terrà un'informativa al Senato domani per difendersi, nel frattempo “Report” ne ha tirate fuori altre

(Stefano Porta/LaPresse)
(Stefano Porta/LaPresse)

Domani alle 15 è prevista in Senato l’informativa con cui la ministra del Turismo Daniela Santanchè dovrà rispondere alle accuse che ha ricevuto nelle ultime settimane per la gestione imprenditoriale delle sue aziende, cominciate in seguito a un’inchiesta di Report, il programma di approfondimento giornalistico di Rai 3. Nel frattempo lunedì sera lo stesso Report è tornato a parlare della questione, mandando in onda una parte di un suo vecchio servizio del 2012 in cui si ipotizzava che Santanchè avesse approfittato dei suoi ruoli politici per limitare i problemi finanziari di una sua azienda, la concessionaria pubblicitaria Visibilia, che è tra quelle al centro delle accuse recenti.

Dal momento dell’inchiesta di Report, andata in onda lo scorso 19 giugno, non ci sono state notizie di nuove indagini giudiziarie a carico di Santanchè: a quanto risulta a diversi giornali e allo stesso Report, però, la ministra sarebbe stata già sotto indagine per la gestione di Visibilia dal novembre del 2022, con l’accusa di falso in bilancio. Santanchè aveva smentito di essere sotto indagine, ma con argomenti vaghi e poco convincenti, perlopiù ricordando di aver venduto le sue quote di Visibilia a gennaio del 2022: l’ipotesi di reato però si riferiva al periodo compreso tra il 2016 e il 2020, in cui Santanchè era ancora presidente della società. In quegli anni, secondo l’accusa, Visibilia avrebbe pubblicato bilanci inattendibili che avrebbero fatto emergere con ritardo, solo in tempi recenti, il dissesto patrimoniale dell’azienda.

Il servizio del 2012 mandato in onda da Report lunedì sarebbe una prova del fatto che l’azienda avesse grossi problemi finanziari già prima del 2016, anche se dalle informazioni fornite dal programma non è possibile stabilire se fossero stati commessi reati. Il servizio si riferiva all’anno precedente, il 2011, quando Santanchè era sottosegretaria all’attuazione del programma di governo nell’ultimo governo di Silvio Berlusconi.

Secondo le informazioni raccolte da Report, in quel periodo Visibilia aveva già debiti con le banche per 15 milioni di euro, 2,8 dei quali con la Banca Popolare di Milano (BPM). Per affrontare alcune spese di gestione dell’azienda Santanchè aveva chiesto a BPM un fido bancario da 2 milioni di euro. Il fido è un finanziamento concesso da una banca o da una società finanziaria, diverso dal prestito perché non deve essere sfruttato necessariamente per intero e perché viene utilizzato solitamente per la gestione ordinaria di un’azienda nel breve termine, non per investimenti di lungo periodo.

La concessione di un fido richiede verifiche e garanzie di stabilità finanziaria, e perciò venne rifiutata da BPM a causa del precario stato patrimoniale di Visibilia: secondo Report, allora Santanchè esercitò pressioni approfittando del suo ruolo politico e dei suoi contatti, cercando di organizzare incontri tra rappresentanti di BPM, Berlusconi e Mario Draghi, all’epoca governatore della Banca d’Italia. Non è chiaro se questi incontri siano avvenuti e che genere di vantaggi avrebbe potuto trarne BPM, ma certamente non ebbero effetti, perché il fido non fu comunque concesso. Secondo Report però in seguito a quelle pressioni Visibilia ottenne contratti pubblicitari per i giornali di cui era concessionaria per un totale di 320mila euro: non è possibile stabilire se tra le due cose ci sia stata una causalità diretta.

Difficilmente nella sua informativa al Senato Santanchè risponderà anche di questi avvenimenti, che oltre a essere di minore attualità al momento sono anche privi di risvolti giudiziari: la maggior parte delle cose che dirà riguarderanno soprattutto le informazioni emerse dalla puntata di Report del 19 giugno.

Nella sua inchiesta Report accusava in sostanza Santanchè di aver gestito male due sue aziende in particolare, di cui non è più proprietaria: la stessa Visibilia, che negli anni era cresciuta ed era diventata anche una casa editrice, e la società di investimenti Ki Group. Report documentava l’accumulo di molti debiti da parte di entrambe le aziende, gestiti perlopiù con passaggi societari poco trasparenti e con ex dipendenti licenziati che denunciavano di essere ancora in attesa di ricevere il trattamento di fine rapporto (tfr), la somma che spetta a ogni lavoratore quando cessa un rapporto di lavoro.

Alcune delle accuse emerse dall’inchiesta appaiono più che altro sconvenienti, ma senza conseguenze giudiziarie: come il fatto che durante la pandemia Santanchè si fosse più volte vantata pubblicamente di aver anticipato la cassa integrazione ai suoi dipendenti, mentre diverse testimonianze dirette raccolte da Report tra i lavoratori di Ki Group hanno poi smentito che lo avesse fatto davvero. Altre accuse invece avrebbero potenzialmente anche conseguenze giudiziarie, se fossero verificate, come il caso di una dipendente messa in cassa integrazione a zero ore a sua insaputa, che aveva così continuato a lavorare: i dipendenti in cassa integrazione a zero ore vengono pagati interamente a spese dello Stato, e per legge non dovrebbero lavorare. Se fosse vero sarebbe ipotizzabile il reato di truffa ai danni dello Stato.

Intervistato da Report, l’allora amministratore delegato di Visibilia e compagno di Santanchè, Dimitri Kunz, aveva negato che l’azienda avesse messo in cassa integrazione una o più dipendenti a loro insaputa. Ma sempre Report aveva poi pubblicato l’estratto di una telefonata tra Kunz e la dipendente in questione in cui lui sembrava invece essere a conoscenza dell’utilizzo improprio della cassa integrazione. La trasmissione ha fatto sapere che la dipendente avrebbe sporto denuncia, ma al momento non ci sono altre informazioni su eventuali indagini a carico di Visibilia.