L’economia cinese non cresce come dovrebbe

Si pensava che con la fine delle restrizioni la ripresa sarebbe stata intensa e avrebbe portato vantaggi all'economia mondiale, ma per ora non è così

(China Photos/Getty Images)
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Dopo che nel primo trimestre dell’anno il Prodotto Interno Lordo cinese era cresciuto più rapidamente del previsto, grazie alla fine della strategia zero Covid, in aprile e maggio è successo il contrario: ci sono stati risultati piuttosto deludenti sui consumi, sugli investimenti e sul mercato immobiliare e c’è la possibilità, ritenuta da molti neanche troppo remota, che l’economia non cresca affatto nel secondo trimestre rispetto al primo. Gli analisti aspettavano da tempo la fine delle restrizioni per il coronavirus in Cina per vedere se l’economia sarebbe tornata a crescere come prima della pandemia, ma con i nuovi dati si sono ritrovati addirittura costretti a tagliare le stime sulla crescita complessiva dell’economia per quest’anno.

La debolezza economica della Cina comporta sia vantaggi che rischi per l’economia globale. I prezzi al consumo e alla produzione in Cina sono scesi negli ultimi mesi, riducendo il costo delle importazioni dalla Cina e frenando così in parte l’inflazione in Occidente. Allo stesso tempo, un calo consistente della domanda cinese avrebbe però effetti sicuramente negativi sulle esportazioni dei paesi occidentali in Cina e potrebbe accentuare la tendenza al rallentamento globale dell’economia. Una tendenza che comunque è già ampiamente in atto: l’Eurozona è entrata in recessione tecnica e parte degli analisti prevede che entro la fine dell’anno lo faranno anche gli Stati Uniti.

Gli analisti imputano gran parte del rallentamento cinese ad alcune tendenze negative del settore immobiliare, che ha guidato la crescita cinese per anni, che vale circa un quarto del PIL del paese e che oggi è in grande sofferenza. Un altro grave problema è il mercato del lavoro, che fatica a integrare soprattutto i giovani: il tasso di disoccupazione delle persone tra i 16 e i 24 anni è del 20,4 per cento, il massimo da vari anni.

Le difficoltà del settore immobiliare sono note da anni, ma si sono aggravate di recente. Uno dei fenomeni più notevoli è stato per esempio alla fine del 2021 la crisi di Evergrande, un enorme gruppo cinese che si è rivelato essere la società di sviluppo immobiliare più indebitata al mondo. Dopo essere stata protagonista della grande crescita economica del paese, è entrata in crisi a causa del rallentamento del mercato immobiliare in Cina e delle regolamentazioni più stringenti imposte di recente dal governo per il settore. In più la dirigenza di Evergrande nel corso degli anni aveva fatto scelte molto rischiose e investimenti pesanti anche in altri settori, dal calcio alle automobili elettriche all’industria agroalimentare.

Il tracollo finanziario di questa società ha contribuito a rendere chiaro quanto fosse profonda la crisi di tutto il settore, che ancora non si è ripreso. Nonostante gli interventi pubblici per evitare una serie di fallimenti a catena con enormi conseguenze sulla società, il settore immobiliare è risultato talmente indebitato che in moltissimi casi faceva fatica a finire i progetti. Chi investiva in un progetto immobiliare, o l’aveva fatto di recente, non era più sicuro che sarebbe stato effettivamente realizzato.

All’inizio dell’anno il settore sembrava essersi in parte ripreso: gli interventi del governo erano infine riusciti nel loro intento di non far fallire gran parte delle società immobiliari e gli acquisti di immobili erano tornati a crescere, recuperando in parte tutti quegli acquisti che le famiglie avevano rimandato a causa della crisi immobiliare. Ma lo slancio sembra già finito: il prezzo delle nuove case è sceso a maggio, rispetto al mese precedente, segno che la domanda è tornata debole. Il numero delle compravendite è per un terzo inferiore ai livelli del 2019 e anche le nuove costruzioni sono il 60 per cento in meno.

La crisi di un settore che ha spinto moltissimo la crescita economica degli ultimi anni ha avuto effetti notevoli su tutta l’economia: la disoccupazione sta aumentando, soprattutto tra i giovani (risulta disoccupato un giovane su cinque nelle aree urbane); famiglie e imprese preferiscono tenere fermi i propri soldi, con il risultato che i consumi e gli investimenti non crescono perché manca la fiducia in una crescita robusta.

Il governo cinese ha già messo in atto una serie di misure per tentare di rilanciare l’economia: sono state introdotte agevolazioni fiscali per le piccole imprese, la banca centrale cinese ha ridotto i tassi di interesse per incoraggiare le famiglie a spendere di più il proprio denaro invece di risparmiarlo (al contrario di quanto sta succedendo in Occidente, dove le banche centrali li stanno aumentando per contrastare l’inflazione). L’ultima misura del governo è stata annunciata martedì, quando il sistema bancario controllato dallo stato ha ridotto i suoi tassi di interesse di riferimento per prestiti alle imprese e mutui per la casa.

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