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  • Venerdì 2 giugno 2023

I collegi del Regno Unito non sono più quelli di una volta

Sono meno tremendi di un tempo, attirano più studenti stranieri e non sembrano più così rilevanti per avere accesso alle università migliori

Studenti davanti a uno degli edifici della scuola privata di Eton, in Inghilterra
Studenti davanti a uno degli edifici della scuola di Eton, in Inghilterra (Dan Kitwood/ Getty Images)
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Nel 2019 il Financial Times scrisse un articolo su quella che aveva definito la «crisi d’identità delle boarding school del Regno Unito», cioè dei tradizionali collegi frequentati perlopiù da figlie e figli di famiglie molto ricche. Considerate un’istituzione del sistema scolastico e della cultura britannica, sono da sempre associate a un insegnamento di alto livello molto rigoroso, da cui comincia la formazione della classe dirigente del paese. Da qualche tempo tuttavia le cose sono cambiate: dipende soprattutto dai costi sempre più alti e dalle rigidità di un modello educativo che oggi viene percepito dai critici come superato e perfino inutilmente crudele.

Le boarding school sono complessi scolastici in cui ragazze e ragazzi possono studiare e vivere fin da un’età molto giovane, dai 4-5 anni (quando si comincia la scuola primaria) ai 16-18 (quando si conclude quella secondaria). Tra Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord ci sono circa 500 collegi di questo tipo, spesso divisi tra maschili e femminili. Alcuni sono formalmente pubblici, mentre molti sono privati: prevedono il pagamento di una retta elevata che comprende vitto, alloggio e lezioni, e insegnano materie che sono tenute in grande considerazione dalle università più prestigiose, tra cui matematica, scienze, storia, teatro, letteratura e lingue straniere.

Per fare un esempio, venti dei 57 primi ministri britannici hanno frequentato il collegio di Eton, che è considerata la scuola superiore più nota e prestigiosa del Regno Unito, dove tra gli altri hanno studiato anche il principe William e il principe Harry.

Fino a qualche decennio fa i collegi avevano la reputazione di agevolare l’accesso alle migliori università britanniche grazie a una formazione d’eccellenza, ma oggi non è più così vero. Come ha raccontato di recente l’Economist, nel 2014 gli studenti di Eton accettati nelle università inglesi di Cambridge e Oxford furono 99: nell’anno accademico 2021/22 invece sono stati 47, meno della metà, mentre al contempo 54 sono arrivati dalla Brampton Manor Academy, una scuola pubblica di Londra. Più in generale sembra che oggi questi collegi non siano più così rilevanti anche per altri motivi.

Uno dei personaggi più noti tra chi studiò a Eton fu il noto scrittore George Orwell, che come molti altri – compreso Winston Churchill – raccontò delle punizioni corporali a cui veniva sottoposto regolarmente chi non si comportava bene in collegio, così come del bullismo diffuso o degli abusi sessuali subiti da parte degli insegnanti.

Anche se oggi le cose sono molto cambiate rispetto a cinquanta o cento anni fa, tra molte famiglie si è diffusa da tempo la convinzione che allontanare da casa una bambina o un bambino per studiare possa non essere un privilegio, bensì una forzatura. C’è poi chi ritiene che modelli educativi di questo tipo rischino di provocare disturbi di vario tipo in età adulta, dalla depressione alle difficoltà nel gestire relazioni funzionali. Chi sostiene il sistema dei collegi invece ritiene che servano a rendere bambine e bambini più indipendenti e che attualmente in questi istituti ci sia molta più attenzione per il benessere, la salute mentale e l’inclusione degli studenti.

Secondo l’Economist, questa nuova sensibilità verso l’educazione in collegio è uno dei motivi principali che avrebbero spinto molte famiglie del Regno Unito a non mandarci più i propri figli, cosa che potrebbe aver contribuito al progressivo calo delle iscrizioni osservato negli ultimi decenni. Nel 1992 il numero degli studenti iscritti ai collegi nel Regno Unito scese al di sotto dei 100mila per la prima volta dal 1974, l’anno in cui si cominciò a tenere conto delle statistiche. Attualmente il numero degli iscritti resta più o meno costante, attorno ai 70mila, ha spiegato sempre l’Economist: nei prossimi anni tuttavia potrebbe diminuire anche a causa del grande aumento delle rette, che si prevede continueranno a crescere.

Studentesse in una biblioteca del Glenalmond college di Perth, in Scozia

Studentesse in una biblioteca del Glenalmond College di Perth, in Scozia (Jeff J Mitchell/ Getty Images)

Oggi la retta annuale di un collegio privato nel Regno Unito va dalle 20mila alle 35mila sterline, mentre a Eton solo la retta trimestrale è di 15.430 sterline, vale a dire che per ciascun anno scolastico si arriva a spendere l’equivalente di circa 53mila euro. Con il progressivo aumento delle rette avvenuto negli ultimi quindici anni e quello che si prevede per il prossimo futuro molte famiglie non vogliono oppure non possono più permettersi di pagarle (molti collegi sono peraltro molto contestati anche per via dei benefici fiscali di cui godono, ampiamente criticati dal Partito Laburista).

Il calo delle iscrizioni legato all’aumento delle rette e alle perplessità sul modello educativo ha portato i collegi britannici a dover trovare nuove iniziative per continuare a sopravvivere.

Molti istituti offrono già da tempo borse di studio per attirare studenti provenienti da famiglie a basso reddito, ma anche sconti pensati per quelle a reddito medio, che non riuscirebbero più a sostenere le spese con le proprie forze. Un’altra strategia è quella di aprire sedi all’estero, per esempio in paesi come Emirati Arabi Uniti, Indonesia, Cambogia e Vietnam, per ridurre la propria dipendenza dai clienti britannici. Un altro metodo ancora è quello di invogliare gli studenti stranieri ad andare a studiare nel Regno Unito, puntando soprattutto sulla buona reputazione di cui godono i collegi britannici all’estero.

La St Mary’s School di Shaftesbury (Finnbarr Webster/ Getty Images)

Il Financial Times osserva che nel 2019 il 44 per cento dei quasi 29mila studenti stranieri che frequentavano i collegi britannici veniva da Cina e Hong Kong; il 7 per cento era composto da studenti tedeschi e via via seguivano quelli di altre nazionalità. Alcuni istituti hanno una politica piuttosto rigida sul numero degli studenti stranieri da accettare, ma non tutti.

Il collegio scozzese di Gordonstoun, quello dove andò re Carlo III da ragazzo, ammette per esempio un terzo di studenti scozzesi, un terzo di inglesi e gallesi, e un terzo di studenti internazionali, con un massimo del 10 per cento di una singola nazionalità. Alcuni consulenti del settore sentiti dal Financial Times raccontano che invece ci sono collegi – soprattutto di medio e basso livello – che si mantengono quasi esclusivamente grazie agli studenti internazionali e puntano proprio ad attirare le famiglie di “nuovi arricchiti” nei paesi stranieri. Eric Liang, direttore dell’Hong Kong Education Web (un’organizzazione che si occupa di consulenza sullo studio all’estero), sostiene che a volte pur di avere più iscritti certe scuole britanniche tendono a essere poco trasparenti nei processi di ammissione, provocando qualche lamentela.

Nel frattempo tutte queste dinamiche hanno già costretto alcuni collegi a chiudere. È successo alla Abbots Bromley, a nord di Birmingham, che nel 2019 chiuse dopo il fallimento delle trattative con alcuni investitori cinesi che avrebbero voluto rilevarla, ed è capitato l’anno successivo per motivi simili anche alla St Mary di Shaftesbury, nel sud-ovest dell’Inghilterra. La St Bees School, che si trova in Cumbria, nel nord-ovest dell’Inghilterra, chiuse nel 2015 e riaprì tre anni dopo proprio grazie a un accordo con un ente cinese che si occupa di istruzione.

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