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  • Giovedì 1 giugno 2023

Un soldato pluripremiato, tre grossi giornali australiani e una causa per diffamazione

Diversi giornalisti avevano accusato Ben Roberts-Smith di crimini di guerra in Afghanistan, un giudice ha dato loro ragione

(Sam Mooy/Getty Images)
(Sam Mooy/Getty Images)
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Ben Roberts-Smith, 44enne soldato australiano delle forze speciali molto noto in Australia, ha perso una causa civile per diffamazione contro tre quotidiani australiani che lo accusavano di avere compiuto crimini di guerra in Afghanistan fra il 2009 e il 2012 durante l’invasione del paese guidata dall’esercito degli Stati Uniti.

Il processo è durato poco meno di un anno, è stato seguitissimo dai giornali australiani e avrà conseguenze molto pesanti per Roberts-Smith, che secondo l’edizione australiana del Guardian dovrà probabilmente pagare un risarcimento milionario ai tre giornali coinvolti – il Sydney Morning Herald, The Age, e il Canberra Times – e riconsegnare la Victoria Cross, la più alta onorificenza militare in Australia, che aveva ottenuto proprio per alcune operazioni militari condotte in Afghanistan. Le motivazioni della sentenza non sono ancora state diffuse, e il giudice non ha ancora stabilito la cifra esatta che Roberts-Smith sarà tenuto a pagare ai giornali.

Roberts-Smith è assai noto in Australia. Nel 2011 ricevette i primi riconoscimenti per aver salvato alcuni compagni accerchiati da un gruppo di talebani. Negli anni seguirono altre celebrazioni e riconoscimenti, una redditizia carriera da conferenziere, ben due ritratti nel Memoriale dell’esercito australiano a Canberra, e il titolo di Padre dell’anno nel 2013.

Nell’estate del 2018 però in una serie di articoli vari giornali australiani misero in dubbio la sua reputazione e lo accusarono di avere ucciso almeno 6 prigionieri afghani fuori da un contesto di lotta armata. In un articolo di sintesi delle accuse principali, il Sydney Morning Herald scrive che Roberts-Smith fra le altre cose è stato accusato di avere ucciso un contadino afghano dopo averlo preso a calci, di avere spinto un altro soldato a uccidere un miliziano afghano come rito di iniziazione, e di avere ordinato a un soldato afghano prigioniero di sparare a un altro afghano. Roberts-Smith ha respinto tutte le accuse, in alcuni casi negando totalmente che questi fatti siano avvenuti, e in altri spiegando che furono motivati dalle circostanze della guerra.

Una prima pagina di The Age dedicata alle accuse contro Roberts-Smith

Nel processo sono entrate anche altre accuse contro Roberts-Smith, che a suo dire hanno danneggiato la sua reputazione: per esempio quella di aver picchiato una donna con cui aveva avuto una relazione al di fuori del matrimonio.

In Australia le leggi contro la diffamazione sono piuttosto rigide e garantiscono un’estesa copertura ai giornali. Roberts-Smith doveva sostanzialmente provare che le accuse nei suoi confronti fossero infondate, più che concentrarsi su come le giornaliste e i giornalisti che si erano occupati di lui le avevano raccontate. Per questo nelle varie udienze è sembrato a molti osservatori che il processo avesse una natura penale, più che civile.

In tutto gli avvocati di Roberts-Smith hanno chiamato 15 testimoni, mentre i giornali 26. Molti erano soldati, ex soldati, ma sono state ascoltate anche alcune persone afghane che avevano avuto a che fare con Roberts-Smith durante i suoi incarichi militari. La fase della formazione delle prove è durata 110 giorni, il fascicolo con le trascrizioni degli interrogatori è lungo 6.186 pagine.

Il processo è stato anche l’occasione per parlare pubblicamente del comportamento tenuto dalle forze speciali australiane, di cui Roberts-Smith faceva parte, durante l’invasione statunitense dell’Afghanistan. Negli Stati Uniti ormai da anni sono emerse inchieste relative a torture e violenze contro civili afghani. In Australia il dibattito è più indietro: nel 2020 un rapporto dell’esercito stabilì che durante l’invasione almeno 39 civili afghani furono uccisi sommariamente dalle forze speciali australiane, ma da allora alcuni casi si sono arenati, e altri non sono mai stati discussi durante un processo.

Alla fine nel processo su Roberts-Smith il giudice ha dato ragione ai giornali, e quindi ritenuto plausibili gran parte delle accuse contro Roberts-Smith, che quasi sicuramente ricorrerà in appello. Le motivazioni complete verranno diffuse lunedì.