• Mondo
  • Lunedì 22 maggio 2023

Che cosa succede ora in Grecia

Dalle elezioni politiche non è uscita alcuna maggioranza chiara: ora ci saranno delle consultazioni ma probabilmente si dovrà votare una seconda volta

Kyriakos Mitsotakis tra i suoi sostenitori ad Atene, 21 maggio 2023 (AP Photo/Thanassis Stavrakis)
Kyriakos Mitsotakis tra i suoi sostenitori ad Atene, 21 maggio 2023 (AP Photo/Thanassis Stavrakis)
Caricamento player

Le elezioni politiche che si sono tenute domenica in Grecia sono state vinte dal partito attualmente al governo, Nea Dimokratia, conservatore e di centrodestra, seguito da Syriza, principale partito di sinistra guidato da Alexis Tsipras, e dai socialisti di PASOK. Nea Dimokratia ha però ottenuto 146 seggi su 300, al di sotto della soglia necessaria per avere la maggioranza assoluta in parlamento. Inizieranno ora una serie di trattative per cercare di formare un governo di coalizione che ottenga poi la fiducia: ma se questo non dovesse accadere, come prevedono diversi osservatori sui giornali locali, si terrà un secondo turno tra la fine di giugno e l’inizio di luglio.

L’articolo 37 della Costituzione greca prevede che se il partito arrivato primo alle elezioni non ha ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi, il presidente della Repubblica (oggi la presidente, Katerina Sakellaropoulou) dia al suo leader un mandato esplorativo per cercare di formare un governo. In questo caso toccherà al primo ministro Kyriakos Mitsotakis, di Nea Dimokratia. Se Mitsotakis non ci riuscirà, toccherà al leader del partito arrivato secondo, dunque ad Alexis Tsipras. E poi, in caso di un suo fallimento, al leader del partito arrivato terzo, Nikos Androulakis del PASOK.

Ciascun mandato esplorativo durerà tre giorni, ma se nessuno andrà a buon fine la presidente chiederà la formazione di un governo provvisorio che raccolga il più ampio consenso possibile tra le forze politiche presenti in parlamento con l’obiettivo di arrivare al secondo turno delle elezioni.

All’eventuale secondo turno si applicherà però un altro sistema elettorale, diverso dal proporzionale semplice con cui si è votato domenica.

Il proporzionale semplice, che eliminava il premio di maggioranza, era stato approvato nel 2016 dall’allora governo di sinistra guidato da Syriza. Dopo aver vinto le elezioni nel gennaio del 2020 Nea Dimokratia, da sempre sostenitrice del premio di maggioranza, aveva approvato una nuova legge elettorale per ripristinarlo, anche se con una formula differente. La legge era stata approvata nel 2020 dal parlamento con una maggioranza semplice e sarebbe stata necessaria invece una maggioranza di almeno due terzi per farla entrare subito in vigore. La sua data di applicazione è dunque slittata alle elezioni successive al primo voto per il rinnovo del parlamento, quindi all’eventuale secondo turno delle politiche del 2023.

Il sistema elettorale voluto da Nea Dimokratia è un proporzionale rafforzato: il primo partito, se supera il 25 per cento, riceve un bonus di almeno 20 seggi, che salgono progressivamente fino a un massimo di 50 se raggiunge il 40 per cento; i restanti seggi vengono assegnati proporzionalmente.

I giornali greci scrivono che è molto probabile che le consultazioni non porteranno a nulla di concreto. Dopo l’annuncio dei risultati Mitsotakis ha detto di aver ricevuto un mandato «forte e autonomo» per governare, confermando ciò che aveva anticipato prima del voto, e cioè che è improbabile che voglia unire le forze con qualsiasi altro partito per creare un governo di coalizione. Mitsotakis punta al secondo turno che, con il proporzionale rafforzato, potrebbe dargli la possibilità di governare da solo: «I risultati sono stati più che chiari» ha commentato: «I cittadini vogliono un governo forte, con un mandato di quattro anni, per realizzare riforme audaci».

Non è comunque chiaro con chi potrebbe eventualmente allearsi Mitsotakis. I seggi vinti al primo turno dal partito di estrema destra Soluzione Greca (EL), entrato in parlamento nel 2019 ed erede di Alba Dorata, sono 16 e con questi Nea Dimokratia otterrebbe un’ampia maggioranza. Ma il presidente di Soluzione Greca, Kyriakos Velopoulos, aveva detto già prima del voto di domenica che non sarebbe entrato in un governo di coalizione con il primo ministro.

Molto improbabile è anche un’alleanza tra Nea Dimokratia e il PASOK, i cui rapporti sono peggiorati dopo lo scandalo delle intercettazioni del 2022, quando il leader socialista Androulakis aveva denunciato di essere stato intercettato per mesi dai servizi segreti greci; gli stessi che proprio per scelta di Mitsotakis erano stati messi sotto il diretto controllo dell’ufficio del primo ministro. Qualsiasi coalizione tra Nuova Democrazia e Syriza è naturalmente esclusa.

Per quanto riguarda Syriza: il programma elettorale del PASOK è idealmente vicino a quello di Syriza, ma i due partiti non hanno buone relazioni poiché Androulakis accusa Tsipras di avergli rubato gli elettori. Anche se fosse, una coalizione progressista tra Syriza e i socialisti non sarebbe comunque sufficiente per una maggioranza (la somma dei seggi ottenuti dai due sarebbe 112). E non si arriverebbe a una maggioranza nemmeno se si unissero i comunisti del KKE, che comunque non hanno mostrato alcuna volontà di farlo: porterebbero i seggi a 138. Nessun altro partito, nemmeno quello dell’ex ministro dell’Economia Yanis Varoufakis, MeRA25, ha superato la soglia del 3 per cento prevista dalla legge elettorale.