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  • Mercoledì 10 maggio 2023

Come vanno le cose nel paese con più auto elettriche al mondo

In Norvegia l'80 per cento di quelle nuove è elettrico e molti timori sono stati smentiti, racconta il New York Times

(Sean Gallup/Getty Images,)
(Sean Gallup/Getty Images,)
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In Norvegia ormai è elettrico l’80 per cento delle nuove auto vendute e circa il 20 per cento del totale delle auto in circolazione: è in entrambi i casi il tasso più alto al mondo, e questo fa del paese un caso di studio sulla diffusione di massa della mobilità elettrica e sulle sue conseguenze sulla società e sull’economia.

In Norvegia le auto a combustione non potranno più essere vendute dal 2025 ma già adesso, se si aggiungono quelle ibride, le auto a combustione tradizionali sono meno del 10 per cento delle nuove vetture vendute. Nell’Unione Europea e negli Stati Uniti (ma solo in alcuni stati più progressisti, come la California e New York) il divieto entrerà in vigore dieci anni dopo (e non con poche polemiche, ritrosie e deroghe). In Italia, attualmente, le auto elettriche (escludendo le ibride) sono lo 0,4 per cento del totale delle auto in circolazione.

Un lungo e dettagliato reportage del New York Times racconta l’esperienza norvegese, che è complessivamente positiva, nonostante alcuni timori diffusi: i benefici per l’ambiente sono notevoli e le città sono diventate più silenziose (perché lo sono i motori elettrici); serve ancora tempo per migliorare le tecniche e le infrastrutture di ricarica, per renderle più diffuse, veloci e affidabili; i produttori di auto e i lavoratori si sono adattati piuttosto bene, anche grazie a incentivi e investimenti pubblici, mentre chi sta faticando di più sono i rivenditori.

La Norvegia ha iniziato a promuovere i veicoli elettrici negli anni Novanta, soprattutto per sostenere economicamente Think, una startup locale che produceva veicoli elettrici, detenuta peraltro da Ford per alcuni anni. Il governo ha introdotto numerosi sgravi e incentivi per promuovere questo tipo di vetture. Uno dei primi e più importanti incentivi alle vendite di auto elettriche è stato quello di detassarle completamente.

Da allora altre iniziative – come il parcheggio gratuito e la rimozione delle tariffe nelle strade a pedaggio – hanno contribuito ad aumentare la diffusione di mezzi elettrici nel paese. Inoltre la scelta del governo di avviare finanziamenti per il rafforzamento delle infrastrutture di ricarica ha attirato successivi investimenti da parte dei privati. Le stazioni di ricarica e soprattutto di ricarica veloce sono essenziali in Norvegia perché è un paese piuttosto grande ma con pochi centri abitati: serve quindi un’infrastruttura diffusa che consenta ai possessori di veicoli elettrici di viaggiare senza il timore di non trovare stazioni di ricarica.

Il paese si è mosso con anni di anticipo rispetto al resto del mondo, dove solo adesso c’è un’attenzione più concreta allo sviluppo del mercato dei veicoli elettrici: gli Stati Uniti puntano ad avere almeno la metà di veicoli elettrici tra i nuovi venduti entro il 2030, cosa che in Norvegia è avvenuta già nel 2019.

Come racconta il New York Times, i benefici per l’ambiente sono stati notevoli, soprattutto nei centri urbani: l’aria a Oslo è nettamente più pulita di un tempo e i rumori del traffico si sono molto attenuati. Le emissioni di gas serra nell’area cittadina si sono ridotte di circa un terzo rispetto al 2009 e sono diminuiti anche i livelli di ossidi di azoto, prodotti in via residuale dalla combustione di benzina e gasolio, che causano tra le altre cose smog e asma.

Una maggiore diffusione di veicoli elettrici ha quindi migliorato la qualità dell’aria della capitale, ma con un effetto collaterale: presenta livelli sopra la norma di microparticelle generate in parte dall’abrasione tra pneumatici e asfalto, che è più forte nel caso dei veicoli elettrici perché più pesanti.

Le auto elettriche sono solo una parte del piano della città di Oslo per azzerare le emissioni entro il 2030: anche tutti gli autobus della città saranno elettrici entro la fine del 2023. In più l’amministrazione locale cerca anche di incentivare pratiche virtuose nel settore dell’edilizia, che da solo genera oltre un quarto delle emissioni di gas serra nella città. Da tempo gli appaltatori che partecipano a bandi per progetti pubblici hanno maggiori possibilità di aggiudicarseli se utilizzano attrezzature che funzionano a elettricità o con biocarburanti.

I benefici per la città sono stati notevoli ma i proprietari di auto elettriche lamentano il fatto che è ancora difficile trovare punti di ricarica. Forse anche per questo la domanda di elettricità non è cresciuta molto e la rete elettrica non è mai stata messa a dura prova.

Il mercato dell’auto norvegese e tutto l’indotto si sono dovuti adattare con il tempo. Alcuni operatori ci sono riusciti meglio di altri.

I meccanici e gli addetti alle stazioni di servizio hanno ancora molto lavoro: sia perché le auto elettriche hanno comunque bisogno di manutenzione (benché meno delle auto tradizionali), sia perché molti distributori di carburanti tradizionali hanno messo a disposizione punti di ricarica veloce. Non c’è quindi stato un aumento della disoccupazione tra queste professioni, che comunque hanno avuto bisogno di corsi di formazione e aggiornamento per curare auto completamente diverse, come hanno raccontato vari meccanici e benzinai al New York Times.

Il mercato elettrico sta anche creando posti di lavoro in altri settori. A Fredrikstad, una cittadina di periferia a sud di Oslo, un’ex acciaieria è diventata un centro di riciclaggio e smaltimento delle batterie, i cui lavoratori si sono totalmente riconvertiti. Chi sta avendo difficoltà sono i concessionari di auto, perché i tradizionali marchi che erano abituati a vendere auto a combustione stanno perdendo quote di mercato in favore di aziende specializzate, come Tesla e alcuni marchi cinesi.

Questa dinamica accentua un paradosso che ormai esiste da anni. La Norvegia è uno tra i paesi più all’avanguardia in termini di rinnovabili ed elettrificazione ma si sta arricchendo con le esportazioni di fonti fossili: dall’inizio della guerra in Ucraina è diventata il primo fornitore di gas dell’Unione Europea. Ha beneficiato notevolmente degli aumenti dei prezzi dell’energia e viste le alte prospettive di guadagno prevede di mantenere gli attuali livelli di produzione di gas fino al 2030. Il paese è ormai essenziale per l’approvvigionamento energetico europeo.

Il dilemma ha delle ricadute nel dibattito politico interno, che sono emerse nella campagna elettorale del 2021. In realtà, a parte i Verdi e la Sinistra socialista, nessuno dei principali partiti chiedeva la fine delle esplorazioni alla ricerca di nuovi giacimenti, sia per le possibili ricadute occupazionali, sia perché le entrate da gas e petrolio potrebbero finanziare proprio lo sviluppo delle energie pulite nel paese.