Il paese europeo che non sta soffrendo per la crisi energetica europea

La Norvegia è diventata il primo fornitore di gas per i paesi europei, con enormi guadagni

(AP Photo/Francisco Seco)
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A causa della guerra in Ucraina e di un rischio concreto di interruzione di flussi di energia dalla Russia, la Norvegia è diventato il primo fornitore di gas dell’Unione Europea, che per mesi ha lavorato a una differenziazione dei suoi fornitori in modo da ridurre sempre di più la dipendenza dalla Russia. La Norvegia, paese membro della NATO ma non membro dell’Unione Europea, è riuscita in poco tempo ad aumentare la produzione e a venire incontro a un bisogno crescente di sostituire il gas russo. E sta guadagnando bene.

La Norvegia è il settimo esportatore di petrolio al mondo e il quarto di gas. Secondo i dati dell’istituto statistico norvegese, nei primi otto mesi dell’anno le esportazioni di gas hanno toccato il valore di 775 miliardi di corone norvegesi, pari a circa 77 miliardi di euro, ossia il 315 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2021. Ad agosto le esportazioni di gas hanno raggiunto il massimo di sempre: 176 miliardi di corone norvegesi, ossia 17 miliardi di euro, quasi il 40 per cento in più rispetto al mese prima e il 360 per cento in più rispetto ad agosto 2021.

Nel 2021 ha esportato verso l’Unione Europea circa 113 miliardi di metri cubi di gas ed è stato il secondo fornitore dopo la Russia, che ne ha venduti 155 miliardi. Dall’inizio della guerra in Ucraina è diventata primo fornitore dell’Unione Europea, dove da inizio anno ha esportato gas per un valore di 60 miliardi di euro, quasi l’80 per cento di tutto il suo export di gas e il 304 per cento in più rispetto allo stesso periodo del 2021.

Non solo ha aumentato le vendite, ma ha beneficiato dei prezzi della materia prima eccezionalmente alti. Ad agosto i suoi incassi sono stati più di quattro volte superiori rispetto al 2021, a fronte di volumi di vendita cresciuti solo del 12,8 per cento. Il governo norvegese ha previsto che le entrate dello stato derivanti da petrolio e gas toccheranno quest’anno i 100 miliardi di euro, una cifra notevole.

Anche le esportazioni di petrolio sono cresciute: dall’inizio dell’anno ha esportato 35 miliardi di euro di petrolio, il 61 per cento in più rispetto allo scorso anno.

Viste le alte prospettive di guadagno, la Norvegia prevede di mantenere gli attuali livelli di produzione di gas fino al 2030, come ha annunciato a fine agosto il ministro norvegese dell’Energia, Terje Aasland. L’ulteriore riduzione di gas russo verso l’Unione Europea avvenuta in queste settimane ha reso il paese ormai essenziale per l’approvvigionamento europeo. Tant’è che la commissaria europea all’Energia Kadri Simson ha dichiarato in una conferenza stampa che con la Norvegia si sta provando a intraprendere un percorso di fornitura stabile e crescente chiedendo però in cambio di poter comprare la materia prima a un prezzo scontato rispetto a quello di mercato.

Questa dinamica accentua un paradosso che ormai esiste da anni. La Norvegia si sta arricchendo con le esportazioni di fonti fossili mentre è uno tra i paesi più all’avanguardia in termini di rinnovabili ed elettrificazione. La crisi energetica nell’Unione Europea fa però aumentare la pressione affinché la Norvegia aumenti ancora la produzione di gas e petrolio, con nuove esplorazioni anche in aree sensibili, contestate dagli ambientalisti, come il mare di Barents.

Il dilemma ha delle ricadute nel dibattito politico interno, che sono emerse nella campagna elettorale del 2021. In realtà, a parte i Verdi e la Sinistra socialista, nessuno dei principali partiti chiedeva la fine delle esplorazioni, sia per le possibili ricadute occupazionali, sia perché le entrate da gas e petrolio potrebbero finanziare proprio lo sviluppo delle energie pulite nel paese.