Gli ibis a cui era stato insegnato a migrare in Toscana saranno guidati in Andalusia

A causa del cambiamento climatico, che rende difficoltoso attraversare le Alpi se in autunno fa più caldo

Un momento della migrazione a guida umana degli ibis eremiti del progetto LIFE20 Ibis Eremita (Waldrappteam Conservation & Research)
Un momento della migrazione a guida umana degli ibis eremiti del progetto LIFE20 Ibis Eremita (Waldrappteam Conservation & Research)

Tra i vari progetti per ripopolare l’Europa di specie animali che si erano estinte nel continente ce n’è uno particolarmente affascinante per il metodo con cui da quasi vent’anni viene portato avanti. È quello che riguarda gli ibis eremiti, uccelli molto diffusi fino al Seicento: alla fine dell’estate un gruppo di scienziati vola dall’Austria, dalla Svizzera o dal sud della Germania in direzione della Toscana a bordo di una coppia di velivoli leggeri allo scopo di farsi seguire da uno stormo di giovani ibis e insegnare loro a migrare verso un clima più mite, come facevano i loro antenati.

Il progetto sta funzionando piuttosto bene, e oggi c’è una popolazione di circa 200 ibis che in primavera si riproduce a nord delle Alpi e sverna attorno alla laguna di Orbetello, in provincia di Grosseto. Quest’anno tuttavia, per la prima volta dal 2004, non ci sarà una migrazione a guida umana verso l’Italia, bensì verso la Spagna, e la causa è il riscaldamento globale.

Nei secoli passati gli ibis eremiti passavano la maggior parte della primavera e dell’estate nell’Europa continentale e i mesi freddi in Africa, più precisamente nelle regioni che oggi fanno parte della Mauritania e del Senegal o dell’Etiopia e dell’Eritrea. Ma vennero cacciati a dismisura, fino all’estinzione, e i pochi superstiti, rimasti in Marocco e in Turchia, smisero di migrare. Negli ultimi decenni gruppi di ibis cresciuti negli zoo sono stati liberati in alcune parti d’Europa, ma perché la popolazione cresca al punto da essere autonoma e prosperare senza l’intervento umano è necessario che torni a migrare, perché d’inverno non ci sarebbe abbastanza cibo per sostenere un gran numero di ibis.

Questa è la ragione per cui il gruppo di ricerca Waldrappteam, guidato dal biologo austriaco Johannes Fritz, ha cercato un modo per insegnare agli ibis la migrazione, scegliendo la Toscana come meta per questioni di fattibilità. Dal 2004, quasi ogni anno, il Waldrappteam – Waldrapp è la parola tedesca per “ibis” – ha guidato una ventina di giovani ibis nati in cattività fino a Orbetello. Nel 2011 per la prima volta una ibis tornò in autonomia a nord delle Alpi, facendo il percorso in senso contrario, e quando poi intraprese il viaggio di ritorno in Toscana fu seguita da un gruppo di ibis a cui la migrazione non era stata insegnata dagli umani, ma che avevano comunque l’istinto a volare verso zone più calde.

Da allora la migrazione avviene spontaneamente e si è pian piano creata la piccola popolazione migratoria di oggi, composta da uccelli nati in cattività e da altri del tutto selvatici che hanno imparato la via per l’Italia dai loro simili.

Tutto sembrava procedere nella giusta direzione per arrivare a una popolazione di 260 ibis, giudicata sufficientemente grande per sopravvivere in autonomia, senza il sostegno umano, se non fosse stato per le temperature eccezionalmente alte registrate in Europa lo scorso ottobre, che fanno parte di una tendenza legata al cambiamento climatico.

Nei primi anni della migrazione in autonomia gli ibis iniziavano il viaggio attraverso le Alpi intorno ai primi giorni di ottobre. Da allora però la data di partenza si è via via spostata in avanti, probabilmente per via delle temperature più miti che ci sono state di anno in anno. L’ottobre del 2022 è stato il più caldo dal 1800 nel Nord Italia, anche in Austria, in Svizzera e nel sud della Germania sono stati registrati dei record, e gli ibis hanno cominciato a mettersi in viaggio solo verso la fine del mese. La partenza ritardata però è problematica: dei 60 ibis che passano l’estate nelle tre colonie più settentrionali della popolazione, solo 5 sono riusciti ad arrivare in Toscana da soli.

Gli altri 55 hanno provato più volte ad attraversare le Alpi senza successo. «Gli ibis eremiti sfruttano le correnti ascensionali per volare più in alto durante la migrazione», spiega Johannes Fritz, «in particolare quando devono attraversare i passi di montagna. Abbiamo osservato che più avanti nel corso dell’anno hanno difficoltà ad attraversare le Alpi e riteniamo che sia perché all’avvicinarsi dell’inverno vengono a mancare le correnti ascensionali di cui hanno bisogno. Ce lo suggerisce anche la nostra esperienza di piloti».

I 55 ibis che l’anno scorso erano rimasti bloccati a nord delle Alpi sono poi stati aiutati dal Waldrappteam, che li ha catturati e trasportati a sud delle montagne. Una volta liberati, hanno subito ripreso il viaggio e hanno raggiunto da soli la Toscana.

Non è detto che anche quest’anno gli ibis eremiti si trovino ad affrontare lo stesso problema: anche se è in corso un generale aumento delle temperature, di anno in anno resta una certa variabilità e può darsi che il prossimo ottobre le condizioni meteorologiche facilitino la migrazione. Tuttavia sul lungo termine il cambiamento climatico potrebbe danneggiare il progetto di reintroduzione degli ibis eremiti e per questo il Waldrappteam ha deciso di insegnare una rotta migratoria alternativa agli ibis, che non richiede di superare le Alpi, ma solo i più bassi Pirenei: in Andalusia, nel sud della Spagna, esiste una colonia sedentaria di ibis e la migrazione a guida umana del 2023, che si terrà ad agosto, sarà diretta lì.

In rosa la rotta per la migrazione a guida umana del 2023, in lilla quelle delle migrazioni degli ibis che svernano in Toscana (Waldrappteam Conservation & Research)

Per il gruppo di ricerca sarà una sfida impegnativa perché il percorso di viaggio sarà nuovo per la componente umana della missione e lungo il triplo di quello verso la Toscana. «Ci sarà poi la complicazione di dover chiedere permessi di vario genere in due nuovi paesi, la Francia e la Spagna, e gli aspetti logistici relativi all’alimentazione degli ibis potrebbero essere difficili», aggiunge Fritz: «Ci preoccupano particolarmente le temperature e la siccità che potremmo incontrare lungo questa rotta migratoria. Ma ci stiamo preparando».

Sebbene quest’anno nei cieli italiani non si vedranno i parapendio a motore del Waldrappteam seguiti da un piccolo stormo di ibis, non significa però che il progetto di reintroduzione non riguarderà più l’Italia. Fritz e i suoi collaboratori continueranno a lavorare con i partner italiani, tra cui il Parco Natura Viva di Bussolengo, in provincia di Verona, per contrastare le morti di ibis dovute a errori dei cacciatori o a caccia illegale e per sostenere la popolazione che sverna a Orbetello.

Secondo Fritz, anche con le difficoltà causate dal cambiamento climatico l’Italia potrà continuare a essere frequentata dagli ibis. Innanzitutto perché alcuni degli ibis reintrodotti in Austria passano l’estate in Carinzia e da lì non devono attraversare montagne tanto alte da risultare invalicabili a fine ottobre. Poi perché è in programma la creazione di una nuova colonia in Friuli e infine perché gli scienziati sono ottimisti sul fatto che anche tra gli uccelli che si accoppiano più a nord alcuni riusciranno a raggiungere la Toscana anche in futuro.

«La nuova rotta migratoria e la creazione di una nuova area di svernamento è un’estensione del progetto che aumenterà la flessibilità ecologica della popolazione di ibis e speriamo che li aiuterà ad affrontare le conseguenze del cambiamento climatico», conclude Fritz: «Speriamo che il nostro progetto faccia da modello nella mitigazione degli effetti del cambiamento climatico per le popolazioni animali».

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