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  • Sabato 15 aprile 2023

La fine del nucleare in Germania

Sono stati chiusi gli ultimi tre reattori attivi nel paese, ma rimangono ancora incertezze e problemi

La demolizione di un impianto nucleare da tempo dismesso a Biblis nel febbraio del 2023 (Frank Rumpenhorst/dpa)
La demolizione di un impianto nucleare da tempo dismesso a Biblis nel febbraio del 2023 (Frank Rumpenhorst/dpa)
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Sabato in Germania sono stati chiusi gli ultimi tre reattori nucleari ancora attivi nel paese, dopo una lunga e polemica campagna di dismissione dell’energia nucleare, durata oltre vent’anni. La chiusura degli ultimi tre reattori segna la fine dell’utilizzo dell’energia nucleare in Germania, arriva nel bel mezzo della crisi energetica provocata dall’invasione russa dell’Ucraina e pone tutta una serie di questioni e di problemi per il più importante paese industriale in Europa.

I tre reattori che sono stati chiusi sono quelli di Emsland, nella Bassa Sassonia, l’impianto di Isar 2 in Baviera, e quello di Neckarwestheim, nel Baden-Württemberg, nel sud-est della Germania.

I tre reattori fornivano il 6,5 per cento del fabbisogno di energia elettrica della Germania, ma fino a vent’anni fa facevano parte di una rete di centrali nucleari, 19 in tutto, che riusciva a garantire al paese un terzo della sua energia elettrica. A partire dagli anni Duemila, tuttavia, le centrali sono state gradualmente dismesse, tra molte polemiche e rinvii. Oggi l’energia elettrica che non viene più fornita dalle centrali è in parte prodotta grazie a fonti rinnovabili come eolico e solare, ma soprattutto è generata bruciando carbone.

La lentezza della transizione alle rinnovabili e l’incapacità della Germania di trovare alternative al nucleare è una delle ragioni per cui la dismissione delle centrali ha creato tante polemiche. Nel 2022, in Germania il carbone è stato la prima fonte di produzione dell’energia elettrica con oltre il 30 per cento, davanti all’eolico (22 per cento), al gas (13 per cento) e al solare (10 per cento). Il resto della produzione è stato garantito dalle biomasse, dall’idroelettrico e dal nucleare.

La crisi energetica provocata dall’invasione russa dell’Ucraina ha ulteriormente complicato le cose, perché ha privato la Germania (e tutta l’Europa) dell’essenziale importazione del gas e del petrolio russi, facendo tra le altre cose alzare di molto i prezzi. I tre reattori che saranno chiusi sabato in realtà avrebbero già dovuto essere chiusi nel 2022, ma a causa della crisi energetica il governo del cancelliere Olaf Scholz aveva acconsentito a ritardarne la dismissione fino al 15 aprile del 2023. Passata quella data, però, il governo non ha più accettato ulteriori rimandi.

Il rapporto della Germania con l’energia nucleare è sempre stato molto tormentato.

Fin dagli anni Settanta l’emergere di un forte movimento contrario al nucleare portò alla creazione del partito dei Verdi, che oggi è uno dei più forti d’Europa. Nel 2002 il governo del cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder, che era sostenuto dai Verdi, decise che tutte le centrali nucleari del paese sarebbero state chiuse entro il 2022.

Qualche anno dopo fu eletta cancelliera la cristianodemocratica Angela Merkel, di centrodestra, che cercò di rinviare la dismissione delle centrali, e fece approvare una misura che ne prevedeva la chiusura non più nel 2022, ma nel 2036. Tutto cambiò nel 2011, con il disastro nucleare alla centrale di Fukushima Dai-ichi, in Giappone, che determinò uno dei più gravi incidenti nucleari della storia.

In Germania, dove il movimento contro il nucleare aveva già protestato per la scelta del governo Merkel di rinviare la chiusura degli impianti, furono organizzate grandi manifestazioni. Il 26 marzo del 2011 oltre 250mila persone manifestarono chiedendo di non ignorare la vicenda di Fukushima e chiedendo la chiusura al più presto di tutte le centrali nucleari. Due mesi dopo, Merkel annunciò il ritorno al piano originario di Schröder: tutti i reattori avrebbero dovuto chiudere entro il 2022, eliminando quindi il rinvio approvato pochi mesi prima. La decisione conteneva formulazioni alquanto perentorie e non prevedeva la possibilità di rinviare nuovamente le chiusure.

L’invasione russa dell’Ucraina ha provocato nuove polemiche, perché per fare fronte alla fine degli invii di gas russo il governo tedesco è stato costretto a riaprire alcune centrali elettriche a carbone. Perfino Greta Thunberg, tra le principali esponenti nell’attivismo ambientale, aveva definito «una cattiva idea» la chiusura delle centrali nucleari già attive se ciò determina un maggiore ricorso al carbone.

Il processo di dismissione degli impianti nucleari era tuttavia ormai impossibile da fermare o da rinviare ulteriormente, almeno stando alle dichiarazioni di alcuni esperti del settore. Le società che li gestiscono si stavano preparando da anni alla dismissione, avevano interrotto il rifornimento del combustibile nucleare, ridotto il personale e modificato le proprie attività in vista della chiusura. Nell’ultimo decennio, la Germania ha soprattutto affinato le proprie capacità nel chiudere e dismettere i reattori, avendo come prospettiva la fine del nucleare nel paese. Invertire in pochi mesi un processo che dura da anni sarebbe impossibile, almeno alle attuali condizioni.

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