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  • Mercoledì 5 aprile 2023

«Il soccorso più difficile che abbia mai fatto»

Una delle responsabili della nave Geo Barents ha raccontato così un soccorso di migranti durato 12 ore tra lunedì e martedì, avvenuto in condizioni estreme

di Luca Misculin

(Medici Senza Frontiere)
(Medici Senza Frontiere)
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Alle 15:06 di lunedì 3 aprile l’account Twitter di Alarm Phone, l’ong che gestisce un centralino aperto 24 ore su 24 per migranti in difficoltà in mare, ha segnalato che circa 500 persone erano a bordo di un’imbarcazione in difficoltà in acque internazionali circa 250 chilometri a sudest delle coste della Sicilia. Alarm Phone non twitta le proprie segnalazioni in tempo reale: è possibile che l’imbarcazione fosse in quelle condizioni già da qualche ora. Alle 23:18 di martedì, circa 32 ore dopo, l’ultima persona a bordo dell’imbarcazione in difficoltà è stata trasportata a bordo della Geo Barents, la nave di Medici Senza Frontiere che soccorre migranti nel Mediterraneo.

In mezzo è avvenuta quella che una dei leader dell’equipaggio di Medici Senza Frontiere, Anabel Montes Mier, ha definito «l’operazione di soccorso più difficile che abbia mai fatto, in termini di complessità, in tutta la mia vita». C’erano onde alte quattro metri, una barca strapiena di persone che non mangiavano né bevevano da due giorni e condizioni meteorologiche che nei giorni precedenti avevano già causato mal di mare a tutto l’equipaggio.

L’imbarcazione in difficoltà, un peschereccio in legno vecchio e sovraffollato, era partito sabato 1 aprile dalle coste orientali della Libia. Dopo due giorni di navigazione le persone a bordo avevano finito l’acqua e il cibo a loro disposizione, e il motore aveva smesso di funzionare. Il peschereccio era così finito alla deriva, per di più durante una tempesta nel Mediterraneo centrale. Alcune delle persone a bordo erano però riuscite a contattare Alarm Phone, che a sua volta aveva passato l’informazione alla Geo Barents.

Il peschereccio fotografato da Seabird, l’aereo della ong Sea-Watch (Giacomo Zorzi, Sea Watch)

«In quel momento stavamo cercando riparo dalla tempesta», racconta Riccardo Gatti, uno dei responsabili delle operazioni di soccorso sulla Geo Barents. «Dopo aver ricevuto l’indicazione da Alarm Phone abbiamo subito fatto rotta verso la posizione del peschereccio, che si trovava a circa 300 chilometri di distanza». In quel momento la Geo Barents era l’unica nave delle ong attiva nel Mediterraneo centrale: è un periodo di molti arrivi dalle coste della Libia e della Tunisia, e le altre navi delle ong più attive come la Ocean Viking di SOS Méditerranée e la Life Support di Emergency si trovavano in acque italiane dopo avere appena sbarcato gruppi di persone soccorse.

Alla velocità ridottissima a cui la Geo Barents può viaggiare durante una tempesta ci è voluta circa mezza giornata per raggiungere il peschereccio. Una volta arrivata, però, la nave non ha potuto calare in acqua i suoi due gommoni semirigidi che usa per soccorrere materialmente le imbarcazioni in difficoltà: le raffiche di vento raggiungevano 40 nodi, cioè circa 75 chilometri all’ora, mentre le onde arrivavano anche a quattro metri e mezzo (durante un soccorso si possono considerare pericolose onde alte anche soltanto la metà, cioè circa due metri).

(Skye McKee, Medici Senza Frontiere)

Le difficoltà non sono finite nemmeno una volta che l’equipaggio è riuscito a calare in acqua i gommoni: «Il peschereccio era vecchio e pieno di punti taglienti, un livello di stabilità molto compromesso perché il numero di persone a bordo e l’altezza delle onde facevano sì che si sbilanciasse molto. Uno dei nostri gommoni, chiamato Orca, si è bucato a un certo punto quando eravamo quasi alla fine e mancavano circa settanta persone da soccorrere», racconta Gatti. Orca è riuscito comunque a concludere le operazioni di soccorso, ma nei prossimi giorni avrà bisogno di intensa manutenzione.

Anche la salita a bordo della nave è stata difficoltosa: quando il mare è calmo si utilizza una scala gialla da dieci scalini posta sul lato destro della nave che dà direttamente sul ponte scoperto, cioè lo spazio dove viene ospitata la maggior parte delle persone soccorse una volta salita a bordo. Ma l’altezza delle onde non ha permesso che i gommoni riuscissero anche solo ad avvicinarsi alla Geo Barents: l’equipaggio ha quindi dovuto calare una scala apposita direttamente sui gommoni, cosa che ha reso ancora più difficoltoso l’ingresso a bordo delle persone soccorse, già provate da un lungo viaggio e senza cibo né acqua da due giorni.

(Skye McKee, Medici Senza Frontiere)

Dopo circa 12 ore di operazione – un tempo lungo più del doppio di un’operazione standard – tutte le persone che si trovavano sul peschereccio sono state portate sulla Geo Barents: 440, fra cui 8 donne e 30 bambini provenienti da vari paesi del mondo (Pakistan, Bangladesh, Siria, Egitto, Somalia e Sri Lanka). Nella notte fra martedì e mercoledì una persona era in uno stato di disidratazione talmente avanzato che è stata evacuata in elicottero verso Malta, l’isola più vicina al luogo del soccorso, avvenuto più o meno al confine fra la zona SAR di Malta e quella della Libia.

Durante le operazioni di soccorso le autorità maltesi non hanno però comunicato con la Geo Barents, ma solo con due mercantili che si trovavano nei paraggi e sono rimasti per ore in zona per monitorare la situazione (non avevano i mezzi, infatti, per compiere un’operazione di soccorso di così grandi dimensioni).

Il porto di sbarco è stato invece assegnato dalle autorità italiane. La Geo Barents dovrà andare a Brindisi, in Puglia, distante fra i due e i tre giorni di navigazione. Le autorità italiane hanno però deciso che al largo della Sicilia una nave della Guardia Costiera italiana accoglierà a bordo un centinaio delle persone più vulnerabili per sbarcarle in Sicilia.