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  • Domenica 2 aprile 2023

Chi vincerà le elezioni in Finlandia?

Esattamente come quattro anni fa ci sono tre partiti dati vicinissimi nei sondaggi: uno è quello della prima ministra uscente Sanna Marin

La prima ministra finlandese Sanna Marin (AP Photo/Olivier Matthys)
La prima ministra finlandese Sanna Marin (AP Photo/Olivier Matthys)
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Gli ultimi quattro anni sono stati piuttosto agitati per la Finlandia, fra la pandemia da coronavirus, la decisione di aderire alla NATO dopo l’invasione russa dell’Ucraina e un debito pubblico mai così alto. Eppure la vittoria alle elezioni parlamentari in programma il 2 aprile se la giocheranno gli stessi partiti che alle ultime elezioni del 2019 arrivarono a poche migliaia di voti di distanza: i Socialdemocratici della prima ministra uscente Sanna Marin, il Partito di Coalizione Nazionale (PCN), di centrodestra, e i Finlandesi, partito populista di estrema destra.

Nel 2019 i Socialdemocratici arrivarono primi superando di circa 8mila voti i Finlandesi e di 23mila il PCN. A oggi «questi tre partiti sono dati così vicini che domenica ognuno di loro potrebbe indicare il nuovo leader», ha spiegato alla tv pubblica finlandese Tuomo Turja, dell’istituto di sondaggi Taloustutkimus. In Finlandia si vota con un sistema proporzionale con le preferenze. Non esiste alcun automatismo formale, ma per prassi spetta al partito più votato indicare il primo ministro o la prima ministra.

Marin ha 37 anni, è in carica dal 2019 e nella prima parte del suo mandato si parlò molto, anche sui giornali europei ed internazionali, del fatto che fosse una giovane donna: ai tempi del suo incarico era la prima ministra più giovane al mondo. Nei primi mesi del suo mandato il governo Marin, sostenuto da una coalizione molto ampia che va dai centristi alla sinistra radicale, ha aumentato il congedo parentale a sette mesi per donne e uomini e promosso misure molto ambiziose sulla transizione verso un’economia più sostenibile, fra le altre cose. Nella seconda parte Marin ha attraversato qualche difficoltà legata a un piccolo scandalo sulla sua presenza a una festa privata, e a una complicata riforma sui diritti della minoranza Sami, poi fallita perché arrivata verso la conclusione troppo a ridosso delle elezioni parlamentari.

Su tutte, però, negli ultimi tre anni Marin ha dovuto affrontare la pandemia da coronavirus e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, un paese con cui la Finlandia condivide 1.340 chilometri di confine di terra e con cui nel 1939 perse una guerra che le costò circa un decimo del proprio territorio. La nuova aggressività della Russia ha spostato molto l’opinione pubblica finlandese, che dopo decenni di sostegno trasversale a una neutralità militare ormai da un anno sostiene piuttosto convintamente l’adesione alla NATO, l’alleanza militare dei paesi occidentali, a cui aderirà ufficialmente nei prossimi mesi, dopo l’iter avviato dal governo Marin.

– Leggi anche: La Finlandia entrerà nella NATO, infine

Nonostante queste turbolenze la Finlandia resta un paese decisamente stabile, che non ha mai smesso di crescere dal punto di vista economico dopo la recessione del 2015, e che secondo un sondaggio annuale dal 2018 è il paese in cui le persone sono le più felici al mondo. Quest’ultimo periodo agitato quindi non ha avuto particolari conseguenze sul piano politico: i partiti che raccolgono i maggiori consensi sono gli stessi da anni, tutti dati intorno al 20 per cento dei voti: i Socialdemocratici, il PCN e i Finlandesi, che fino a qualche tempo fa erano noti come Veri Finlandesi.

Durante la campagna elettorale uno dei temi politici più discussi ha favorito questi ultimi due: al momento si trovano all’opposizione ma gli ultimi sondaggi li danno un filo più avanti rispetto ai Socialdemocratici. PCN e Finlandesi hanno molto attaccato il governo Marin per avere aumentato il debito pubblico, arrivato al 71 per cento rispetto al PIL rispetto al 65 per cento del 2019, anno dell’insediamento di Marin.

Sono numeri poco preoccupanti e tutto sommato comprensibili per un governo che ha aumentato la spesa pubblica per contrastare le conseguenze prima della pandemia e poi della crisi energetica innescata dalla guerra in Ucraina, come hanno fatto molti paesi europei negli ultimi due anni. Rimangono poco usuali per un paese del Nord Europa: la Svezia, per esempio, ha un debito pubblico che si aggira intorno al 35 per cento del PIL, la Danimarca intorno al 33. È un valore poco al di sopra della media dell’Unione Europea, e molto al di sotto di quello italiano, che si aggira intorno al 150 per cento.

Il PCN e i Finlandesi sostengono che il governo Marin avrebbe dovuto essere più prudente con i conti pubblici, data la situazione di partenza più complicata rispetto ai paesi vicini. Nel 2021 l’Elinkeinoelämän tutkimuslaitos, un think tank vicino al centrodestra, aveva già accusato il governo Marin di voler «distruggere il futuro del paese» con l’aumento della spesa pubblica, a suo dire eccessiva.

Marin rimane comunque piuttosto popolare fra l’elettorato: a dicembre un sondaggio pubblicato per il quotidiano Helsingin Sanomat aveva mostrato che il 64 per cento dei finlandesi ritiene che Marin abbia lavorato “molto bene” o “abbastanza bene” da prima ministra. I commentatori citano questi dati per spiegare come mai i Socialdemocratici abbiano ancora delle possibilità di ottenere la maggioranza relativa dei voti, nonostante quattro anni di governo non esattamente facili. «È raro che il consenso per un primo ministro non cali alla fine della legislatura: per la politica finlandese è una novità», ha spiegato a BBC News Jenni Karimaki, politologa dell’università di Helsinki.

Questa situazione – un alto consenso sia per i partiti di opposizione sia per Marin – potrebbe anche produrre esiti peculiari: per esempio un governo di coalizione fra i Socialdemocratici e il PCN, di centrodestra, con Marin prima ministra ma un programma di governo più moderato, soprattutto sui temi economici. Né i Socialdemocratici né il PCN si sono detti contrari a questa ipotesi.

Il terzo partito che si contende la maggioranza relativa è quello dei Finlandesi, che ormai da una decina d’anni alle elezioni parlamentari ottiene percentuali vicine al 20 per cento, senza mai superarlo. Da un anno e mezzo il partito è guidato da Riikka Purra, 45enne ex insegnante che ha vinto le primarie interne al partito promuovendo una linea molto dura sull’immigrazione: fra le altre cose vorrebbe che la Finlandia non accettasse nessuna richiesta di asilo, e chiede da tempo di ridurre la spesa pubblica per alcune minoranze etniche. Marin ha definito i Finlandesi «un partito apertamente razzista», una critica molto aspra e per certi verti inusuale, nelle campagne elettorali finlandesi.

Purra ha risposto dicendo che il suo partito «non ha nulla da nascondere o da vergognarsi rispetto ai nostri valori», e soprattutto negli ultimi tempi sta cercando di raccogliere un voto trasversale di protesta, contro la classe politica e i partiti più istituzionali: molti hanno notato per esempio che sta puntando molto su TikTok, dove ha un profilo molto attivo, per provare a intercettare un pezzo dei giovani poco interessati alla politica, che di solito non votano o che decidono per chi votare all’ultimo minuto.

In ogni caso le elezioni sono già cominciate, e di tempo per convincere l’elettorato ne rimane poco. Dal 22 al 28 marzo gli elettori potevano votare in anticipo in appositi seggi elettorali aperti un po’ in tutto il paese, a prescindere dalla propria circoscrizione elettorale. Ha già votato in questo modo il 40 per cento dell’elettorato, cioè 1.710.199 persone, il dato più alto di sempre per quanto riguarda il voto anticipato.