Come va nei comuni dove il divieto di fumare all’aperto c’è già

Sembra funzionare se accompagnato da efficaci campagne di comunicazione, altrimenti è semplice dimenticarsene

(EPA/ADI WEDA)
(EPA/ADI WEDA)
Caricamento player

Alle fermate del bus di Volano, un comune di tremila abitanti in provincia di Trento, ci sono diversi cartelli con la scritta “spegni la sigaretta, accendi i tuoi sogni”, accanto al disegno di un mozzicone schiacciato. Scritto in piccolo c’è un riferimento all’ordinanza 135 del 2021 con cui l’amministrazione ha approvato il divieto di fumare all’aperto vicino a edifici come scuole e centri sportivi, all’interno dei parchi comunali e appunto alle fermate dei mezzi pubblici. Volano è stato tra i primi comuni in Italia a istituire il divieto di cui si è discusso nelle ultime settimane dopo le anticipazioni sul contenuto di una proposta di legge a cui starebbe lavorando il ministro della Salute, Orazio Schillaci.

Se le anticipazioni saranno confermate, la nuova legge ricalcherebbe quasi tutte le regole già in vigore a Volano. Divieti simili sono stati introdotti in alcuni comuni più grandi e anche in una grande città, Milano. In alcuni casi i risultati sono stati incoraggianti e in altri meno, e quasi sempre le ragioni che spiegano il successo o l’inefficacia dipendono non tanto dal divieto in sé, ma dalle azioni di sensibilizzazione promosse insieme alle nuove regole.

– Leggi anche: Cos’è questa storia del divieto di fumare all’aperto

«A Volano non sono mai servite le multe per far rispettare il divieto: l’obiettivo non era fare cassa», dice Barbara Sessa, consigliera comunale della lista Rinnoviamo Volano, che nel 2021 ha proposto al resto della maggioranza di istituire il divieto di fumare anche all’aperto in molte zone del paese. Oltre ai parchi e alle fermate dei mezzi pubblici, non si può fumare vicino a tutti gli edifici pubblici, compreso il municipio, e quindi in buona parte del centro. Formalmente, si legge nell’ordinanza firmata dalla sindaca Maria Alessandra Furlini, è prevista una multa da 25 a 250 euro per chi viene scoperto dalla polizia locale a fumare dove è proibito. Finora non sono state fatte sanzioni.

Il provvedimento è stato approvato da tutto il consiglio comunale, anche dall’opposizione, proprio perché il divieto e le sanzioni, per certi versi accessorie, sono state accompagnate da un progetto articolato di sensibilizzazione nei confronti di bambini e adulti.

“Volanonfuma”, questo il nome dell’iniziativa, ha coinvolto la LILT, la lega italiana per la lotta contro i tumori, che da due anni organizza incontri nelle scuole per gli studenti di quarta elementare e di prima media, oltre ad appuntamenti serali dedicati agli adulti. «Sono stati coinvolti uno psicologo e diversi esperti della LILT che spiegano in modo approfondito gli effetti del fumo e del fumo passivo sulla salute delle persone», spiega Sessa. «Gli incontri sono stati molto partecipati e l’iniziativa non è estemporanea: il progetto prevede di portarla avanti nei prossimi anni. I risultati si vedono perché le regole vengono rispettate. Sicuramente un semplice divieto sarebbe servito a poco». Volano è stato il primo comune trentino a introdurre un percorso simile e l’obiettivo della LILT è di utilizzare i primi buoni risultati per convincere anche altri comuni a seguire l’esempio.

cartello di divieto fumo

I cartelli posizionati in molte zone di Volano, in provincia di Trento, dove è stato introdotto il divieto di fumare all’aperto (comune di Volano)

Un altro tentativo interessante è stato fatto a Bibione, una località balneare di San Michele al Tagliamento, in Veneto, dove dal 2019 è vietato fumare in spiaggia. Anche in questo caso non sono stati posizionati soltanto dei cartelli, ma ogni anno il divieto e il progetto, chiamato “Bibione respira il mare”, vengono promossi attraverso campagne di comunicazione e incontri con gli operatori tra cui i gestori e i dipendenti degli stabilimenti balneari.

Nei 9 chilometri di spiaggia sono stati installati 41 recinti di legno, “isole attrezzate“, dove le persone possono fumare e gettare correttamente in mozziconi all’interno di posacenere. Chi non rispetta il divieto viene multato e deve pagare una sanzione di 50 euro. «Più che introdurre un divieto ci interessa dare l’opportunità a chi sceglie di trascorrere le sue vacanze da noi di respirare l’aria pulita del mare senza dover tollerare sostanze inquinanti pericolose per la salute», disse nel 2019 il sindaco Pasqualino Codognotto. Il suo successore, Flavio Maurutto, ha confermato il progetto e promosso iniziative per sostenerlo, per esempio con un concerto gratuito sulla spiaggia e una mostra di illustrazioni.

Dopo Bibione il divieto di fumare è stato introdotto in altre spiagge italiane: a Olbia, Sassari, Stintino e in costa Smeralda, in Sardegna, a Manduria e Porto Cesareo in Puglia, ad Anzio, Ladispoli, Ponza, Sperlonga, Gaeta, Fiumicino e Torvaianica nel Lazio, a Pesaro, San Benedetto del Tronto e Sirolo nelle Marche, ad Alba Adriatica in Abruzzo, a Cesenatico, Ravenna e Rimini in Romagna, a Lerici, Sanremo e Savona in Liguria. In molti di questi casi, però, il divieto è stato accompagnato soltanto da una campagna di comunicazione iniziale: sono stati posizionati i cartelli, è stato fatto qualche controllo durante la prima stagione, ma poi ci si è un po’ dimenticati delle regole.

Lo stesso è accaduto nei comuni in cui è stato approvato il divieto soltanto come strumento di avvertimento, senza un’estesa e continuativa campagna per sensibilizzare le persone contro i danni del fumo.

A Milano, per esempio, tra il 2020 e il 2021 ci fu un notevole dibattito quando il consiglio comunale approvò il divieto di fumare alle fermate dei mezzi pubblici e nei parchi. Ma da allora le regole non sono state particolarmente rispettate né fatte rispettare: sono stati posizionati pochi cartelli e non ci sono state nuove estese campagne di comunicazione.

Attualmente non ci sono dati sulle multe, sostanzialmente perché ne vengono fatte pochissime. «Questo perché i vigili sono impegnati in situazioni più urgenti, ma soprattutto perché non è una norma pensata in modo repressivo», spiega l’assessore alla Salute Lamberto Bertolé. «Serve soprattutto per stimolare il senso civico di chi abita a Milano e di chi la frequenta, e per incoraggiare un cambiamento culturale». La logica del divieto è soprattutto quella di tutelare il diritto di chi frequenta gli spazi pubblici di non subire fumo passivo. «È l’inizio di un percorso, ed eventualmente si discuterà di come adattare questo divieto a una possibile futura legge nazionale contro il fumo» dice Bertolé.

Gli effetti del fumo sui polmoni e in generale sulla salute sono indagati ormai da decenni. Il fumo di sigaretta rappresenta il principale fattore di rischio per i tumori: fortemente associato a quelli del polmone, del cavo orale e della gola, di esofago, pancreas, colon, vescica, prostata, rene, seno, ovaie e ad alcuni tipi di leucemie. Inoltre è uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, ictus e infarto). Il fumo ha un impatto negativo sul sistema riproduttivo sia dell’uomo che della donna in quanto riduce la fertilità e deve essere totalmente evitato in gravidanza, per i molti effetti nocivi sul feto. I danni fisici dovuti al fumo di tabacco sono legati a diversi fattori: età di inizio, numero di sigarette fumate quotidianamente, numero di anni di fumo, inalazione più o meno profonda.

I dati dell’Istituto Superiore di Sanità riferiti al biennio 2020-2021 dicono che in Italia una persona su quattro fuma. Dal 2008 la percentuale di fumatori si è ridotta lentamente ma significativamente in tutto il territorio italiano, ma durante la pandemia è il calo è stato più lento rispetto al passato. Il prodotto più utilizzato sono le comuni sigarette, ma c’è una percentuale crescente di fumatori che utilizzano quelle elettroniche: circa il 5 per cento della popolazione, con una maggiore diffusione tra i più giovani.