Come si spiega il risultato di A24 agli Oscar

La casa di produzione del premiatissimo “Everything Everywhere All At Once” è l'unica che sa raccogliere un gran pubblico attorno a film di una certa originalità e ambizione

(Emma McIntyre/Getty Images)
(Emma McIntyre/Getty Images)
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La casa di distribuzione e produzione cinematografica A24 è nata poco più di dieci anni fa e produce quasi esclusivamente film d’autore un po’ strani, di quelli che non ci si aspetterebbe che uscissero dai circuiti di distribuzione di nicchia. Alla 95esima edizione dei premi Oscar – che restano i premi più importanti del cinema statunitense – ha ottenuto però un successo senza precedenti, diventando il primo studio cinematografico a presentare i film che hanno vinto in tutte e sei le categorie più prestigiose, ovvero miglior film, miglior regia, e i quattro premi per i migliori attori e attrici.

Si tratta di un enorme successo, al punto che Nicole Sperling, giornalista del New York Times, l’ha definito un momento di possibile «cambio della guardia». Sia perché le due case di produzione che storicamente hanno dominato gli Oscar, Searchlight Pictures e Focus Features, non hanno vinto niente benché i loro film, rispettivamente Gli Spiriti dell’isola e Tár, fossero candidati in sei e nove categorie. Sia perché per anni Hollywood ha investito molto poco in film ambiziosi e originali come quelli che stanno facendo la fortuna di A24.

Solo nell’ultimo anno A24 ha prodotto The Whale, candidato a tre Oscar e vincitore di quello per il miglior attore (Brendan Fraser) e miglior trucco, e altri quattro altri film candidati dall’Academy of Motion Picture Arts and Sciences: Aftersun (candidato al premio per il miglior attore con Paul Mescal), Causeway (miglior attore non protagonista, Brian Tyree Henry), Close (miglior film internazionale) e Marcel the Shell With Shoes On (miglior film d’animazione). Ma soprattutto ha prodotto il bizzarro film di fantascienza Everything Everywhere All at Once, che è diventato il film più premiato della storia di Hollywood, battendo Il ritorno del re, terzo film della trilogia del Signore degli Anelli di Peter Jackson.

Secondo Sperling, la vittoria di una casa di produzione giovane e indipendente come A24 è particolarmente notevole considerato il momento di crisi in cui il cinema americano si trova da qualche anno a questa parte. «I cinema d’essai sono stati tra i primi a chiudere durante la pandemia e il pubblico dei film per adulti si sta riducendo», scrive la giornalista. «Gli autori si rivolgono sempre più a servizi di streaming che offrono più soldi e meno stress. E i grandi studi di produzione stanno diventando ancora più avversi al rischio per quanto riguarda gli investimenti nel cinema, preferendo sfornare un flusso costante di sequel e film di supereroi».

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Quelli prodotti da A24 sono invece film nella maggior parte dei casi originali: lo studio è ormai noto per essere uno dei pochi a investire sistematicamente sulle idee spesso stravaganti di giovani cineasti che hanno a lungo fatto fatica a trovare qualcuno che credesse nel loro progetto. Tra i film che hanno prodotto negli ultimi 11 anni ci sono The Lobster, Midsommar, Ex Machina, Diamanti grezzi, Lady Bird, The Witch e Moonlight, che ha fruttato ad A24 il primo Oscar al miglior film, nel 2017. Molti di questi film oggi sono amatissimi tra gli appassionati di cinema, e la stessa casa cinematografica è al centro di una quasi venerazione da parte di un nutrito numero di persone che ne apprezzano l’approccio moderno al marketing, fatto anche di meme, scene virali tratte dai propri film e prodotti come magliette e tazze venduti in edizione limitata in occasione dell’uscita di un nuovo titolo.

A24 è insomma un fenomeno culturale singolare, ma il motivo per cui è stata così premiata dall’Academy va cercato, secondo alcuni esperti, principalmente nel fatto che è l’unica casa di produzione attualmente capace di attrarre un gran numero di spettatori al cinema per film con una certa ambizione artistica e narrativa.

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«Un esempio perfetto è Everything Everywhere All at Once, che ha incassato oltre 100 milioni di dollari al botteghino pur mantenendo l’atmosfera indipendente e d’autore di case di produzione che ottengono regolarmente delle nomination, come Searchlight Pictures e Universal Pictures», ha scritto Marcus Jones sulla rivista dedicata alla cultura pop IndieWire. In molti hanno parlato del successo di Everything Everywhere All at Once come di un segnale di speranza per gli autori e i registi che vogliono creare qualcosa di diverso da un sequel, un prequel o un adattamento da un fumetto. Secondo Jones:

«Fino a quando i grossi conglomerati che possiedono queste case di produzione non capiranno come ottenere di nuovo l’attenzione del pubblico interessato al cinema indipendente, magari facendo un uso migliore del marketing digitale come fanno i loro nuovi concorrenti, possiamo aspettarci che A24 e Netflix [che agli Oscar ha portato Niente di nuovo sul fronte occidentale, ndr] siano ancora in cima alla classifica dei più premiati l’anno prossimo».