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  • Sabato 11 marzo 2023

Le sanzioni alla Russia bloccano quasi tutto, ma non i diamanti

Le esportazioni russe valgono quasi 4 miliardi di euro: la gran parte finisce ad Anversa, in Belgio, che si oppone alle iniziative di blocco

Ad Anversa, in Belgio, passa l'86 per cento dei diamanti grezzi (Paul O'Driscoll/Getty Images)
Ad Anversa, in Belgio, passa l'86 per cento dei diamanti grezzi (Paul O'Driscoll/Getty Images)
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C’è un settore dell’economia russa che non è stato coinvolto nelle sanzioni internazionali: la limitazione all’esportazione di diamanti, grezzi e lavorati, non è stata inserita nemmeno nel decimo pacchetto approvato dall’Unione Europea venerdì. Il G7, l’organismo che riunisce le democrazie più ricche del mondo, ha annunciato sempre venerdì che misure sui diamanti saranno prese in futuro, ma in modo vago e senza dare scadenze temporali.

L’Europa e l’Occidente hanno ridotto ormai da tempo le importazioni di petrolio e di gas dalla Russia, da cui in certi casi dipendevano fortemente, e hanno bloccato le importazioni di beni meno fondamentali come oro, caviale e vodka, ma non riescono a trovare un accordo e a definire una linea comune sui diamanti. Non è un settore economico trascurabile: la Russia esporta ogni anno diamanti grezzi per quasi 4 miliardi di euro. È il primo esportatore al mondo e i diamanti sono fra i primi cinque prodotti che generano più entrate al paese: solo petrolio e gas pesano molto di più nella bilancia delle esportazioni.

Il blocco dell’acquisto dei diamanti da parte dell’Unione Europea incontra però la forte resistenza del Belgio e in particolare dell’AWDC, il Centro Mondiale dei Diamanti di Anversa. Dalla città belga passano l’86 per cento di tutti i diamanti grezzi al mondo, il 50 per cento di quelli lavorati e il 40 per cento di quelli industriali. Prima dell’invasione russa dell’Ucraina il 30 per cento dei diamanti che transitavano dalla città belga proveniva dalla Russia. Oggi quelle percentuali sono leggermente calate, ma l’acquisto dei prodotti russi non si è fermato.

Il distretto dei diamanti di Anversa è attivo sin dal XV secolo, in circa un chilometro quadrato sono racchiuse 1.700 aziende e 4.500 gioiellerie, con un fatturato stimato in 38 miliardi di euro annui, secondo i dati dell’AWDC. Nel 2021 ha importato dalla Russia diamanti per 1,8 miliardi di euro, nei primi 8 mesi del 2022 per 1,2 miliardi.

Una gioielleria ad Anversa (Paul O’Driscoll/Getty Images)

In Russia l’estrazione e l’esportazione dei diamanti è gestita dall’azienda Alrosa, la seconda più grande al mondo dopo la sudafricana De Beers: è di un’impresa siberiana di proprietà statale. La Russia e la repubblica della Jacuzia (nord della Siberia) sono proprietarie al 66 per cento, l’amministratore delegato è Sergei Sergeevich Ivanov. È un oligarca appartenente al primo gruppo di quelli sanzionati dagli Stati Uniti dopo l’invasione dell’Ucraina, e figlio di Sergei Borisovich Ivanov, ex ministro della Difesa e storico alleato di Vladimir Putin.

L’opposizione belga al blocco delle importazioni viene giustificata con ragioni di differente natura. Le prime sono prettamente economiche: il distretto di Anversa sostiene che la misura danneggerebbe più il Belgio della Russia, con un taglio del 30 per cento del fatturato e di 10.000 posti di lavoro nell’indotto. Le seconde sono legate alla natura del commercio: le importazioni di diamanti non sono complesse come quelle di gas o petrolio, non hanno bisogno di infrastrutture non facilmente sostituibili. Secondo le tesi del Belgio, se l’UE smettesse di importare i diamanti gli stessi sarebbero immediatamente venduti in India, Israele o Emirati Arabi, che sostituirebbero anche a lunga scadenza Anversa come primo centro del traffico mondiale dei diamanti.

Un blocco poi favorirebbe il mercato nero, reso più semplice dal fatto che cento milioni di euro di diamanti possono essere contenuti in una sola valigia.

Per questo il governo belga ha spinto perché il blocco delle importazioni arrivi solo dopo la definizione di un percorso sicuro di tracciabilità dei diamanti russi, che siano bloccati a livello mondiale: le discussioni sono state quindi rinviate al G7. I sette paesi membri (Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Stati Uniti, Canada e Giappone) nel documento finale si sono impegnati, «visti i rilevanti profitti che la Russia ottiene dall’esportazione dei diamanti a lavorare in modo collettivo per ulteriori misure riguardo i prodotti russi, sia grezzi che lavorati, con la collaborazione dei partner chiave a livello economico».

Ma tracciare in modo sicuro i diamanti è un’operazione molto complessa e che si presta ad essere aggirata, soprattutto in paesi che non hanno sposato le sanzioni alla Russia. La Gran Bretagna e gli Stati Uniti hanno inserito da tempo Alrosa fra le aziende sanzionate e hanno bloccato le importazioni di diamanti dalla Russia: nessuno dei due paesi, però, ne acquistava in quantità paragonabili a quelle di Anversa. Gli Stati Uniti inoltre non considerano come russi i diamanti grezzi provenienti dalla Russia ma lavorati altrove, in base a una legge del 1940, allora relativa alle importazioni di prodotti dal Giappone. L’Europa e il Nord America peraltro rappresentano la destinazione finale del 70 per cento del mercato mondiale dei diamanti.

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un messaggio al Parlamento belga dello scorso marzo aveva chiesto al paese di interrompere le importazioni: «La pace è più importante dei diamanti nei negozi». Il primo ministro belga Alexander De Croo allora aveva negato che il paese si fosse mai opposto a misure decise dall’Unione Europea sul tema.