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  • Venerdì 24 febbraio 2023

Quando la mafia tentò di uccidere Maurizio Costanzo

Nel 1993 il conduttore e la sua futura moglie Maria De Filippi uscirono illesi da un attentato deciso da Totò Riina

I resti dell'auto che conteneva l'esplosivo in via Fauro a Roma.
( ANSA/OLDPIX)
I resti dell'auto che conteneva l'esplosivo in via Fauro a Roma. ( ANSA/OLDPIX)
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Il 14 maggio 1993 alle 21:37, a Roma, una bomba piazzata dentro a un’auto esplose mentre stavano passando, a bordo di una Mercedes, Maurizio Costanzo e la sua compagna Maria De Filippi. Entrambi rimasero illesi. Due guardie del corpo che erano a bordo di una Lancia Thema rimasero ferite non gravemente.

L’attentato fu compiuto da esponenti di Cosa Nostra, la mafia siciliana, su ordine di Totò Riina, capo della cosca vincente dei corleonesi e allora a capo anche della cosiddetta Cupola, il gruppo dirigente che riuniva le famiglie mafiose della Sicilia.

L’attentato fu uno di quelli compiuti nel periodo 1992-1993, in cui i corleonesi decisero una strategia stragista contro lo stato. Tra gli obiettivi ci furono magistrati, giornalisti, imprenditori, opere d’arte, monumenti. Maurizio Costanzo fu scelto dai corleonesi come bersaglio perché nelle sue trasmissioni si occupava spesso di lotta alla mafia. Nel 1991 con Michele Santoro aveva organizzato una trasmissione a reti unificate (Rai e Mediaset) dopo l’omicidio di Libero Grassi, l’imprenditore che si era rifiutato di pagare il pizzo a Cosa Nostra ed era divenuto simbolo della lotta alla mafia.

A pianificare l’attentato contro Costanzo e De Filippi fu un gruppo di mafiosi arrivati a Roma dalla Sicilia. Secondo il racconto di numerosi collaboratori di giustizia a guidarli c’era anche Matteo Messina Denaro, a quell’epoca uno dei giovani esponenti di Cosa Nostra più apprezzati da Riina. Raccontò il collaboratore di giustizia Francesco Geraci: «Un giorno Matteo mi venne a trovare chiedendomi cosa ne pensassi di un progetto di attentati da effettuare nei confronti di personaggi famosi come Baudo, Costanzo, Martelli, Santoro e altre personalità di rilievo. Disse che così si sarebbe destabilizzato lo Stato. Io risposi “Buono è”. Così lui mi disse che presto ci saremmo trasferiti a Roma a frequentare i vip».

In vista della partenza per Roma, Messina Denaro portò alcuni del gruppo a comprare vestiti eleganti. Arrivarono a Roma nel febbraio del 1992 e iniziarono a frequentare alcuni locali alla moda dove speravano di incontrare personaggi dello spettacolo in modo da apprenderne i movimenti. I mafiosi iniziarono a studiare gli spostamenti piuttosto abitudinari di Costanzo, che andava regolarmente al teatro Parioli per registrare la sua trasmissione, il Maurizio Costanzo Show. Due mafiosi del gruppo assistettero in almeno due occasioni, tra il pubblico, alla trasmissione.

Il civico 62 di via Fauro dopo l’esplosione (ANSA/CLF)

A comporre il gruppo erano mafiosi del mandamento di Brancaccio e di Trapani (il mandamento è la zona controllata da tre o più famiglie mafiose). Del gruppo facevano parte, oltre a Messina Denaro, Giuseppe Graviano, Vincenzo Sinacori, Cristoforo Cannella, Lorenzo Tinnirello e Francesco Geraci. L’esplosivo arrivò a Roma dalla Sicilia nascosto in un camion e venne poi messo, in attesa di essere usato, nello scantinato di un malavitoso calabrese che viveva a Roma e che era legato a Messina Denaro, Antonio Scarano.

A inizio primavera del 1992 Riina chiamò Sinacori e ordinò di sospendere l’operazione perché, come riferirono i collaboratori di giustizia, «avevano cose più importanti giù». Tra maggio e luglio di quell’anno vennero uccisi in Sicilia i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Nella primavera del 1993, i corleonesi decisero di riprendere l’operazione. Questa volta agli uomini del mandamento di Brancaccio vennero affiancati mafiosi del mandamento palermitano di Corso dei Mille. Il gruppo era composto da Cristofaro Cannella, Cosimo Lo Nigro, Salvatore Benigno, Giuseppe Barranca, Francesco Giuliano.

Il gruppo, sempre aiutato nella logistica da Scarano, iniziò a fare sopralluoghi lungo il percorso che Costanzo faceva per tornare a casa dal teatro Parioli. Venne individuato un punto, in via Fauro, e il giorno dopo fu rubata una Fiat Uno poi nascosta in un garage nel quartiere Tor Bella Monaca. Nell’auto fu piazzato l’esplosivo conservato da Scarano: 100 kg di tritolo, pentrite e T4.

L’auto venne posizionata in via Fauro il 13 maggio, ma al momento del passaggio dell’auto con a bordo Costanzo e De Filippi l’esplosione non avvenne per un malfunzionamento del congegno. Il giorno dopo l’attentato riuscì. Ad azionare il comando fu Salvatore Benigno che però premette il pulsante con qualche istante di ritardo perché pensava di veder comparire un’Alfasud, mentre quella sera Costanzo e De Filippi erano a bordo di una Mercedes. L’autista, Costanzo e De Filippi rimasero illesi mentre furono ferite le due guardie del corpo, Aldo Re e Fabio De Paolo. Subito dopo l’esplosione l’autista Stefano Degni, Costanzo e De Filippi fuggirono dentro a un portone.

Così Degni raccontò anni dopo al Corriere della Sera quello che accadde prima dell’esplosione:

Loro stavano sul sedile posteriore, con il cane sul tappetino. Ho tutto stampato in mente. Saliamo all’uscita del teatro Parioli. Metto in moto, parto. Tengo d’occhio, tramite lo specchietto, la Thema della scorta privata, Fabio e Aldo, di prassi a una decina di metri. Tutto ok. Lampioni bassi ma buona visibilità, strada libera. Anche se stretta, percorro via Fauro a una velocità un po’ allegra, sui 60 all’ora. Sulla sinistra la scuola elementare, a destra il civico 62. Maria pronuncia la parola “tennis”, io rispondo. Voltato a sinistra, riallineo le ruote su via Boccioni e proprio in quel momento bum! la fine del mondo, scoppia tutto, buio, la Bosnia, macerie ovunque.

E cosa accadde dopo:

Un uomo con la barba e i capelli scuri, che imbracciava una mitraglietta, in mezzo a tutto quel caos, nel buio, si avvicinò per controllare se eravamo morti. Allucinante: tutti fuggivano e lui avanzava verso l’autobomba. Era uno degli attentatori. Quasi certamente incaricato, se fosse servito, di dare il colpo di grazia. Noi ci eravamo rifugiati nell’androne del palazzo distrutto e fui io a spingere il portone, tra i calcinacci, per chiuderci dentro. In quel momento si sentirono le sirene che stavano arrivando e il sicario fuggì. Un secondo miracolo.

Anni dopo Maurizio Costanzo e Maria De Filippi parlarono dell’attentato.

 

Per l’attentato di via Fauro vennero condannati come esecutori materiali Cristofaro Cannella, Cosimo Lo Nigro, Salvatore Benigno, Giuseppe Barranca, Francesco Giuliano e Antonio Scarano mentre Totò Riina, Bernardo Provenzano, Filippo e Giuseppe Graviano, Matteo Messina Denaro, Leoluca Bagarella, Giovanni Brusca, Giuseppe Ferro e Francesco Tagliavia furono condannati come mandanti.

Dodici giorni dopo l’attentato a Maurizio Costanzo la mafia fece esplodere un’autobomba in via dei Georgofili, a Firenze, uccidendo cinque persone.