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  • Sabato 18 febbraio 2023

Perché i procuratori hanno ottenuto così tanto potere nel calcio

I loro guadagni spesso superano quelli dei calciatori che assistono, e anche per questo la FIFA vuole mettere dei limiti

di Alessandro Austini

(Getty Images)
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Nel calcio i procuratori rappresentano giocatori e allenatori e ne curano gli interessi. Nel corso degli anni i più influenti fra di loro hanno assunto un ruolo sempre più determinante nelle trattative tra le squadre, tanto da ottenere dei guadagni complessivi paragonabili a quelli dei calciatori, o in certi casi addirittura superiori.

Le società calcistiche li ritengono spesso una presenza ingombrante ma non possono evitare di relazionarsi con loro. Negli ultimi anni le spese per pagarli sono aumentate notevolmente e rappresentano ormai uno dei costi più rilevanti nei bilanci dei club dopo quelli sostenuti per pagare gli stipendi dei calciatori.

I procuratori, che vengono chiamati anche “agenti”, assistono i giocatori e gli allenatori nelle trattative economiche con le società e nella stesura dei contratti, li aiutano negli aspetti legali, fiscali, mediatici e commerciali legati alla loro attività sportiva.

Il termine “procuratore” deriva dalla “procura”, che è un atto con cui una persona ne delega un’altra a farsi rappresentare. Tramite le procure gli agenti gestiscono in esclusiva gli interessi di un calciatore o di un allenatore e lo rappresentano in tutte le circostanze necessarie.

Avere un procuratore non è obbligatorio, ma nel calcio professionistico è molto raro che un giocatore non si affidi a una figura di questo tipo. Un’eccezione è quella del centrocampista belga Kevin De Bruyne, che nel 2021 preferì trattare il rinnovo del suo contratto con il Manchester City senza avvalersi di un procuratore. Si fece aiutare da un avvocato e da una società specializzata nell’analisi dei dati sportivi e raggiunse un accordo per uno stipendio di circa 24 milioni di euro lordi all’anno fino al 2025.

Gli agenti svolgono anche il ruolo di mediatori negli affari del calciomercato. In questo caso non si parla di “procura” ma di “mandato”, che è un tipo di contratto mediante il quale i procuratori vengono incaricati dalle società di impostare per loro conto una trattativa per acquistare o vendere un giocatore, oppure per rinnovare o interrompere in anticipo (“risolvere”) un contratto. Un club decide solitamente di affidare un mandato a un determinato procuratore quando quell’agente ha dei rapporti privilegiati con i dirigenti della squadra dove gioca il calciatore oggetto della trattativa — o con il procuratore che lo gestisce — e il suo lavoro di mediazione può rivelarsi decisivo per la chiusura dell’affare.

Gli atti che regolano le procure e i mandati, per essere validi in Italia, devono essere registrati presso la Federcalcio (FIGC). Spetta agli agenti inviarli tramite posta elettronica alla FIGC ed è previsto anche il pagamento di una tassa. All’estero ogni federazione nazionale gestisce il proprio registro delle procure e dei mandati e a volte uno stesso giocatore viene rappresentato da agenti diversi a seconda del mercato di riferimento. Questa anomalia, che non è stata ancora regolata a livello internazionale, crea spesso delle dispute fra gli agenti e causa problemi alle società.

Federico Pastorello (LaPresse/Nicolo Campo)

I procuratori hanno diritto a incassare una commissione per ogni affare concluso e possono essere pagati dai giocatori, con una percentuale calcolata sui loro stipendi, o direttamente dalle società per il lavoro di mediazione svolto, ma anche da entrambe le parti. Con un meccanismo simile a quello in uso nel mercato immobiliare, gli agenti possono ottenere dai club un mandato in esclusiva per trattare il trasferimento di un determinato giocatore a un prezzo prestabilito e, se l’operazione viene conclusa, la società è quindi obbligata a pagare una commissione al procuratore incaricato. Nel caso in cui l’agente che rappresenta direttamente quello stesso giocatore sia diverso da quello a cui è stato affidato l’incarico per la mediazione, i club sono quindi tenuti a pagare due diverse commissioni. Queste spese, che per gli affari più importanti possono valere anche diversi milioni di euro, si aggiungono al costo per l’acquisto del calciatore e allo stipendio previsto dal suo nuovo contratto.

Secondo un rapporto della FIFA, l’organo di governo del calcio mondiale, solo nel 2022 i club professionistici hanno pagato un totale di 586 milioni di euro ai procuratori per i trasferimenti internazionali, con un aumento del 24,3 per cento rispetto all’anno precedente. La cifra più alta di sempre era stata registrata prima della pandemia, con 686 milioni di euro versati agli agenti nel 2019. Per quanto riguarda il calciomercato delle squadre italiane, l’ultimo dato diffuso dalla FIGC è relativo al 2021: 174 milioni di euro di spese per le commissioni, il 26 per cento in più rispetto al 2020.

La maggior parte dei soldi delle commissioni viene incassata da un ristretto numero di agenti, i più influenti. Diversi fra questi hanno fondato delle agenzie per gestire la loro attività a livello internazionale. Negli ultimi anni quelle più grandi hanno assunto degli specialisti di altri settori, come ad esempio esperti di comunicazione e finanza, per poter offrire ulteriori servizi ai giocatori. Alcuni procuratori hanno spostato la propria residenza — o la sede della società che controllano — a Montecarlo o in altri paesi dove esiste un regime fiscale conveniente. Inoltre si sono verificati casi in cui i club hanno accettato di pagare gli agenti “in nero”, versando le commissioni sotto forma di pagamenti poco trasparenti verso delle società collegate terze, nonostante la pratica sia espressamente vietata sia in ambito sportivo sia dalle leggi statali.

Nel 2020 la procura della FIGC aveva ad esempio aperto un’inchiesta in seguito alle accuse rivolte dal procuratore argentino Luis Ruzzi alla Lazio: l’agente sosteneva che il club romano avesse pagato una parte delle commissioni relative al trasferimento dell’attaccante Mauro Zarate a una società con sede a Londra e controllata da un altro procuratore (Riccardo Petrucchi), che avrebbe poi girato a sua volta i soldi al fratello del calciatore. Attraverso questa operazione la Lazio avrebbe ottenuto dei vantaggi fiscali, ma quell’inchiesta era stata poi archiviata dalla FIGC, che non trovò riscontri sulle affermazioni di Ruzzi.

Nuovi sospetti sui rapporti non sempre “trasparenti” tra i procuratori e i club sono emersi nell’ambito dell’attuale indagine della procura di Torino sui bilanci della Juventus. Fra le varie irregolarità riscontrate, i magistrati ritengono che siano state emesse delle fatture false da alcuni agenti «per operazioni inesistenti, poi registrate dalla Juventus e confluite nelle rispettive dichiarazioni fiscali della stessa». In questo modo la Juventus avrebbe pagato quei procuratori per saldare dei debiti che aveva in sospeso con loro per dei precedenti affari. Il prossimo 27 marzo a Torino si terrà l’udienza preliminare nella quale si deciderà sulla richiesta di rinvio a giudizio della Juventus e di dodici dirigenti per vari reati tra cui proprio la “falsa fatturazione”.

Le condizioni più vantaggiose per i procuratori si presentano di solito quando i calciatori si liberano dalle squadre alla fine del contratto (“a parametro zero”) e possono firmare per un altro club. In questi casi la società acquirente non è tenuta a pagare un corrispettivo per il trasferimento del calciatore, perché risulta “svincolato”, cioè disoccupato, e di solito accetta di riconoscere ai procuratori una commissione più costosa rispetto alla media. Era successo ad esempio nel 2018 quando la Juventus aveva tesserato il centrocampista turco Emre Can al termine del suo precedente contratto con il Liverpool e aveva pagato una commissione molto cara (circa 16 milioni di euro) al procuratore Mahmoud-Reza Fazeli.

Due anni prima il famoso agente italo-olandese Mino Raiola, morto lo scorso aprile, incassò invece 27 milioni di euro per il trasferimento del centrocampista francese Paul Pogba dalla Juventus al Manchester United. Quella commissione è considerata la più costosa nella storia del calcio e a pagarla fu sempre la Juventus, che aveva assegnato a Raiola un mandato per vendere Pogba. L’affare fu impostato così: il Manchester pagò 105 milioni di euro complessivi alla Juventus che a sua volta versò 27 milioni a Raiola.

Secondo varie ricostruzioni, la prima trattativa di calciomercato a cui partecipò una figura assimilabile ai procuratori di oggi risale al 1968, quando la squadra olandese dell’Ajax doveva rinnovare il contratto a Johan Cruijff e si fece assistere da Cor Coster, un commerciante di pietre preziose. In Italia la figura del procuratore si affermò invece a partire dagli anni Settanta. I primi furono l’avvocato Dario Canovi, tuttora in attività, e Antonio Caliendo, che in precedenza aveva svolto vari lavori, tra cui il venditore di libri porta a porta.

Hidetoshi Nakata, Antonio Caliendo e Hakan Sukur (Getty Images)

Per un lungo periodo qualsiasi persona, a prescindere dalla sua professione o dal titolo di studio conseguito, poteva intraprendere la carriera da procuratore, avvalendosi della consulenza di un avvocato qualora lo ritenesse necessario. L’obbligo di sostenere un esame per ottenere la licenza da agente fu introdotto dalla FIFA soltanto nel 1994 e le federazioni approvarono a loro volta delle norme specifiche per regolare i rispettivi mercati. Ma questo non bastò a mettere ordine nel sistema, a causa dell’incompatibilità di quelle regole sportive con le leggi già esistenti nei diversi paesi riguardo alla libera concorrenza: non si poteva ad esempio impedire agli avvocati di occuparsi della stesura dei contratti.

Nel corso degli anni successivi furono approvate altre riforme che non bastarono però a risolvere i problemi del settore. A causa delle troppe dispute legali sorte tra gli agenti, la FIFA ritenne che questa materia non fosse più di sua competenza e nel 2015 eliminò l’obbligo dell’esame per i procuratori. In questo modo si puntava a liberalizzare la concorrenza sul mercato e a lasciare ai singoli paesi il compito di regolare il settore, ma questo provvedimento finì per causare una confusione maggiore nel calciomercato.

In un sistema rimasto senza regole certe e valide in tutti i mercati internazionali, c’è stata una progressiva degenerazione dei ruoli. Le società si sono ritrovate spesso a discutere i contratti con persone senza alcuna qualifica professionale, talvolta anche con i parenti dei giocatori, pur se sprovvisti di competenze specifiche. Uno dei casi recenti più discussi è stato quello della modella argentina Wanda Nara, che per diversi anni ha rappresentato il suo ex marito Mauro Icardi.

Da tempo si registra inoltre un fenomeno che causa ulteriori problemi. I calciatori decidono spesso di cambiare il procuratore quando sono scontenti della propria situazione professionale e vogliono trasferirsi in un’altra squadra per guadagnare di più o rinnovare il contratto a condizioni migliori. Per questo la concorrenza fra gli agenti è molto agguerrita e può capitare che alcuni paghino un compenso ai calciatori o ai loro familiari per ottenere una procura. A quel punto cercano di convincerli a cambiare squadra il prima possibile in modo da incassare le commissioni per il loro trasferimento. Anche a causa di questo fenomeno il numero degli affari di calciomercato è aumentato rispetto al passato e, di conseguenza, sono maggiori le spese sostenute dalle società per pagare i procuratori.

Tutt’oggi non esistono dei limiti prestabiliti per gli importi delle commissioni, che vengono trattati di volta in volta dai club con i procuratori. Ma la FIFA ha deciso di fissare per la prima volta un “tetto” a questi prezzi, venendo incontro alle richieste delle squadre che vogliono ridurre i costi. Alla fine del 2022 l’organo di governo del calcio ha quindi approvato una riforma che è stata introdotta lo scorso 9 gennaio ed entrerà stabilmente in vigore entro il prossimo primo ottobre. Si tratta di un nuovo regolamento internazionale a cui dovranno adeguarsi le singole federazioni, emanando delle norme specifiche per regolare il proprio mercato, compatibili con la riforma varata dalla FIFA.

Jorge Mendes, al centro, dietro la dirigenza del Wolverhampton (Catherine Ivill/Getty Images)

Oltre a ripristinare un albo mondiale, a cui gli agenti potranno iscriversi dopo aver superato un esame (dovranno rispondere correttamente almeno al 75 per cento delle venti domande contenute in un test) e versando una quota annuale di 600 dollari, è stato imposto il divieto per i procuratori di rappresentare più di una parte nella stessa trattativa nel caso di una cessione di un calciatore. Con questa norma verrà eliminata la possibilità che i club debbano pagare a un singolo procuratore due diverse commissioni per il medesimo affare. Resterà invece possibile per un agente rappresentare sia il giocatore sia la squadra acquirente nello stesso affare, a patto che entrambi i clienti esprimano un consenso esplicito alla “doppia rappresentanza”.

Per quanto riguarda i limiti sui costi delle commissioni, a partire dalle operazioni che verranno concluse da ottobre 2023 in poi, un procuratore potrà incassare al massimo il 5 per cento dello stipendio del calciatore da lui assistito nella trattativa, se l’importo lordo sul contratto pattuito sarà inferiore ai 200mila dollari americani annui. Se invece lo stipendio supererà la soglia dei 200mila dollari lordi potrà essere fissata una commissione massima del 3 per cento. Gli stessi limiti del 5 e del 3 per cento saranno validi anche per gli agenti che sono stati incaricati da una società come mediatori per comprare un giocatore assistito da un altro agente.

Nel caso in cui il procuratore rappresenti contemporaneamente il club acquirente e il calciatore, la commissione massima sarà del 10 per cento qualora lo stipendio concordato sia inferiore ai 200mila dollari annui e del 6 per cento se lo supererà: in questa specifica circostanza saranno la società e il calciatore a stabilire come dividersi le spese per pagare la commissione complessiva. Infine, gli agenti che gestiranno in qualità di mediatori la vendita di un giocatore per conto di un club avranno diritto a incassare al massimo il 10 per cento del valore complessivo di quella operazione. La durata massima dei contratti delle procure rimarrà quella prevista attualmente, che è di due anni, mentre verrà eliminato il limite temporale per i mandati a comprare o a vendere rilasciati dalle società.

La riforma della FIFA viene contestata da diverse associazioni che rappresentano i procuratori. Secondo le loro valutazioni, i limiti imposti sulle commissioni sono troppo rigidi e in futuro penalizzeranno soprattutto gli agenti meno importanti, che non saranno più in grado di sostenere le spese. Questo problema potrebbe aggiungersi a un altro che sta già penalizzando il settore: molti club saldano in ritardo le fatture presentate dai procuratori (a volte i ritardi si protraggono per diversi anni), senza subire alcuna sanzione in ambito sportivo come avviene per esempio per i debiti con il fisco o relativi ai pagamenti verso le altre società.

La FIFA ha previsto la creazione di una piattaforma finanziaria dedicata, dentro la quale verranno registrati tutti i pagamenti per le operazioni di calciomercato, comprese le commissioni. Ma questo nuovo sistema, a detta degli agenti, non basterà a garantire che vengano effettivamente pagati i loro compensi. Un’altra accusa rivolta alla FIFA è che le nuove regole del settore siano state stabilite senza consultare i rappresentanti dei procuratori e violino le leggi sulla libera concorrenza. Al momento gli agenti non fanno parte di nessun organo politico del calcio e non partecipano quindi alle riunioni in cui si discutono le riforme.

«Nella Fifa ci sono dei criminali e noi li porteremo in tribunale» ha detto Jonathan Barnett, uno dei procuratori più influenti al mondo. Barnett è anche il presidente dell’associazione internazionale degli agenti The Football Forum, che sta preparando un ricorso insieme alle altre associazioni di categoria. I procuratori di tutto il mondo vogliono infatti interpellare dei giudici per impugnare la riforma ed è possibile che si rivolgano anche alla Corte di Giustizia Europea.

In seguito a un’indagine effettuata dalla Commissione antimafia del parlamento sulle infiltrazioni criminali nel calcio, il governo italiano era già intervenuto a partire dal 2018 per regolare nuovamente il settore dei procuratori e ripristinare l’obbligo di sostenere un esame per abilitarsi alla professione. Il regolamento, ancora in vigore, prevede una prima prova d’esame di carattere generale che va affrontata presso il Comitato Olimpico (CONI) e una seconda prova più specifica organizzata presso la federazione sportiva nella quale si vuole operare come agenti. I procuratori del calcio devono quindi sostenere prima l’esame del CONI e poi quello della FIGC. Per iscriversi agli esami bisogna avere una serie di requisiti. Ad esempio è necessario essere residenti in uno degli stati dell’Unione Europea, aver conseguito almeno un diploma, non aver ricevuto condanne nell’ultimo quinquennio per «delitti non colposi» e per il reato di frode sportiva.

Adesso spetterà alla FIGC decidere come organizzare i prossimi esami e renderli compatibili con il nuovo regolamento della FIFA.