Perché Netflix sembra sempre di più la tv normale

Le serie più originali e ambiziose sono diminuite e sono arrivate anche le pubblicità, perché alla piattaforma adesso interessa un pubblico diverso

(dal film “Robocop”)
(dal film “Robocop”)
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Da tre settimane a capo di Netflix non c’è più il suo fondatore Reed Hastings: è l’ultimo di una serie di cambiamenti e trasformazioni che negli ultimi anni hanno portato la società a diventare qualcosa di molto diverso dalla piattaforma che rappresentava il futuro della televisione. Dopo aver cambiato l’industria audiovisiva, la produzione di contenuti e la maniera in cui sono distribuiti, Netflix sta lentamente diventando simile ai canali televisivi tradizionali, sia quelli gratuiti che quelli via cavo o satellite: cioè la televisione come era prima.

Le ragioni di questa trasformazione hanno a che vedere da una parte con un cambio di strategia imposto dall’inaspettato calo in borsa dello scorso aprile. Dall’altra, sono legate alla necessità di aumentare gli abbonati in un momento in cui il numero massimo di persone disposte a pagare per una piattaforma di streaming sembra essere stato raggiunto, e la concorrenza – da Disney ad Amazon Prime Video – mira più a sottrarre abbonati a Netflix che a conquistarne di nuovi. Il risultato di tutto ciò è che il catalogo di film e serie tv è molto diverso da quello dei primi anni della piattaforma, più simile a quello della tv generalista; e che molte apprezzate serie in corso vengono cancellate, cosa che una volta non succedeva.

Che Netflix stia diventando sempre più simile alla televisione tradizionale lo sostengono molti dei principali analisti del settore. Alcune delle caratteristiche cruciali attraverso le quali la piattaforma si era presentata come una tecnologia “disruptive” – termine usato nel mondo delle start up e delle nuove tecnologie per indicare un servizio o una tecnologia il cui successo è inscindibile dalla distruzione delle strutture che l’hanno preceduta – infatti non esistono più.

Nell’autunno Netflix ha introdotto un nuovo livello di abbonamento che prevede di poter pagare meno (5,49€ al mese invece di 7,99€) accettando di vedere gli spot pubblicitari, una cosa che in passato l’azienda aveva detto non sarebbe mai successa e che rientra tra i principali modelli di business della vecchia televisione. Per poter vendere spazi pubblicitari Netflix ha anche deciso di far rilevare i dati di visione dei propri programmi da Nielsen, la società che calcola gli ascolti televisivi americani. A lungo una delle caratteristiche più originali della piattaforma era di non diffondere alcun dato riguardo agli spettatori dei propri contenuti, nemmeno a chi quei contenuti li aveva prodotti. E infine, Netflix ha smesso di produrre gran parte delle serie originali e coraggiose per le quali era diventata famosa.

Sono state molte le serie tv la cui produzione è stata interrotta nel 2022, e tra queste ce ne sono sia alcune che avevano registrato buoni risultati in termini di ore viste, sia altre che, sebbene avessero minor successo, erano state acclamate dalla critica. Proprio questo era un obiettivo importante per Netflix agli esordi: non tanto accumulare visualizzazioni, ma far parlare dei propri contenuti sulla stampa e sui social network. Per quasi un decennio Netflix ha avuto come strategia quella di vincere premi e creare contenuti che facessero parlare di sé, così che fossero gli stessi spettatori il proprio principale mezzo pubblicitario.

Tutte le piattaforme di streaming per anni si sono presentate come in diretta opposizione ai canali televisivi tradizionali, proponendo contenuti radicalmente differenti. Per riuscirci Netflix ha investito prima di tutto in produzioni fuori dal comune, molto sofisticate e quindi anche costose, tra cui alcuni grandissimi successi come House of Cards, BoJack Horseman, Orange Is the New Black, Master of None, Mindhunter, The Crown. Da un certo punto in poi ha avuto in licenza anche serie amatissime e celebrate dalla critica prodotte da altri network, per esempio Breaking Bad e Better Call Saul di AMC, che ha distribuito in tutto il mondo. Questa strategia è stata un successo non solo per Netflix, ma per tutte le principali piattaforme, che hanno attirato un vasto pubblico insoddisfatto della televisione tradizionale.

Già prima del 2022 si era però avvertito un cambio di direzione, quando serie più tradizionali come Stranger Things o La regina degli scacchi avevano iniziato a emergere come le più viste. Il pubblico di Netflix era cresciuto così tanto da iniziare a includere una parte importante di spettatori non così tanto insoddisfatti della tv tradizionale, e quindi meno inclini a vedere prodotti particolari, inusuali o anche solo radicali nella proposta di violenza, sessualità e antieroismo, tre caratteristiche che erano state cruciali in quel processo di differenziazione della prima fase della piattaforma.

Quando nel 2022 Netflix aveva annunciato, per la prima volta nella sua storia, un calo di abbonati invece del solito aumento, le azioni erano crollate e il cambiamento in corso aveva accelerato.

Durante la pandemia e i diversi lockdown mondiali del 2020, Netflix aveva registrato un grosso aumento degli abbonati, così netto e imprevisto da spingere lo stesso Hastings a sostenere che fosse vicino il limite delle persone interessate a pagare una somma mensile per vedere film e serie tv. Hastings aveva previsto quindi che da quel momento in poi la crescita avrebbe rallentato. Il calo del 2022 è sembrato in linea con questa previsione.

Nonostante Netflix fosse una società sana dal punto di vista del bilancio e dei ricavi, a seguito dell’annuncio di quella prima perdita di abbonati il titolo aveva perso quasi il 40% del proprio valore. La ragione fu che, non avendo metri per valutare l’andamento dei suoi prodotti (perché Netflix non aveva mai divulgato dati sugli spettatori delle sue serie e dei suoi film), la borsa aveva deciso che il valore della piattaforma era proporzionale alla capacità di aumentare gli abbonati.

Diventato poco conveniente quel metro, Netflix ha quindi annunciato di non ambire più ad aumentare gli abbonati, ma semmai di voler lavorare per massimizzare i profitti, nella speranza che diventi quello il dato su cui viene valutata. Nel finale del 2022 gli abbonati sono tornati comunque ad aumentare, e Netflix ha anche potuto dichiarare un aumento dei ricavi, con ottime conseguenze per il suo titolo in borsa.

La decisione di un livello di abbonamento a prezzo ridotto con pubblicità è tuttavia solo uno dei rimedi annunciati: anche la fine della possibilità di condividere degli account è da tempo stata annunciata come una novità che verrà presto introdotta in tutto il mondo. Tutte le piattaforme di streaming consentono a più persone di condividere il medesimo abbonamento ma Netflix, dopo DAZN, sarà tra le prime a imporre di non condividere un account fuori dal nucleo familiare, molto probabilmente legandolo alla rete wifi usata per fruirne. La decisione moltiplicherà gli abbonati da un lato (perché da un abbonamento condiviso ne potranno derivare due diversi) e dall’altro porterà molti a non rinnovarlo e disdire: bisognerà vedere quale sarà il bilancio finale. Le ragioni del ritardo nell’attuazione di questa decisione ormai presa stanno proprio nella difficoltà nel mettere a punto una strategia comunicativa e una serie di alternative che limitino le perdite.

La cancellazione di serie particolari e strane, molto amate dalla critica, come 1899, scritta dagli stessi creatori di Dark (che fu un grande successo sempre su Netflix) e finita tra le 10 più viste nelle prime settimane di pubblicazione, è un buon esempio della nuova politica: meno serie bizzarre e più produzioni rassicuranti e formulaiche (cioè più aderenti alle strutture base dei generi cui appartengono, più convenzionali). Le ragioni precise della cancellazione non sono note ma le voci più accreditate parlano di costi eccessivi e di uno scarso tasso di completamento: molti la iniziavano ma solo la metà la finiva.

Anche Midnight Gospel, serie animata caratterizzata da disegni psichedelici e dialoghi esistenziali e un po’ mistici, è stata cancellata nel 2022 nonostante avesse molto fatto parlare di sé, esattamente ciò che anni prima ne avrebbe garantito la sopravvivenza. Tra le molte lo stesso destino è toccato a Fate: The Winx Saga, serie in live action (cioè con attori in carne ed ossa) tratta dal cartone animato Winx Club dell’italiana Rainbow.

La pratica di cancellare produzioni che funzionano meno può sembrare molto comune, ma in realtà per molti anni Netflix aveva affermato tramite uffici stampa e reparti marketing di non ragionare in base alle visualizzazioni e di non cancellare le serie solo per l’eventuale scarso successo. Sosteneva invece di dare più importanza a quanto gli spettatori di ogni contenuto lo apprezzassero, scegliendo in questo modo di tenere sulla piattaforma anche produzioni dal pubblico piccolo, se molto affezionato.

Anche la divisione italiana di Netflix ha seguito il medesimo indirizzo di quella mondiale. Il 23 giugno del 2020 è stato dato l’annuncio dell’assunzione di Eleonora Andreatta come vicepresidente dei contenuti italiani, la carica più importante per la divisione italiana della società. In precedenza Andreatta era stata per più di 20 anni a capo di Rai Fiction, quindi la principale responsabile della produzione seriale per la RAI.

Quella mossa fu vista già all’epoca come il segno del desiderio di estendere il pubblico di Netflix per comprendere anche quello più generalista. L’esigenza di Netflix di iniziare a pubblicizzarsi, dopo che per anni non aveva avuto bisogno dei canali tradizionali di marketing per aumentare i propri abbonati, ha portato anche in Italia a spot pubblicitari più tradizionali su canali in teoria concorrenti come le reti generaliste – alcuni sono andati in onda anche durante il Festival di Sanremo – che mirano a normalizzare il servizio e a promuoverlo come un prolungamento della televisione tradizionale.