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  • Venerdì 10 febbraio 2023

Sulle concessioni balneari il governo vuole fare di testa sua

Vuole di nuovo prorogarle, nonostante gli impegni presi con l'Unione Europea e una sentenza contraria del Consiglio di Stato

Uno stabilimento balneare a Gallipoli, in Puglia (Marco Verri/LaPresse)
Uno stabilimento balneare a Gallipoli, in Puglia (Marco Verri/LaPresse)
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Giovedì la commissione Affari costituzionali e Bilancio del Senato ha approvato alcuni emendamenti al decreto “Milleproroghe” che intervengono sulla questione molto discussa delle concessioni pubbliche agli stabilimenti balneari. La decisione più importante è quella di prorogarle di nuovo di un anno, fino al 31 dicembre del 2024, ma è anche molto problematica per diverse ragioni: da una parte perché andrebbe contro gli impegni presi dal governo con l’Unione Europea per liberalizzare le concessioni, rimettendole a gara, dall’altra perché una sentenza del Consiglio di Stato aveva stabilito che le proroghe non potessero andare oltre la fine del 2023.

In Italia le concessioni balneari vengono prorogate quasi automaticamente da decenni agli stessi proprietari, peraltro con affitti molto bassi: le spiagge però sono beni di proprietà statale, e come tali dovrebbero essere assegnate attraverso gare pubbliche periodiche, con regole equilibrate e pubblicità internazionale. È un tema di cui si discute da tempo, e durante la campagna elettorale la coalizione di destra che oggi è al governo aveva promesso di tutelare le imprese del settore balneare, che naturalmente hanno interessi a mantenere il proprio privilegio: concessioni assegnate senza gara e a costi bassi, in un settore molto redditizio.

Il decreto Milleproroghe è un provvedimento che viene approvato quasi ogni anno, alla fine dell’anno, per prorogare scadenze di legge vicino al termine di cui il parlamento non è riuscito a occuparsi. Di solito finisce col contenere un po’ di tutto. Nel 2022 il Milleproroghe era stato approvato a fine dicembre, e trattandosi di un decreto-legge il parlamento ha 60 giorni di tempo per convertirlo in legge, cioè fino al prossimo 27 febbraio: nel frattempo sono stati inseriti diversi emendamenti, tra cui quelli approvati giovedì che riguardano le concessioni balneari. Se il governo non cambierà di nuovo idea, quindi, entreranno in vigore tra poco più di due settimane.

– Leggi anche: Cosa sono e cosa fanno le commissioni parlamentari

Oltre all’emendamento che proroga le concessioni fino al 31 dicembre del 2024 ce ne sono altri due: uno proroga di cinque mesi la scadenza per la mappatura delle concessioni, cioè lo strumento con cui si raccolgono i dati su tutte le concessioni esistenti (quelli già a disposizione però sono piuttosto aggiornati, visto che risalgono a maggio del 2021); l’altro istituisce un “tavolo di discussione” (cioè una serie di riunioni) tra il governo e gli operatori del settore per parlare di tutte le questioni che riguardano le concessioni. Non c’è in ballo solo la liberalizzazione, infatti, ma anche una rinegoziazione dei canoni di affitto pagati dai gestori, che ora generalmente sono di pochi euro al metro quadro.

Anche quest’ultimo emendamento è visto da molti come problematico, perché le discussioni non comprendono l’Anci, l’associazione nazionale dei comuni, che sono una parte in causa importante perché spetta a loro bandire eventuali gare per le concessioni.

Nel 2006, 17 anni fa, la Commissione Europea approvò la cosiddetta direttiva Bolkestein, che stabiliva che i governi degli stati membri dovessero liberalizzare le concessioni pubbliche. Da allora il problema è stato rinviato molte volte, ma ora si è arrivati a un punto in cui una decisione potrebbe non essere più rimandabile: nel 2020 infatti la Commissione europea aveva avviato una procedura di infrazione contro l’Italia perché non era ancora intervenuta sulle concessioni, e entro qualche mese si esprimerà sul tema anche la corte di Giustizia dell’Unione Europea, che potrebbe rendere immediatamente effettiva la direttiva Bolkestein facendo diventare abusivi i gestori di stabilimenti balneari fino a una nuova gara pubblica.

L’intervento della corte di Giustizia dell’Unione Europea era stato chiesto dal Tar (tribunale amministrativo regionale) di Lecce: tra i quesiti posti alla corte, il più rilevante chiede se la direttiva Bolkestein sia da considerarsi o meno vincolante.

L’altro problema di un’eventuale ulteriore proroga delle concessioni riguarda una sentenza del novembre del 2021 del Consiglio di Stato, l’organo di secondo grado della giustizia amministrativa italiana, che aveva imposto in qualsiasi caso la fine delle attuali concessioni balneari al 31 dicembre del 2023. La sentenza diceva chiaramente che dopo quella data «tutte le concessioni demaniali in essere dovranno considerarsi prive di effetto» e delegittimava in anticipo eventuali proroghe: «Si precisa sin da ora che eventuali proroghe legislative del termine così individuato […] dovranno naturalmente considerarsi in contrasto con il diritto dell’Unione e, pertanto, immediatamente non applicabili ad opera non solo del giudice, ma di qualsiasi organo amministrativo».

In sostanza, dal primo gennaio del 2024 il Consiglio di Stato considererà illegittime le concessioni balneari assegnate senza gara, ma nel frattempo una legge (il decreto Milleproroghe da convertire il 27 febbraio) potrebbe averle prorogate: il governo di Giorgia Meloni non ha ancora chiarito come intende affrontare questa incoerenza tra diverse decisioni istituzionali.