Cosa succede al corpo di una persona che fa lo sciopero della fame

L'anarchico Alfredo Cospito sta digiunando da 100 giorni, un tempo lunghissimo e con gravi conseguenze per la sua salute

Alfredo Cospito in collegamento dal carcere il 5 dicembre 2022 per un'udienza (ANSA/TINO ROMANO)
Alfredo Cospito in collegamento dal carcere il 5 dicembre 2022 per un'udienza (ANSA/TINO ROMANO)
Caricamento player

Lo sciopero della fame è una forma di protesta non violenta spesso adottata da chi non ha altri strumenti e possibilità per protestare, come nel caso delle persone detenute. È una pratica che comporta gravi conseguenze per la salute, come dimostra il caso dell’anarchico Alfredo Cospito, che ha iniziato il proprio sciopero della fame il 19 ottobre 2022 nel carcere di Sassari. In oltre tre mesi Cospito, che protesta contro le modalità della propria detenzione con il regime del 41-bis (il cosiddetto “carcere duro”) e per il rischio che la sua condanna a 20 anni di reclusione sia trasformata in ergastolo ostativo, ha perso più di 40 chilogrammi e negli ultimi giorni ha avuto un ulteriore peggioramento delle proprie condizioni.

Angelica Milia, la medica di fiducia di Cospito, nella sua ultima visita ha trovato il proprio assistito indebolito e incapace di rimanere in piedi, con la necessità di ricorrere a una sedia a rotelle. «L’ho trovato con una debolezza muscolare estrema dovuta alla sindrome da assenza di nutrizione, che lo porta a mantenere male la posizione eretta», spiega Milia. Nella sera di mercoledì 25 gennaio, Cospito ha perso conoscenza mentre stava facendo una doccia per provare a scaldarsi, è caduto a terra e ha battuto il viso contro il piatto della doccia rompendosi il naso. Milia ha detto che l’episodio potrebbe portare a ulteriori complicazioni, in una persona con uno stato di salute compromesso.

Come per tutte le cose che interessano le condizioni fisiche, gli effetti dello sciopero della fame sono altamente soggettivi e riguardano le caratteristiche dei singoli e il contesto in cui mantengono questa forma di protesta. Per quanto possa essere organizzato e dotato di un’infermeria, il carcere non è tra i luoghi più sicuri per condurre uno sciopero della fame: a causa del lungo periodo di astinenza dal cibo, le condizioni di salute della persona interessata possono cambiare in brevissimo tempo, e potrebbero non essere presenti risorse e personale idonei a gestire un’emergenza sanitaria. Anche per questo motivo Flavio Rossi Albertini, l’avvocato di Cospito, ha chiesto che il proprio assistito sia spostato in un carcere che abbia una struttura ospedaliera adeguata, in modo da intervenire nel caso di peggioramenti repentini.

Concretamente lo sciopero della fame consiste in un rifiuto totale dell’assunzione di cibo, che duri più giorni. Solo in alcuni e rari casi – e non è quello di Cospito – avviene contemporaneamente anche il rifiuto dell’acqua, astinenza che rende le prospettive di sopravvivenza assai più brevi. Talvolta le persone che fanno lo sciopero della fame assumono almeno per certi periodi degli integratori di vitamine e sali minerali, da sciogliere nell’acqua.

Cospito ha da poco superato il centesimo giorno di sciopero della fame, un periodo molto lungo e ampiamente superiore ai due mesi indicati solitamente come il tempo massimo oltre il quale gli effetti per la salute sono maggiori e spesso irreversibili. Per le ragioni di soggettività cui accennavamo prima, non c’è un tempo di resistenza uguale per tutti e ci sono molte variabili da considerare. In linea di massima le persone in salute sviluppano più tardi complicazioni, così come le persone sovrappeso che hanno maggiori risorse cui l’organismo può attingere per mantenere le proprie attività, con minori danni per gli organi.

Milia dice che la lunga resistenza di Cospito è in parte spiegata dalle condizioni di salute generalmente buone del suo assistito prima di ottobre, accompagnate dal sovrappeso: «all’inizio del digiuno, Cospito aveva un indice di massa corporea prossimo all’obesità, essendo alto 194 centimetri e avendo un peso di 114 chilogrammi. Ora però pesa meno di 75 chilogrammi e inizia a essere sottopeso. In letteratura scientifica ci sono indicazioni sui rischi che si corrono quando si perde circa il 50 per cento del peso corporeo, con danni che possono essere permanenti».

Entro certi limiti, il nostro organismo è attrezzato per affrontare periodi di digiuno, mentre lo è molto meno per resistere a lungo senza acqua, necessaria per le funzioni del metabolismo e per i sali minerali. Facendo affidamento sulla caccia e la raccolta di vegetali che crescevano spontaneamente, per i primi esseri umani l’alimentazione era quasi sempre discontinua con periodi in cui l’accesso al cibo era molto limitato. Questa circostanza favorì probabilmente quegli individui che del tutto casualmente erano geneticamente meglio attrezzati per sopravvivere a prolungate fasi di digiuno, o comunque a periodi con apporti calorici estremamente ridotti.

Tra i primi a studiare sistematicamente gli effetti del digiuno sul metabolismo ci fu il medico statunitense George F. Cahill, che negli anni Sessanta condusse esperimenti con alcuni volontari, che sospesero la propria alimentazione fino a 40 giorni. Cahill e il proprio gruppo di ricerca ebbero modo di verificare che cosa accade al nostro organismo durante un digiuno prolungato, e soprattutto di studiare da dove riesca a trarre le energie per sopravvivere.

Per mantenere le proprie attività, il nostro organismo ha bisogno di molta energia: il cervello da solo ne consuma circa un quinto. La principale fonte di questa energia è il glucosio, tra i composti organici più diffusi in natura e importantissimo per la vita degli organismi. Viene ottenuto tramite l’alimentazione e consumato molto velocemente, tanto da non averne mai scorte significative cui attingere quando si smette di mangiare. Nei periodi di digiuno, o anche più semplicemente mentre dormiamo, l’organismo ottiene in parte le proprie energie dalla proteine che costituiscono la massa muscolare, con un processo che gli consente di disporre di altro glucosio nel breve termine. È un processo limitato, che evita che si consumino troppo i muscoli, essenziali per rimanere attivi e andare alla ricerca di nuovo cibo.

Il minore apporto di energia, o la sua totale mancanza, viene compensato dalla trasformazione delle riserve di grasso, che è per propria natura altamente energetico. Mentre le proteine sotto forma di muscolo sono molto importanti per il mantenimento di varie funzioni, il grasso può essere sacrificato per produrre energia senza particolari conseguenze. Il grasso viene trasformato (chetogenesi) in “corpi chetonici”, composti che vengono sintetizzati dalle cellule del fegato e che permettono di ridurre il consumo di proteine per la produzione di glucosio, fornendo comunque una fonte di energia.

In generale, i livelli di corpi chetonici nel sangue aumentano ad alcune ore di distanza dall’avvio del digiuno. La loro concentrazione diventa ancora più grande nel caso in cui il digiuno diventi prolungato e duri per svariati giorni. Anche il sistema nervoso centrale, che comprende il cervello, utilizza i corpi chetonici come forma di energia e per diverso tempo riesce a compensare e a funzionare senza particolari difficoltà.

La chetogenesi è uno dei processi fondamentali per garantire la nostra sopravvivenza nei periodi prolungati di digiuno, o più semplicemente quando seguiamo particolari tipi di diete per perdere peso. Basandosi sulla trasformazione dei grassi, ne deriva che una persona molto sovrappeso od obesa possa digiunare più a lungo rispetto a una persona normopeso, come nel caso di Cospito.

La perdita di grasso avviene più rapidamente rispetto a quella della massa muscolare, che comunque in minima parte continua a verificarsi e a rendere più difficile il lavoro di alcuni organi. Ma le risorse di grasso non sono comunque infinite. Quando terminano, il ricorso alla massa muscolare per la produzione di energia aumenta, spiega Milia: «Terminate le scorte di tessuto adiposo, si avvia quella che in sostanza è un’“autodigestione” che interessa in maniera crescente non solo i muscoli, ma vari organi come l’intestino e il fegato».

Riuscire a sopravvivere a lungo senza nutrirsi non implica che nel frattempo non avvengano altri processi dannosi per la salute. Dopo un paio di settimane dall’inizio del digiuno si possono accusare fasi in cui si avvertono debolezza e un certo stordimento, accompagnato dalla difficoltà a rimanere in piedi e a compiere attività fisiche non necessariamente impegnative, come camminare.

A un mese dall’inizio del digiuno, o nel momento in cui si perde circa un quinto della propria massa corporea, i problemi neurologici aumentano a causa della mancanza di alcune vitamine che deriviamo dall’alimentazione. Si manifestano le prime difficoltà motorie perché il sistema nervoso non riesce a gestire correttamente i segnali, si possono avere problemi di vista e di udito. Il fegato è sottoposto a un forte stress, legato al processo di trasformazione dei grassi, e i reni faticano a ripulire il sangue.

Dopo due mesi o una perdita ancora consistente di peso, possono subentrare numerose altre complicazioni, come mostra anche il caso di Alfredo Cospito che ha ormai raggiunto il terzo mese di sciopero della fame. Il normale metabolismo viene compromesso e risultano meno efficienti i processi di termoregolazione, cioè la capacità di regolare la temperatura corporea. Semplificando, la fonte principale del calore prodotto dal corpo umano è il lavoro svolto dalle cellule, la cui attività rallenta in una fase di lunga e prolungata astinenza dal cibo.

Il risultato è una sensazione costante di freddo, accompagnata da brividi e tremori. Milia ha detto che Cospito riferisce di non riuscire a placare la sensazione di freddo nemmeno utilizzando più strati di abiti. Non è chiaro se ci siano possibilità di aumentare la temperatura nella cella per ridurre il problema. Per questo motivo il 25 gennaio Cospito aveva provato a farsi una doccia provando a scaldarsi. Dopo avere perso i sensi ed essere caduto fratturandosi il naso, era stato temporaneamente portato in pronto soccorso per ricevere le prime cure di emergenza e bloccare la perdita di sangue.

Molte settimane di digiuno causano inoltre problemi nella produzione delle proteine del sangue, che hanno un ruolo molto importante per numerose funzioni legate al sistema immunitario, ma anche alla stessa capacità del sangue di coagularsi. La minore produzione non è dovuta solamente alla mancanza delle sostanze necessarie per produrle, ma anche all’attività di recupero di glucosio partendo dalle proteine. Milia dice che Cospito ha da diversi giorni problemi di questo tipo, con una forte riduzione delle cellule del sistema immunitario, che non ha le risorse necessarie per il proprio funzionamento.

Dall’alimentazione otteniamo inoltre importanti minerali come il sodio, tra i più abbondanti nel nostro organismo: in una persona adulta sono presenti nel sangue, nel tessuto osseo, in quello cartilagineo e nei tessuti connettivi circa 90 grammi di questa sostanza. Una parte consistente è diffusa soprattutto nei liquidi extracellulari e ha un ruolo molto importante per regolare il passaggio dei nutrienti all’interno e all’esterno delle cellule.

Insieme ad altre sostanze, il sodio contribuisce inoltre alla trasmissione degli impulsi nervosi. Una forte carenza, derivante da un lungo digiuno, compromette queste funzionalità e può portare a rischi di vario tipo, compresi quelli di sviluppare edemi cerebrali, cioè un accumulo di liquidi in parte del cervello che ostacola il flusso sanguigno e di conseguenza l’ossigenazione dei neuroni, con danni potenzialmente molto gravi. Nelle visite effettuate negli ultimi giorni, Milia ha riscontrato una sensibile riduzione dei livelli di sodio di Cospito.

Ci sono vari altri minerali che deriviamo dall’alimentazione e che sono essenziali per il buon funzionamento dell’organismo, come il potassio presente in frutta, verdura e legumi. Contribuisce al funzionamento dei muscoli, compreso il cuore, e ha un importante ruolo nel regolare la pressione sanguigna, contrastando gli effetti del sodio. Bassi livelli di potassio fanno aumentare il rischio di soffrire di malattie cardiovascolari, oltre che comportare debolezza muscolare e una generale sensazione di malessere.

La somma di tutte queste circostanze ha effetti sulle capacità cognitive, con amnesie a breve termine e più in generale conseguenze sulle condizioni psicologiche di chi sta facendo lo sciopero della fame. Compatibilmente con la situazione, Milia segnala che per ora Cospito mantiene comunque buona parte delle proprie capacità mentali: «Fondamentalmente parla in maniera spedita, non si riscontrano deficit, anche se riferisce di avere ogni tanto qualche amnesia a breve termine». Ha però smesso di assumere alcuni integratori di minerali che gli erano stati consigliati, con l’aggiunta di ulteriori rischi per la sua salute ormai precaria.

Oggi la Corte di Cassazione ha anticipato al 7 marzo l’udienza sul ricorso di Cospito, richiesta per non essere più sottoposto al regime del 41-bis, rispetto alla data prevista in precedenza del 20 aprile. Milia aveva ipotizzato che per quel giorno Cospito non sarebbe più stato in vita. La nuova data dell’udienza è stata comunque ritenuta troppo avanti nel tempo, considerate le attuali condizioni di Cospito. Fare previsioni sull’evoluzione dello stato di salute di una persona che si è sottoposta a un digiuno di mesi è pressoché impossibile, perché può essere sufficiente un’infezione imprevista, un evento traumatico o l’ulteriore sbilanciamento di alcuni valori per determinare un peggioramento improvviso.

Il processo di recupero di energie dagli organi stessi di Cospito è ciò che viene osservato con più attenzione da Milia: «È pericoloso perché può via via intaccare i muscoli respiratori, che sono responsabili del riempimento e dello svuotamento dei polmoni. Il loro indebolimento può portare a una insufficienza respiratoria grave e alla morte».