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  • Mercoledì 25 gennaio 2023

Le condizioni di Alfredo Cospito sono sempre più gravi

L'avvocato dell'anarchico che sta facendo lo sciopero della fame ne chiede il trasferimento in un carcere dotato di ospedale

Una scritta a Napoli in sostegno di Alfredo Cospito (ANSA / CIRO FUSCO)
Una scritta a Napoli in sostegno di Alfredo Cospito (ANSA / CIRO FUSCO)
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Le condizioni di salute di Alfredo Cospito, il detenuto anarchico che sta conducendo uno sciopero della fame dal 19 ottobre nel carcere di Sassari, sono sempre più gravi. Dall’inizio della protesta all’ultima visita medica era dimagrito di 42 chili e il suo avvocato, Flavio Rossi Albertini, ha chiesto che venga urgentemente spostato in un carcere dotato di struttura ospedaliera in modo da poter intervenire nel caso in cui le condizioni di salute del detenuto portassero a una crisi improvvisa.

Cospito protesta perché da aprile, dopo aver già scontato sei anni di detenzione, era stato sottoposto al regime detentivo del 41-bis, il cosiddetto “carcere duro” che prevede diverse pesanti restrizioni. Inoltre, protesta perché la sua condanna a vent’anni di reclusione rischia di trasformarsi in ergastolo ostativo, cioè l’ergastolo che non prevede la possibilità di accedere ai benefici di legge, e che non può essere né abbreviato né convertito in pene alternative.

La dottoressa Angelica Milia, autorizzata a visitare Cospito in carcere, ha detto di avergli sconsigliato di uscire per l’ora d’aria, viste le sue condizioni. La stessa dottoressa ha ricevuto, il 24 gennaio, una diffida da parte del Dap, Dipartimento amministrazione penitenziaria, affinché non rilasci più interviste a Radio Onda d’Urto, una storica radio indipendente che sostiene la protesta di Cospito e le iniziative che vengono organizzate in suo sostegno. Questo è il testo della diffida:

Visto quanto segnalato dal direttore generale della D.G.D.1., con nota pervenuta a questa Direzione il 20 gennaio, la dottoressa Milia viene diffidata a rilasciare a seguito delle visite, dichiarazioni all’emittente radio Onda d’Urto, al fine di non vanificare le finalità del regime di cui all’ex art. 41 bis Ordinamento Penitenziario. Ulteriori dichiarazioni rese in tal senso, potranno indurre a valutare la revoca dell’autorizzazione all’accesso in Istituto.

Angelica Milia, parlando con i giornalisti, ha detto: «Io mi sono sempre limitata a esternare le condizioni di Alfredo Cospito da quando ha iniziato lo sciopero della fame, non mi sono mai pronunciata su quelle che sono le condizioni carcerarie nelle quali vive. Una volta abbiamo parlato dello spazio ristretto nel quale lui prendeva l’ora d’aria ma al di là di questo niente, perché il detenuto mi viene portato in infermeria e di fatto io non ho mai visto la cella, è lui che me ne ha parlato». Milia ha comunque ricevuto l’autorizzazione dal Dap a effettuare una nuova visita a Cospito giovedì 26 gennaio. Radio Onda d’Urto ha replicato al Dap scrivendo:

Si tratta di un provvedimento gravissimo, un attacco che non riguarda solo la nostra emittente (che trasmette dal 1985 come testata giornalistica regolarmente iscritta al Tribunale di Brescia) ma più in generale la libertà di informazione e che denota un accanimento repressivo-carcerario contro il detenuto, di cui pare acclarato non si vogliano far conoscere le condizioni di salute sempre più critiche, unico oggetto delle interviste rilasciate dalla dottoressa Milia a Radio Onda d’Urto. 

La diffida riguarda esclusivamente le interviste che la dottoressa potrebbe dare a Radio Onda d’Urto, mentre non si fa alcun cenno ad altri organi di stampa.

Intanto sta aumentando il numero di persone che chiedono un intervento del ministro della Giustizia Carlo Nordio perché venga sospeso il regime del 41-bis per il detenuto. Due giorni fa il consiglio comunale di Torino ha approvato, con un solo astenuto, un ordine del giorno presentato dal consigliere Silvio Viale che, pur senza entrare nel merito della vicenda giudiziaria, chiede al ministro della Giustizia di rispondere in tempi brevissimi all’istanza presentata per ottenere la revoca del 41-bis. Per Viale, la sospensione della misura «è una soluzione necessaria per evitare un ulteriore peggioramento delle condizioni di salute di Cospito, attraverso la concreta applicazione dell’articolo 27 della Costituzione». L’articolo costituzionale dice:

La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.

Sulla situazione di Cospito è intervenuta anche Amnesty International con un comunicato:

Alfredo Cospito è arrivato a quasi 100 giorni di sciopero della fame. Ribadiamo che è dovere delle autorità italiane adempiere agli obblighi di protezione e rispetto dei diritti umani del detenuto, tenendo anche conto delle dure condizioni del regime del 41-bis cui è sottoposto.

Alcuni giorni fa un gruppo di giuristi e intellettuali, tra cui Gherardo Colombo, Giovanni Maria Flick, Massimo Cacciari, don Luigi Ciotti e padre Alex Zanotelli, aveva firmato un appello affinché a Cospito venisse revocato il carcere duro. Domenica sera Massimo Cacciari, in collegamento con la trasmissione Non è l’Arena di La7, ha detto: «Cospito è un anarchico, non è un mafioso. Il 41-bis è una misura delicatissima, che per non diventare misura giustizialista contraria allo spirito delle nostre leggi e della nostra costituzione va applicata con estrema intelligenza ed estrema misura. Inoltre, un ergastolo ostativo nei confronti di un anarchico, che pur ha compiuto un gravissimo atto come mettere una bomba, che per fortuna non ha provocato né morti né feriti, ed è sottoposto al 41-bis esattamente come i più pericolosi tra i mafiosi, mi sembra una cosa aberrante. Faccio un appello al ministro Nordio, che stimo, perché faccia finire questo scandalo».

Il 41-bis è da molto tempo oggetto di polemiche. Venne inserito nella sua forma attuale nell’ordinamento penitenziario italiano dopo le stragi mafiose del 1992 in cui vennero uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’applicazione del 41-bis nel caso di Cospito indica di fatto che i rapporti tra lui e i suoi compagni del movimento anarchico sono considerati dalla magistratura paragonabili a quelli tra appartenenti a gruppi della criminalità organizzata.

In generale, il provvedimento secondo molti dovrebbe essere abolito perché si tratterebbe di uno strumento incostituzionale e contrario alla finalità rieducativa della pena. Per altri si tratta invece di una misura indispensabile per contrastare le organizzazioni mafiose e terroristiche. C’è chi poi non ne chiede la completa abolizione, ma sostiene che vada applicato esclusivamente per il motivo che portò alla sua introduzione: impedire cioè che i capi mafiosi continuino, dal carcere, a comunicare con la propria organizzazione e a dare quindi ordini. Il regime di 41-bis prevede infatti una serie di misure estremamente restrittive tra cui l’isolamento nei confronti degli altri detenuti, la limitazione dell’ora d’aria (solo due ore e anch’esse in isolamento), la limitazione dei colloqui (solo con i familiari, con un vetro divisorio e senza possibilità di contatto fisico), il visto di controllo della posta in entrata e in uscita, la privazione di giornali e libri.

Alfredo Cospito ha 55 anni e si riconosce nella Fai-Fri, Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario internazionale. È la stessa sigla della Fai, Federazione anarchica italiana, ma mentre quest’ultima condanna la violenza indiscriminata come metodo di lotta, la Federazione anarchica informale invoca la lotta armata contro lo Stato. La Fai a cui aderisce Cospito è composta da cellule diverse in vari paesi che agiscono in maniera del tutto autonoma. 

Nel 2013 Cospito fu condannato a dieci anni e otto mesi di carcere per aver ferito a Genova, con colpi di pistola alle gambe, il dirigente dell’Ansaldo Roberto Adinolfi. Quando era già in carcere venne accusato di aver posizionato, nella notte ​​tra il 2 e il 3 giugno 2006, due pacchi bomba davanti alla scuola allievi dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. L’esplosione non causò né morti né feriti. 

Per quell’attentato venne condannato a 20 anni di carcere e fu inserito nel circuito penitenziario ad alta sicurezza previsto per reati di tipo associativo che sono sottoposti a sorveglianza più stretta e che comprende limitazioni ma salvaguarda alcune garanzie e diritti: Cospito poteva per esempio scrivere per pubblicazioni di area anarchica, cosa che ha continuato a fare. Nel 2022, dopo sei anni di detenzione, il ministero della Giustizia ha però deciso di sottoporlo al regime di 41-bis.

Secondo il suo avvocato questa decisione fu presa senza che «fosse intervenuto alcun fatto nuovo». Secondo il ministero della Giustizia a Cospito doveva essere applicato il 41-bis in seguito ai «numerosi messaggi che, durante lo stato di detenzione, ha inviato a destinatari all’esterno del sistema carcerario; si tratta di documenti destinati ai propri compagni anarchici, invitati esplicitamente a continuare la lotta, particolarmente con mezzi violenti ritenuti più efficaci».

L’altra misura contro cui Alfredo Cospito ha intrapreso lo sciopero della fame è la possibilità che la sua pena venga tramutata in ergastolo ostativo, che come abbiamo detto non può essere né abbreviata né convertita in pene alternative. Per gli attentati di Fossano, Cospito fu condannato in primo e secondo grado a 20 anni di carcere in base all’articolo 422 del codice penale, e cioè strage comune (non esiste il reato di tentata strage). La Corte di cassazione a maggio ha però ritenuto, su richiesta del procuratore generale, cioè dell’accusa, che il reato per cui Cospito dovesse essere giudicato non era quello di strage comune, bensì di “strage politica” secondo l’articolo 285 del codice penale. La “strage politica” è considerata più grave, prevede la pena dell’ergastolo ed è un reato ostativo, che esclude cioè la possibilità di accedere ai benefici previsti dalla legge a meno che non si collabori con la giustizia.

L’avvocato Flavio Rossi Albertini ha spiegato che sia per la stragi di Capaci e di via D’Amelio del 1992, sia per la strage di Bologna del 1980 venne applicato l’articolo 422, cioè strage comune. Apparirebbe quindi incongruo, secondo l’avvocato, che Cospito venisse ritenuto responsabile di un atto più grave di chi invece causò le stragi mafiose e la strage terroristica alla stazione di Bologna che causò 85 morti.