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  • Mercoledì 28 dicembre 2022

Il caso dell’anarchico Alfredo Cospito, dall’inizio

Chi è e perché le modalità della sua carcerazione stanno provocando una discussione così ampia

Alfredo Cospito ascoltato in videoconferenza dalla Corte d'assise d'appello di Torino il 5 dicembre (ANSA/TINO ROMANO)
Alfredo Cospito ascoltato in videoconferenza dalla Corte d'assise d'appello di Torino il 5 dicembre (ANSA/TINO ROMANO)
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Dal 19 ottobre Alfredo Cospito, militante anarchico insurrezionalista, sta conducendo uno sciopero della fame nel carcere di Sassari. Cospito protesta perché da aprile, dopo aver già trascorso sei anni di detenzione, è sottoposto al regime detentivo del 41-bis, il cosiddetto “carcere duro” che prevede importanti restrizioni, e perché la sua condanna a venti anni di reclusione potrebbe trasformarsi in ergastolo ostativo, cioè l’ergastolo che non prevede la possibilità di accedere ai benefici di legge.

Da settimane il caso è diventato oggetto di dibattito e discussioni, che ruotano intorno alle considerazioni sulla proporzionalità della pena a cui è stato condannato Cospito, responsabile di un attentato risalente a 16 anni fa che non provocò né morti né feriti. Il suo sciopero della fame, di fatto l’unica forma di protesta non violenta a disposizione dei detenuti, ha riportato l’attenzione sulla sua storia e su come vengono applicati in Italia i regimi di detenzione estremi e riservati in teoria a persone molto pericolose, categoria in cui secondo molti non rientra Cospito.

Il 19 dicembre il tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato il reclamo dell’avvocato di Cospito, Flavio Rossi Albertini, contro l’applicazione del 41-bis, e la misura è stata così confermata per i prossimi quattro anni. La motivazione citata dal tribunale è stata che «lo status detentivo ordinario, anche in regime di alta sicurezza, non consente di contrastare adeguatamente l’elevato rischio di comportamenti orientati all’esercizio da parte di Alfredo Cospito del suo ruolo apicale nell’ambito dell’associazione di appartenenza».

Il 41-bis, insomma, è stato prolungato perché il tribunale di sorveglianza ritiene ci sia il rischio che Cospito dia ordini agli altri membri della sua organizzazione anarchica: e il carcere duro, che infatti viene applicato soprattutto contro detenuti condannati per mafia, serve proprio a impedire che i boss criminali comunichino all’esterno. Ma sul fatto che Cospito possa essere considerato pericoloso, e soprattutto pericoloso come un boss mafioso, circolano estesi dubbi.

Il 41-bis è da molto tempo oggetto di discussioni. In molti ne chiedono l’abolizione considerandolo uno strumento anticostituzionale e contrario alla finalità rieducativa della pena. Per altri invece è ancora uno strumento indispensabile per contrastare le organizzazioni mafiose e terroristiche. Venne inserito nella sua forma attuale nell’ordinamento penitenziario italiano dopo le stragi mafiose del 1992 in cui vennero uccisi i giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. L’applicazione del 41-bis nel caso di Cospito indica di fatto che i rapporti tra lui e i suoi compagni del movimento anarchico sono considerati dalla magistratura paragonabili a quelli che intercorrono tra appartenenti a gruppi della criminalità organizzata.

Cospito ha 55 anni, è nato a Pescara ma viveva a Torino con la sua compagna, Anna Beniamino, anche lei in carcere, titolare di un negozio di tatuaggi nella zona di San Salvario. Entrambi si riconoscono nella Fai-Fri, Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario internazionale, da non confondere con la Federazione anarchica italiana: entrambe hanno la stessa sigla, Fai, ma mentre la Federazione anarchica italiana condanna la violenza indiscriminata come metodo di lotta, la Federazione anarchica informale invoca la lotta armata contro lo Stato, contro il capitale e contro il marxismo che viene considerato propugnatore di autoritarismo oppressivo.

La Fai a cui aderisce Cospito è composta da cellule diverse in vari paesi che agiscono in maniera del tutto autonoma, e si definisce informale perché sostiene di non avere struttura gerarchica o associativa. L’avvocato Rossi Albertini ha detto parlando a Radio Radicale: «A mio parere, i giudici del tribunale di sorveglianza non hanno compreso in alcun modo la specificità della fenomenologia sulla quale stavano intervenendo equiparandola alla criminalità organizzata, a strutture gerarchizzate, a ruoli di capi e organizzatori quando neppure la corte d’assise di primo grado che per prima ha ritenuto che la Fai fosse un’organizzazione, con mille distinguo, ha ritenuto che Cospito fosse capo di alcunché. È un ossimoro, una contraddizione, pensare che una struttura orizzontale, come è stata ritenuta dagli stessi giudici di Torino, possa avere un capo». 

Cospito durante il processo per il ferimento di Roberto Adinolfi, dirigente dell’Ansaldo (ANSA/LUCA ZENNARO)

Nel 2013 Cospito fu condannato a dieci anni e otto mesi di carcere per aver ferito a Genova, con colpi di pistola alle gambe, il dirigente dell’Ansaldo Roberto Adinolfi. Quando era già in carcere venne accusato di aver posizionato, nella notte ​​tra 2 e 3 giugno 2006, due pacchi bomba davanti alla scuola allievi dei carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo. L’esplosione non causò né morti né feriti. Entrambe le bombe, che esplosero a mezz’ora di distanza l’una dall’altra, erano state realizzate con una pentola a pressione e un tubo di metallo con dentro 800 grammi di polvere pirica.

Al processo che si svolse a Torino i giudici riconobbero la Fai-Fri come associazione terroristica, basandosi su quello che l’avvocato di Cospito definisce «un documento che sarebbe stato una sorta di verbale di una riunione in cui otto persone facevano un consuntivo delle attività svolte dalla Federazione anarchica informale». Cospito e Anna Beniamino vennero condannati a 20 e 16 anni di carcere secondo l’articolo 422 del codice penale: «Chiunque (…) al fine di uccidere compie atti tali da porre in pericolo la pubblica incolumità è punito, se dal fatto deriva la morte di più persone, con l’ergastolo. Se è cagionata la morte di una sola persona, si applica l’ergastolo. In ogni altro caso si applica la reclusione non inferiore a quindici anni».

I giudici, nelle motivazioni della sentenza d’appello, scrissero che solo per mera casualità l’attentato non aveva causato vittime. Il lasso di tempo tra prima e seconda bomba, scrissero i giudici, «sarebbe stato più che sufficiente ad assicurare la presenza sul posto di personale incaricato dei primi rilievi». 

Dopo la condanna Cospito venne inserito nel circuito penitenziario ad alta sicurezza in cui sono riuniti i detenuti per reati di tipo associativo che sono sottoposti a sorveglianza più stretta e che prevede limitazioni ma salvaguarda alcune garanzie e diritti: Cospito poteva per esempio scrivere per pubblicazioni di area anarchica, cosa che ha continuato a fare. Dopo sei anni, nel 2022, il ministero della Giustizia ha però deciso di sottoporlo al regime di 41-bis «senza che,», spiega il suo avvocato, «sia intervenuto alcun fatto nuovo».

La ministra della Giustizia Marta Cartabia giustificò l’applicazione del 41-bis a Cospito con i «numerosi messaggi che, durante lo stato di detenzione, ha inviato a destinatari all’esterno del sistema carcerario; si tratta di documenti destinati ai propri compagni anarchici, invitati esplicitamente a continuare la lotta contro il dominio, particolarmente con mezzi violenti ritenuti più efficaci». Secondo la versione del ministero della Giustizia, insomma, Cospito non mandò quindi questi messaggi in forma segreta o nascosta, ma attraverso testi pubblicati su riviste anarchiche. Per questo, dice il suo avvocato, per impedire queste comunicazioni era sufficiente attuare un controllo più stretto sulla corrispondenza, o emettere uno specifico provvedimento per quello specifico reato.

«Invece, a sei anni di distanza dalla condanna è stata decisa l’applicazione di questo regime detentivo. Cospito è stato trasferito dal carcere di Terni, in cui era detenuto, a quello di Sassari. È il primo anarchico a cui viene applicata questa misura. Lui stesso si definisce anarchico individualista, il che è un’altra contraddizione rispetto al ruolo di capo che gli viene attribuita», dice il legale di Cospito.

Il regime di 41-bis prevede una serie di misure estremamente restrittive tra cui isolamento nei confronti degli altri detenuti, la limitazione dell’ora d’aria (solo due ore e anch’esse in isolamento), la limitazione dei colloqui (solo con i familiari, con un vetro divisorio e senza possibilità di contatto fisico), il visto di controllo della posta in entrata e in uscita, la privazione di giornali e libri.

L’altra misura contro cui Alfredo Cospito ha intrapreso lo sciopero della fame è la possibilità che la sua pena venga tramutata in quella di ergastolo ostativo, cioè la pena senza fine prevista nell’ordinamento penitenziario italiano che “osta” a qualsiasi sua modificazione, e che non può essere né abbreviata né convertita in pene alternative.

Anche in questo caso, per capire come si è giunti a questa possibilità, va analizzato il percorso giudiziario. Per gli attentati di Fossano, Cospito fu condannato in primo e secondo grado a 20 anni di carcere in base all’articolo 422 del codice penale, e cioè strage comune (non esiste il reato di tentata strage). La Corte di cassazione a maggio ha però ritenuto, su richiesta del procuratore generale, cioè dell’accusa, che il reato per cui Cospito doveva essere giudicato non era quello di strage comune, bensì di “strage politica”. Più precisamente che dovesse essere applicato l’articolo 285 del codice penale: 

«Chiunque allo scopo di attentare alla sicurezza dello Stato, commette un fatto diretto a portare la devastazione, il saccheggio o la strage nel territorio dello Stato o in una parte di esso è punito con l’ergastolo».

Tra i due articoli del codice penale non c’è una differenza solo formale: il 285 prevede la pena dell’ergastolo anche se l’attentato non ha causato vittime. Inoltre, la gravità del reato rende probabile l’applicazione dell’ergastolo ostativo, che interviene automaticamente per reati particolarmente gravi escludendo la possibilità di accedere ai benefici, a meno che non si decida di collaborare con la giustizia. 

Sia per le stragi di Capaci e di via d’Amelio sia, ancora prima, per la strage di Bologna del 1980, che causò 80 vittime, venne applicato l’articolo 422, e cioè strage comune. Secondo l’avvocato di Cospito non ha senso che l’attentato di Fossano, che non provocò morti e feriti, venga ritenuto addirittura più grave.

La Cassazione, accogliendo perciò la richiesta del procuratore, aveva chiesto che venisse rideterminata la pena rimandando gli atti alla Corte d’assise d’appello di Torino, che però non ha preso decisioni e all’inizio di dicembre ha deciso di far intervenire la Corte costituzionale. Il procuratore generale aveva chiesto per Cospito l’ergastolo con 12 mesi di isolamento diurno, e la condanna a 27 anni e un mese per Anna Beniamino. I giudici di Torino, però, chiedono alla Corte costituzionale se sia possibile, come hanno sostenuto gli avvocati difensori, applicare l’attenuante della particolare tenuità del fatto al caso di Cospito.

A Cospito viene infatti contestata la recidiva reiterata specifica (ha commesso più volte lo stesso reato) e quindi teoricamente non si potrebbe fare un bilanciamento, cioè la procedura con cui vengono considerate le attenuanti e le aggravanti relative a un reato per determinare se la pena debba essere alleggerita o inasprita. In assenza di questo bilanciamento, per Cospito la pena sarebbe quella dell’ergastolo, come chiesto dalla procura generale. Ma gli avvocati di Cospito hanno chiesto alla Corte costituzionale di giudicare se sia costituzionale la norma che impedisce l’applicazione dell’attenuante di lieve entità se l’imputato è considerato recidivo. Dalla loro decisione dipenderà anche l’applicazione o meno dell’ergastolo ostativo.

Una manifestazione a sostegno di Alfredo Cospito (Ansa)

Se per quanto riguarda l’ergastolo ostativo le speranze di Cospito sono affidate alla Corte costituzionale, per quanto riguarda l’eventuale revoca del 41-bis l’unica possibilità è affidata al ricorso che l’avvocato Rossi Albertini presenterà alla Cassazione. «Ma i tempi», spiega, «mal si conciliano con lo sciopero della fame condotto dal detenuto»: cioè Cospito sarà costretto probabilmente a interrompere lo sciopero per motivi di salute prima che ci siano novità. Potrebbe anche intervenire il ministro della Giustizia, ma appare un’eventualità piuttosto remota.

A fine novembre Cospito aveva già perso 22 chili ed era molto provato. Comparso in tribunale a Torino proprio per la decisione sulla rideterminazione della pena, aveva detto: «Sono stato raffigurato come un sanguinario ed è stato detto che sono un professionista degli esplosivi. Di me si può dire tutto, ma non che sono un ipocrita. Ho fatto una sola azione violenta: ho sparato a Genova e ho colpito alle gambe perché non volevo usare esplosivo. Quell’azione che ho fatto, l’ho rivendicata con onore come fanno gli anarchici. È assurda l’accusa di strage politica per due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno. In futuro cercherò di mettere in discussione questa idea che io sono un sanguinario».

Nelle ultime settimane sono continuate le proteste del movimento anarchico in favore di Alfredo Cospito, e altre ce ne saranno nei prossimi giorni. Sulla sua situazione si sono espressi anche molti personaggi decisamente lontani dal mondo anarchico. Tra gli ultimi, è intervenuto Enrico Mentana, direttore del telegiornale di La7 che in un post su Instagram ha scritto di ritenere «gravemente sproporzionato e ingiusto, oltre che pericolosissimo precedente l’utilizzo contro di lui dell’arma del 41-bis, che fu messa a punto negli anni più duri della sfida per isolare capi e killer che avevano ucciso o fatto uccidere uomini e donne del nostro stato a cui avevano dichiarato guerra. Uno stato forte e sicuro dei propri fondamenti civili non ricorre a questi mezzi quando non è necessario e può anzi rivelarsi controproducente oltre che ingiusto. E non è così che battemmo il terrorismo, quello che davvero uccideva e rivendicava».

Cospito è intenzionato ad andare avanti con lo sciopero della fame anche fino «alle conseguenze estreme», dice il suo avvocato. Lui stesso in tribunale ha detto: «Non mi arrendo, ma continuerò fino all’ultimo respiro il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41-bis e dell’ergastolo ostativo per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi».