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  • Venerdì 27 gennaio 2023

In Repubblica Ceca si elegge il nuovo presidente

Al ballottaggio sono arrivati Andrej Babis, ex primo ministro populista, e Petr Pavel, ex generale con posizioni europeiste

Andrej Babis, candidato ed ex presidente della Repubblica Ceca, durante un comizio
Andrej Babis durante un comizio (AP Photo/Petr David Josek, File)
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Oggi e domani in Repubblica Ceca si vota per il secondo turno delle elezioni presidenziali: il ballottaggio è tra Petr Pavel, generale dell’esercito in pensione che ha avuto una lunga carriera anche nella NATO, e Andrej Babis, imprenditore molto ricco noto per le sue posizioni politiche populiste, già primo ministro tra il 2017 e il 2021.

Come in Italia, anche in Repubblica Ceca il presidente della Repubblica ha un ruolo soprattutto cerimoniale, ma negli ultimi anni il contestato presidente uscente, Milos Zeman, aveva più volte superato i confini dei suoi poteri e aveva usato la sua influenza per intervenire pesantemente sulla vita politica del paese, trasformandosi in una figura estremamente influente: è probabile che questa situazione si ripeta, soprattutto se a vincere fosse Babis, che di Zeman era un alleato.

Per il momento il favorito è comunque Pavel. Babis, dato dai sondaggi in netto svantaggio, sta cercando di recuperare consensi facendo leva sulla paura che la guerra in Ucraina possa estendersi anche nel resto d’Europa. Nelle ultime settimane ha cambiato piuttosto radicalmente toni e argomenti della sua campagna elettorale: si è descritto come un pacifista che farà di tutto per evitare il coinvolgimento della Repubblica Ceca in guerra e ha presentato le posizioni del suo avversario, europeista e favorevole al sostegno dell’Ucraina, come sconsiderate e irresponsabili. L’analista ceco Miloš Gregor, tra gli altri, ha sostenuto che gli argomenti di Babis non sarebbero troppo diversi da quelli di alcuni politici europei filorussi.

Dei due candidati Babis è il più contestato e discusso e il suo ritorno in politica è una delle ragioni per cui le presidenziali in Repubblica Ceca stanno raccogliendo molte attenzioni. Da primo ministro aveva guidato un governo di destra e populista che era stato colpito da vari scandali e controversie. Babis era stato accusato tra le altre cose di aver gestito disastrosamente la pandemia da coronavirus e di aver ottenuto illecitamente milioni di euro di fondi europei per alcune sue imprese personali. Per quest’ultima accusa è stato processato e assolto a inizio gennaio.

Al primo turno delle presidenziali, lo scorso 14 gennaio, Babis aveva ottenuto una percentuale di voti leggermente minore rispetto a Pavel (il 34,9 per cento contro il 35,4 per cento), ma poi il divario si è allargato: il sondaggio più recente realizzato da Politico dà Babis al 42 per cento e Pavel al 58.

Il ricorso all’argomento del pericolo della guerra sembra essere stato il mezzo scelto da Babis per provare a recuperare i consensi in maniera più semplice e rapida.

Babis per esempio ha alluso alla possibilità di rifiutarsi di aderire a uno dei principi fondamentali della NATO, l’alleanza militare che comprende una parte dei paesi occidentali e anche la Repubblica Ceca: quello del meccanismo di mutua difesa in caso di attacco previsto dall’articolo 5 del trattato fondativo dell’alleanza (se dovesse vincere le elezioni, Babis diventerebbe anche il comandante in capo delle forze armate della Repubblica Ceca, come previsto dall’incarico presidenziale). Durante un dibattito televisivo, ha sostenuto che non avrebbe inviato soldati per difendere la Polonia o altri paesi europei nel caso in cui venissero attaccati: «Io voglio la pace, non voglio la guerra», ha detto Babis, che ha aggiunto: «In nessuna situazione manderei i nostri figli o i figli delle nostre donne in guerra».

Le sue dichiarazioni sono state contestate: nei fatti Babis ha alluso alla possibilità che la Repubblica Ceca violi un trattato internazionale che è obbligata a rispettare, avendolo firmato e ratificato, facendo peraltro leva su una possibilità ad oggi considerata da tutti molto remota, cioè che la Russia attacchi un paese membro della NATO.

Dopo la sua dichiarazione, Marian Jurecka, il primo ministro, si è pubblicamente scusato con la Polonia e gli altri paesi alleati, rassicurandoli sull’impegno della Repubblica Ceca a rispettare gli accordi internazionali. Babis ha allora ammorbidito i toni, sostenendo di avere detto quelle cose perché «non voleva nemmeno immaginare» l’ipotesi di una «terza guerra mondiale». Parallelamente a queste dichiarazioni ha poi cercato di minare la credibilità del suo avversario, Pavel, accusandolo di essere un guerrafondaio.

– Leggi anche: Cosa dicono gli articoli 4 e 5 del trattato NATO

Rispetto alla campagna elettorale per il primo turno, Babis ha cambiato i propri argomenti in modo piuttosto radicale. In quel caso aveva fatto leva sul suo passato da primo ministro per presentarsi come un politico affidabile e di esperienza, per esempio evidenziando la propria vicinanza a leader europeisti e favorevoli al sostegno dell’Ucraina, come il presidente francese Emmanuel Macron.

Nel frattempo Pavel, politico moderato ed europeista, ha fatto leva sulla sua lunga carriera da generale dell’esercito per presentarsi come un leader affidabile e in grado di gestire situazioni di crisi e conflitti. Sta insistendo sui suoi valori liberali e moderati per presentare Babis come una minaccia alla tenuta della democrazia in Repubblica Ceca: «Il pericolo è che [se vincerà Babis] non solo scivoleremo verso il populismo ma rischieremo di deviare dal percorso che abbiamo seguito negli ultimi 30 anni: democratico, occidentale ed europeista».

Petr Pavel (AP Photo/Petr David Josek)