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  • Domenica 1 gennaio 2023

La fine di Juan Guaidó

Il presidente ad interim venezuelano è stato rimosso dal suo incarico mentre Nicolas Maduro ha sempre più il controllo del paese

Juan Guaidó nel 2020 (AP Photo/Markus Schreiber)
Juan Guaidó nel 2020 (AP Photo/Markus Schreiber)
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Questa settimana tre dei quattro principali partiti d’opposizione al governo autoritario di Nicolas Maduro hanno deciso di rimuovere Juan Guaidó dal suo incarico di presidente ad interim: Guaidó si era autoproclamato presidente del Venezuela nel 2018, al termine di elezioni che erano state criticate da diversi organi internazionali per la loro poca trasparenza, e vinte da Maduro. Nel 2019 l’Assemblea nazionale, il principale organo legislativo del paese, aveva quindi nominato Guaidó presidente ad interim in quanto secondo in linea di successione, cioè presidente dell’Assemblea stessa e leader dell’opposizione: da allora in Venezuela ci sono stati due presidenti, ciascuno dei quali definiva l’altro «usurpatore».

Buona parte della comunità internazionale, in primis gli Stati Uniti, aveva riconosciuto Guaidó come presidente legittimo.

Nel corso di questi tre anni Maduro ha però mantenuto un saldo controllo su gran parte del paese, mentre al governo parallelo di Guaidó era rimasta la gestione di alcuni beni esteri e di una serie di ambasciate. Maduro ha anche creato un altro organo legislativo, la cosiddetta Assemblea costituente in sostituzione dell’Assemblea nazionale, che è rimasta informalmente attiva e controllata dall’opposizione. È proprio l’Assemblea nazionale che venerdì ha votato per sciogliere il governo ad interim di Guaidó e affidare la gestione delle aree sotto il suo controllo a una nuova commissione formata da cinque membri: la mozione è stata approvata con 72 voti a favore, 29 contrari e 8 astenuti.

La votazione per rimuovere Guaidó è stata organizzata dopo anni in cui l’opposizione ha avuto continue difficoltà, con il sostegno a Guaidó che è progressivamente calato (così come il livello di riconoscimento internazionale del suo governo). Secondo un sondaggio di Datanalisis a fine novembre il tasso di approvazione per Guaidó era al 16 per cento, contro il 26 di Maduro.

In questi anni Guaidó ha tentato più volte di destituire Maduro, fallendo sistematicamente, e questo è probabilmente uno dei fattori che hanno contribuito a indebolirlo. Il politologo venezuelano Daniel Varnagy ha detto ad Associated Press che Guaidó «aveva promesso di porre fine all’usurpazione [di Maduro], di guidare una transizione e di organizzare elezioni giuste, ma nulla di tutto questo è successo». La sensazione è che una situazione che doveva essere temporanea, quella del governo ad interim, sia diventata a un certo punto permanente, perdendo di vista l’obiettivo iniziale, cioè quello di destituire Maduro: lo ha detto al Wall Street Journal uno dei membri dell’opposizione che hanno votato a favore dello scioglimento del governo ad interim di Guaidó.

Nel frattempo, negli ultimi anni, Maduro ha rafforzato sempre di più il suo controllo sul paese, oltre a guadagnare più sostegno da governi esteri come Russia, Iran e Cina. Al contempo è tornato ad avere relazioni con paesi che prima gli erano ostili, come per esempio gli Stati Uniti di Joe Biden. Secondo chi ha votato a favore, la rimozione di Guaidó era necessaria per guadagnare l’unità e il consenso che servono all’opposizione per vincere le prossime elezioni, previste per il 2024.

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