• Konrad
  • Giovedì 15 dicembre 2022

Il caso Qatar si allargherà?

È la domanda che si fanno tutti nelle istituzioni europee man mano che le indagini sulla presunta corruzione vanno avanti, e rispondere non è per nulla semplice

di Luca Misculin

(European Parliament 2022)
(European Parliament 2022)
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A meno di una settimana dall’arresto di parlamentari europei e assistenti per un caso di presunta corruzione del Parlamento Europeo da parte del Qatar, molti si stanno chiedendo se l’indagine della procura federale belga continuerà a riguardare solo le persone arrestate o coinvolte finora, in tutto circa una quindicina, oppure se il caso si allargherà all’interno delle istituzioni.

Gli elementi a disposizione per discuterne sono molto pochi, e abbondano soprattutto ipotesi e congetture: significative, perché fatte da persone che frequentano gli stessi ambienti di quelle arrestate e indagate, ma da prendere comunque con grande cautela.

Il caso sta monopolizzando le conversazioni fra parlamentari, funzionari, giornalisti e lobbisti dentro il Parlamento Europeo di Strasburgo, dove in questi giorni è in corso l’ultima sessione plenaria del 2022 (si è discusso dell’assegnazione dell’annuale Premio Sakharov per la libertà di pensiero e si è votato su alcuni temi importanti fra cui l’energia e il trasporto pubblico). Al momento di pagare un caffè a un bar del Parlamento, mercoledì mattina, un funzionario europeo ha tirato fuori il portafoglio mostrando quelle che secondo lui erano delle nuove monete di centesimi di euro, coniate dal Qatar (nella battuta, il funzionario ipotizzava cioè che il Qatar fosse membro dell’Unione e potesse quindi coniare degli euro). Le persone in fila hanno riso nervosamente.

Martedì pomeriggio in aula si è tenuto un dibattito sul caso di corruzione, e la situazione era assai contrita. In uno degli interventi più duri, Hannah Neumann, deputata tedesca dei Verdi, ha detto: «siamo al centro di una scena del crimine, abbiamo dei colleghi in carcere, almeno uno di noi è accusato di essere stato corrotto da una potenza straniera».

In un certo senso a Strasburgo il caso si è già allargato. Martedì la polizia ha sigillato l’ufficio degli assistenti di Pietro Bartolo, ex medico di Lampedusa, eletto col Partito Democratico: uno dei suoi assistenti in passato aveva collaborato con Antonio Panzeri, l’ex deputato del PD considerato dalla procura belga il referente della rete di persone corrotte dal Qatar. «Non sappiamo che dimensione e direzione possa prendere questa storia», racconta con franchezza un importante funzionario del Parlamento Europeo che ha voluto rimanere anonimo.

(il Post)

Al momento le persone arrestate sono quattro: Panzeri, il suo ex assistente Francesco Giorgi, l’ex vicepresidente del Parlamento Europeo Eva Kaili, appena rimossa dal suo incarico, compagna di Giorgi, e il segretario generale di una ong che condivide la stessa sede con quella fondata da Panzeri, Niccolò Figà-Talamanca.

Tutte le persone coinvolte nell’indagine, che sono state interrogate o il cui ufficio è stato perquisito o sequestrato, hanno a che fare a vario titolo con Panzeri: ci hanno collaborato in passato o ci lavoravano insieme fino a pochi giorni fa. Ancora prima dell’indagine, Panzeri era ritenuto il capo di una piccola corrente del gruppo parlamentare dei Socialisti e Democratici, il gruppo di centrosinistra al Parlamento Europeo: «erano come una cricca», racconta un ex parlamentare europeo del gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D). Di questa “cricca” facevano parte diversi assistenti e parlamentari fra cui anche alcuni deputati belgi socialisti di origine italiana come Maria Arena e Marc Tarabella, il cui ufficio è stato perquisito sabato.

Il fatto però che nessuno al di fuori di questa cerchia sia stato coinvolto nell’indagine – nemmeno dentro No Peace Without Justice, l’ong guidata da Figà-Talamanca – fa pensare ad alcuni importanti funzionari del Parlamento Europeo che il caso possa essere circoscritto a loro, senza che siano coinvolte altre persone. Il gruppo dei Socialisti e Democratici, e nello specifico la delegazione del Partito Democratico italiano, si sta dando molto da fare per prendere le distanze dalle persone coinvolte, anche solo tangenzialmente: Kaili è stata rimossa dal suo incarico su proposta del gruppo S&D, mentre il PD ha insistito affinché tutti i parlamentari che in passato avevano avuto rapporti con Panzeri o che avevano ereditato da lui alcuni assistenti si sospendessero dalle cariche interne al partito.

«La giustizia farà il suo corso ma per il momento vogliamo difendere l’onorabilità del nostro gruppo e del nostro partito: per questo abbiamo accolto le richieste del gruppo S&D di sospendere dagli incarichi chi fosse coinvolto ma noi siamo andati anche oltre», spiega Brando Benifei, capogruppo del PD al Parlamento Europeo: «il collega Andrea Cozzolino, pur non essendo indagato ma essendo stato il datore di lavoro dell’arrestato Giorgi, ha ritenuto di autosospendersi dal gruppo fino a che non sarà chiarita meglio tutta la situazione. Non ho visto la stessa sensibilità da parte di altri gruppi politici anche italiani rispetto a loro parlamentari europei, attualmente indagati per corruzione e finanziamento illecito».

Benifei si riferisce a Carlo Fidanza, ex capogruppo di Fratelli d’Italia al Parlamento Europeo. Da giugno Fidanza è indagato dalla procura di Milano per corruzione, ma è ancora in attività nel gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia (da cui si era dimesso da capogruppo dopo un’inchiesta di Fanpage, a ottobre del 2021).

Altre persone che lavorano nelle istituzioni sono convinte invece che il caso si allargherà presto. «Mi sembra strano che un paese come il Qatar si limiti a un ex deputato e una deputata greca, che non so quanta influenza potessero esercitare», racconta lo stesso importante funzionario del Parlamento, quello che ha voluto rimanere anonimo. Alcuni ipotizzano che l’ingente quantità di denaro contante ritrovata a casa di Panzeri e Kaili, peraltro in gran parte in banconote di medio taglio, non fosse destinata a loro due ma potesse servire a corrompere altre persone. Altri ancora indicano le norme piuttosto rilassate sul lobbismo in vigore al Parlamento Europeo, e dubitano che il Qatar sia stato il solo paese straniero a cercare di influenzare e corrompere, nel caso le accuse vengano provate, persone che lavorano al Parlamento Europeo.

Anche importanti membri del Parlamento Europeo non sembrano convinti che il caso si limiterà a Kaili, Panzeri, Giorgi e Figà-Talamanca.

Manfred Weber, capogruppo del Partito Popolare Europeo (PPE), il principale gruppo di centrodestra, ha fatto delle dichiarazioni piuttosto prudenti su questa vicenda sottolineando che i suoi contorni sono ancora poco definiti per trarne conclusioni definitive, e ha chiesto informalmente ai parlamentari del gruppo di non strumentalizzarla per attacchi politici contro l’S&D.

Rispondendo a una domanda di una giornalista del País su possibili persone coinvolte all’interno del PPE, un po’ a sorpresa Weber non ha preso le difese del suo gruppo, limitandosi a dire che «per ora il caso riguarda perlopiù i Socialisti, ma non penso ci sia un tema politico, è un problema di irregolarità che riguarda le singole persone». Come a dire che non può escludere che membri del suo partito siano coinvolti in questa vicenda.

Giovedì il Parlamento Europeo voterà una risoluzione sulla vicenda, prendendo una posizione ufficiale per la prima volta dall’inizio del caso. Il PPE vorrebbe una risoluzione molto breve e prudente. La posizione ufficiale, fra l’altro corrispondente al vero, è che i fatti certi su questa storia sono pochissimi e che la stragrande maggioranza delle persone si sta facendo un’idea soltanto in base a quello che trova sui giornali. Un avversario politico del PPE legge in questa prudenza del partito il timore che il caso possa allargarsi anche a qualche loro parlamentare.

L’impressione di molti comunque è che la procura federale belga stia facendo trapelare pochissime informazioni alla stampa. Il quotidiano più informato sulla vicenda sembra il rispettato giornale belga Le Soir, che per esempio martedì ha pubblicato la foto dei pacchi di contanti ritrovati a casa di Panzeri e Kaili. Ma negli ultimi giorni gli sviluppi pubblicati da Le Soir si sono abbastanza diradati: non ci sono conferme per esempio né su Le Soir né su altri giornali internazionali che stanno seguendo il caso da vicino sul fatto che Francesco Giorgi stia collaborando alle indagini dopo avere ammesso la sua complicità in questa vicenda, notizia riportata solo da alcuni giornali italiani.

Mercoledì a Bruxelles, in Belgio, si sono tenute le prime udienze delle persone arrestate: Kaili ha chiesto e ottenuto il rinvio della sua udienza al 22 dicembre per via di uno sciopero al carcere in cui è detenuta, che non le avrebbe consentito di arrivare in orario alla seduta. L’arresto di Panzeri e Giorgi è stato convalidato, mentre Figà-Talamanca è stato rilasciato a patto che utilizzi un braccialetto elettronico che monitori i suoi spostamenti. Le udienze si sono tenute a porte chiuse e non sono stati diffusi aggiornamenti sulle accuse della procura belga.

Al momento non è nemmeno chiaro se la procura accusi Panzeri e la sua rete di avere portato avanti un’operazione di immagine, per ripulire quella piuttosto controversa che il Qatar ha ottenuto negli anni per via delle sistematiche violazioni dei diritti umani, oppure se ci fosse dietro qualcosa di più concreto.

Mercoledì il Corriere della Sera ha scritto che il «centro di gravità dell’intera inchiesta» sembra essere la sottocommissione del Parlamento Europeo che si occupa di diritti umani, chiamata in gergo DROI: era quella con cui lavorava più a stretto contatto Francesco Giorgi, fra le altre cose. Ma la commissione DROI non ha poteri concreti, e si occupa quasi solo di ospitare dibattiti sui diritti umani e la politica estera, senza occuparsi di processi legislativi.

Politico ha scritto invece che secondo alcuni parlamentari europei il Qatar può avere cercato degli appoggi all’interno del Parlamento Europeo per fare approvare un’importante norma che consente alla compagnia aerea Qatar Airways di operare liberamente in tutto il territorio dell’Unione Europea. La norma è stata effettivamente approvata nel 2021, ma non è ancora entrata in vigore.

Diversi quotidiani italiani si stanno concentrando poi sul ruolo del Marocco in tutta questa vicenda. Il paese è stato citato tangenzialmente dalla procura belga come possibile datore di lavoro di Panzeri e della sua ong Fight Impunity, che aveva creato nel 2019 dopo la fine del suo mandato da parlamentare europeo. Secondo Repubblica Panzeri aveva contatti molto frequenti con alcuni agenti dei servizi segreti marocchini e con l’ambasciatore del Marocco in Polonia, Abderrahim Atmoun: ma non è ancora chiaro se questi rapporti abbiano avuto conseguenze concrete, o una cornice di irregolarità.

Da giorni infine negli ambienti europei circolano voci e indiscrezioni su un possibile coinvolgimento nell’inchiesta di Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione Europea con delega alla promozione dello stile di vita europeo. Schinas in passato aveva preso posizioni piuttosto benevole nei confronti del Qatar, molto simili anche nei toni e nei contenuti a quelle di Kaili. Al momento però non risulta indagato né coinvolto nell’inchiesta. Martedì, rispondendo alle domande di alcuni giornalisti su presunti favori ricevuti dal Qatar, ha respinto tutte le accuse e risposto che nel suo viaggio più recente ha ricevuto soltanto «un pallone da calcio e una scatola di cioccolatini, che credo di avere lasciato all’autista che mi stava portando allo stadio».