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  • Martedì 6 dicembre 2022

L’Ucraina ha attaccato la Russia con droni nuovi e più potenti?

Sembra di sì, anche se non c'è ancora la certezza: potrebbe essere successo lunedì a centinaia di chilometri dal confine ucraino

L'esplosione alla base Engels-2 ripresa dalle telecamere di sorveglianza
L'esplosione alla base Engels-2 ripresa dalle telecamere di sorveglianza

Lunedì ci sono state alcune esplosioni in due basi aeree militari russe, in cui sono morte tre persone. La Russia ha accusato l’Ucraina di esserne responsabile, sostenendo che le esplosioni sarebbero state causate da droni dell’esercito ucraino che i sistemi di difesa russi avrebbero intercettato e abbattuto, ma i cui detriti sarebbero ugualmente caduti nei pressi delle basi.

Per ora l’Ucraina non ha commentato ufficialmente le accuse russe, ma un importante funzionario del governo ucraino le ha confermate in forma anonima al New York Times. Il funzionario ha anche detto che almeno uno degli attacchi sarebbe stato compiuto con l’aiuto di “forze speciali” ucraine vicine alle basi: non è chiaro se si riferisse a infiltrati ucraini in territorio russo.

Se fosse realmente così, pur non essendo il primo attacco dell’Ucraina in territorio russo, sarebbe una novità molto importante nella guerra: le esplosioni sono infatti avvenute in due basi aeree molto lontane dal confine con l’Ucraina e dal fronte di guerra in cui combattono l’esercito russo e quello ucraino, quella di Engels-2, nella regione di Saratov, e quella di Ryazan, capoluogo della regione omonima. Sono entrambe in linea d’aria a circa 500 km dal confine con l’Ucraina, una distanza che le armi in possesso dell’esercito ucraino — a quanto si sa –  non sono in grado di coprire per colpire obiettivi russi.

In mancanza di conferme ufficiali o di ulteriori verifiche, comunque, le accuse della Russia vanno prese con una certa cautela. Di certo c’è che da tempo l’Ucraina lavora per la realizzazione di armi in grado di colpire obiettivi a centinaia di chilometri dal fronte, come i droni in questione. A ottobre la società statale ucraina che si occupa di produrre armi, la Ukroboronprom, aveva detto di essere al lavoro per realizzare droni capaci di traportare testate di oltre 70 kg e in grado di volare per circa 1.000 km, e la scorsa settimana aveva aggiunto di avere completato i test.

Non c’è però da aspettarsi che a breve le autorità ucraine confermino di aver compiuto l’attacco: già nei mesi scorsi, quando erano stati compiuti altri attacchi in territorio russo, l’Ucraina aveva evitato di commentarli ufficialmente, con l’obiettivo di lasciare sospeso il sospetto che potessero essere stati opera di oppositori russi del governo di Vladimir Putin. Era successo, per esempio, nel caso dell’esplosione che l’8 ottobre aveva fatto crollare parte del ponte di Crimea e nell’attacco di fine ottobre alla sede centrale della flotta russa del Mar Nero, nel porto di Sebastopoli, sempre in Crimea.

Lunedì Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ha commentato su Twitter le esplosioni nelle basi aeree russe con una frase piuttosto criptica, che però lasciava trapelare una conferma della responsabilità ucraina: «La Terra è rotonda, è una scoperta fatta da Galileo. Al Cremlino non hanno studiato l’astronomia, e hanno preferito gli astrologi di corte. Se lo avessero fatto, lo saprebbero: se qualcosa viene lanciato nello spazio aereo di altri paesi, prima o poi qualche oggetto volante tornerà al punto di partenza».

Nel frattempo martedì mattina c’è stata un’altra esplosione in un aeroporto militare russo, questa volta nella città di Kursk, che però è più vicina al confine ucraino rispetto alle altre due basi (dista circa un centinaio di chilometri). Secondo le autorità locali anche questa esplosione sarebbe stata causata da droni ucraini, che avrebbero colpito un serbatoio di carburante, causando un grosso incendio.

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