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  • Giovedì 1 dicembre 2022

Maglie ≠ bandiere

Perché nello sport certe nazionali non giocano con i colori delle loro bandiere

di Pietro Cabrio

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Chi segue lo sport sa bene che l’Olanda gioca in arancione, la Germania in bianco e nero e l’Australia in verde e giallo (che in realtà sarebbero verde e oro, come il Brasile). Queste nazionali, alle quali si aggiunge anche l’Italia — gli azzurri — giocano così praticamente da sempre e col passare del tempo quasi non ci si domanda più perché scelsero di giocare così, e che cosa rappresentano quei colori.

Ai Mondiali di calcio in Qatar l’Italia non c’è, ma la divisa azzurra è una delle più famose tra le poche che nello sport non riprendono i colori della rispettiva bandiera nazionale.

L’azzurro dell’Italia fa riferimento al blu Savoia, il colore della decaduta famiglia reale italiana. La sua origine viene fatta risalire al 1366, quando Amedeo VI di Savoia, in partenza per la crociata contro i turchi indetta da papa Urbano V, affiancò una bandiera azzurra al tradizionale stemma bianco-rosso della dinastia, come omaggio alla Madonna.

(Getty Images)

L’uso dell’azzurro negli stemmi dei Savoia si consolidò nei secoli successivi, venne inserito nelle prime bandiere tricolori e infine nella bandiera del Regno d’Italia. Scomparve dopo la fine della Seconda Guerra mondiale con la proclamazione della Repubblica e l’esilio della famiglia reale. Nel frattempo, però, era già diventato il colore della Nazionale di calcio. Nel 1910 l’Italia aveva giocato la prima partita della sua storia con maglie bianche e pantaloncini a discrezione dei giocatori; le maglie azzurre vennero introdotte nella sua terza partita, giocata nel 1911 contro l’Ungheria.

Un’altra famosa divisa europea diversa dalla rispettiva bandiera è quella arancione dell’Olanda, che in certi periodi usa anche pantaloncini e calzettoni neri, altro colore non presente nella bandiera dei Paesi Bassi (rossa, bianca e blu).

L’arancione si riferisce al nome della famiglia reale olandese, la casa degli Orange-Nassau. Il loro antenato, Guglielmo d’Orange, è considerato il padre fondatore dei Paesi Bassi. Guglielmo nacque in Germania e nel 1544 ereditò possedimenti nei Paesi Bassi e il principato d’Orange, nel sud della Francia, diventando quindi Guglielmo d’Orange. Contribuì poi a liberare i Paesi Bassi dalla dominazione spagnola al comando dell’esercito delle Province unite nel primo periodo della Guerra degli ottant’anni. Da allora l’arancione simboleggia l’unità nazionale olandese, non solo in contesti sportivi.

(Getty Images)

Il bianco della Germania è forse meno appariscente e anche più comune tra le divise sportive, e non è presente nella bandiera tedesca, i cui colori sono stati introdotti gradualmente nelle divise solo negli ultimi decenni. Il colore principale rimane però il bianco, che si trova di continuo nelle bandiere degli stati germanici. Può essere considerato un riferimento al colore nazionale della Prussia, l’antico stato europeo che nel 1871 confluì nella Germania unificata. Nello stesso anno il bianco fu accostato al rosso e al nero nella bandiera a fasce orizzontali dell’Impero tedesco.

Al di fuori dell’Europa le grandi nazionali che usano colori particolari sono Australia, Nuova Zelanda, Giappone e India.

Nello sport l’India è un paese che continuiamo a “frequentare” poco, principalmente perché si intrattiene a modo suo, con discipline locali come il kabaddi — una versione competitiva del nostro “ce l’hai” — o con altre che condivide al massimo con le vecchie colonie dell’Impero britannico, come l’hockey su prato o il cricket. In questi sport, quando una nazionale indiana scende in campo lo fa in genere con divise azzurre o blu.

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L’India ha divise blu perché quando arrivò il momento di scegliere come rappresentarsi nello sport il paese si trovò di fronte a un problema: anzi, diversi problemi. La bandiera nazionale in uso dal 1947 è di color zafferano, bianca e verde. Lo zafferano però poteva essere associato al colore di alcuni partiti politici; il verde non venne mai preso in considerazione in quanto colore nazionale del Pakistan, il nemico per eccellenza; e il bianco era invece considerato troppo neutrale e da alcuni associato all’Impero britannico.

Fu quindi preso il colore meno visibile della bandiera, il blu dall’Ashoka Chakra — la ruota a 24 raggi emblema dell’antica dinastia dei Maurya — da allora utilizzato sia con tonalità scure che chiare, dal cricket al calcio.

Anche il Giappone usa il blu, e non il bianco e il rosso della sua bandiera nazionale: ma solo nel calcio. Nemmeno la federazione locale, però, sa dire con esattezza quale fu il motivo per cui si scelse il blu. La versione più accreditata dice che negli anni Venti, quando nacque la federazione calcistica giapponese, la nazionale era considerata la squadra dell’Università di Tokyo, che usava maglie azzurre e pantaloncini bianchi. E dato che nel 1921 la squadra universitaria fece una bella figura ai Giochi dell’Estremo Oriente, si decise di tenere la divisa blu (che peraltro nella cultura locale è un colore associato alla giovinezza).

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Il continente con la più alta percentuale di divise nazionali diverse dai colori delle bandiere è invece l’Oceania. Probabilmente in conseguenza del fatto che alcune bandiere sono molto simili fra loro: per esempio quelle di Australia, Nuova Zelanda e Figi, che non a caso usano tutte divise particolari.

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L’Australia nello sport è verde e oro. Il sito del governo sostiene che sia così perché «l’oro evoca le immagini delle spiagge australiane, della ricchezza mineraria, dei raccolti di grano e del vello della lana australiana» e «il verde evoca le foreste, gli eucalipti e i pascoli dei nostri paesaggi». Questi colori vengono usati fin dall’Ottocento, ma soltanto nel 1984 sono stati formalmente riconosciuti come i colori nazionali.

Nello sport la Nuova Zelanda è sinonimo di All Blacks, la sua famosa nazionale maschile di rugby, una delle più vincenti nella storia dello sport. Ma il nero viene usato anche altrove. Deve la sua origine all’usanza neozelandese di premiare con un copricapo nero i migliori atleti a livello nazionale. Il colore fu poi usato per le divise e agli inizi del Novecento, forse per un errore, iniziò a diffondersi il soprannome All Blacks, che oggi, almeno nel rugby, vale di fatto come un nome vero e proprio.

Accadde durante una tournée in Inghilterra, quando un giornalista del Daily Mail scrisse che la squadra neozelandese era talmente arrembante da sembrare schierata in campo con «all backs», termine con cui nel rugby si indicano i giocatori offensivi (quelli che nelle formazioni stanno dietro gli avanti, cioè chi gioca in mischia). In fase di stampa, però, qualcuno che non aveva molta familiarità con il rugby lesse «all backs» e lo ritenne un refuso: pensò quindi di cambiarlo in «all blacks», in riferimento alle divise.

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