• Italia
  • Domenica 6 novembre 2022

I migranti bloccati nel porto di Catania

Sono a bordo di due navi, da cui il governo vuole far scendere solo donne, bambini e persone fragili, violando la legge internazionale

Migranti a bordo della Humanity 1
(ANSA/MAX CAVALLARI-SOS HUMANITY)
Migranti a bordo della Humanity 1 (ANSA/MAX CAVALLARI-SOS HUMANITY)
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Nel porto di Catania, in Sicilia, ci sono due navi gestite da ong con a bordo molti migranti soccorsi nei giorni scorsi nel Mediterraneo: sono la Humanity 1 di SOS Humanity e la Geo Barents di Medici Senza Frontiere. In entrambi i casi il governo italiano pretende che sbarchino soltanto le donne, i bambini e le persone fragili, in chiara violazione della legge internazionale. Contro la decisione del governo, la ong SOS Humanity ha annunciato che farà ricorso al TAR del Lazio.

Dalla prima nave gran parte dei 179 migranti sono stati fatti scendere tra sabato sera e domenica, ma ne sono rimasti a bordo ancora 35, maschi adulti che il governo italiano non vuole autorizzare a far sbarcare: il capitano della nave, il tedesco Joachim Ebeling, ha detto che nella mattina di domenica ha ricevuto la richiesta di lasciare il porto di Catania e di essersi rifiutato: «Sarebbe contro le leggi andare via con i sopravvissuti, come mi ha spiegato il mio legale. I naufraghi rimasti a bordo sono in uno stato depressivo e di apatia, siamo profondamente preoccupati per la loro salute mentale. È difficile riuscire a spiegargli quello che sta succedendo ed è qualcosa che io stesso non riesco a capire perché è contro le leggi», ha spiegato.

Una situazione analoga si sta verificando sulla Geo Barents, che ha attraccato nel porto di Catania domenica mattina: a bordo ci sono 572 migranti, e i primi sbarchi sono iniziati nel tardo pomeriggio di domenica. Per ora sono stati fatti scendere 357 migranti, e non è chiaro se nelle prossime ore le operazioni di sbarco proseguiranno. Ma, come nel caso della Humanity 1, è certo che a bordo rimarranno i maschi adulti considerati in buona salute.

In entrambi i casi lo sbarco parziale è dovuto a un decreto interministeriale firmato venerdì sera secondo cui, una volta entrate in acque italiane, le navi delle ong devono sottoporsi a un’ispezione delle forze dell’ordine italiane, per decidere quali persone hanno i requisiti per scendere e quali no. Al termine dell’ispezione e finite le operazioni di soccorso di donne, bambini e persone fragili, le navi delle ong devono lasciare le acque italiane, secondo il governo.

Venerdì il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi aveva spiegato il decreto dando un’interpretazione molto creativa delle norme sul diritto d’asilo. Secondo Piantedosi le navi che battono bandiera di un certo stato devono essere trattate «come un’isola» di quello stato, implicando che quindi il governo dello stato in questione dovrebbe farsi carico delle richieste d’asilo che avvengono a bordo (nel caso della Humanity 1 e della Geo Barents, rispettivamente il governo tedesco e norvegese).

La decisione del governo è stata però criticata da molti, che ritengono sia un’evidente violazione delle leggi internazionali, e in particolare della cosiddetta convenzione di Amburgo del 1979, che prevedono che gli sbarchi debbano avvenire nel primo “porto sicuro” sia per prossimità geografica a dove è avvenuto il salvataggio sia dal punto di vista del rispetto dei diritti umani.

Nel frattempo ci sono altre due navi di ong al largo della Sicilia in attesa di sapere se possono attraccare e far scendere le centinaia di migranti che hanno soccorso: sono la Ocean Viking, con 234 migranti, e la Rise Above, che ne ha a bordo 90.