• Sport
  • Sabato 5 novembre 2022

Una regata transatlantica in solitaria, “per tutti”

È la Route du Rhum, una gara insidiosa e avventurosa, aperta a barche diverse e velisti di vario tipo

(Jean-Louis Carli #RDR2022)
(Jean-Louis Carli #RDR2022)
Caricamento player

Mercoledì 9 novembre da Saint-Malo, nel nord della Francia, partirà la dodicesima edizione della Route du Rhum, una regata transatlantica in solitario, considerata tra le più importanti, avventurose e insidiose regate al mondo. Sarebbe dovuta partire domenica, ma è stata rimandata per via delle condizioni meteorologiche avverse.

La Route du Rhum si svolge ogni quattro anni e quest’anno ci saranno 138 skipper, al via su altrettante imbarcazioni, il numero più alto di sempre. I primi arriveranno a Pointe-à-Pitre, in Guadalupa, dall’altra parte dell’oceano Atlantico, una settimana dopo la partenza. Altri ci metteranno anche più di venti giorni ed è quasi certo che almeno qualcuno tra loro si ritirerà perché la Rhum, come la chiamano velisti e appassionati, è una regata provante e complicata che attraversa l’oceano in autunno, andando da subito in acque difficili.

L’idea di creare la Route du Rhum venne nella seconda metà degli anni Settanta ad alcuni velisti e appassionati di velismo francesi, in reazione ad alcune decisioni riguardanti il tipo di imbarcazioni ammesse alla regata britannica Transat. Gran parte del merito fu di Jacques Goddet, storico giornalista e direttore del Tour de France, e del pubblicitario Michel Etevenon, il quale ebbe l’intuizione di associare la corsa al rum, così da portare tra i finanziatori produttori caraibici di rum, ma anche di zucchero.

Non a caso, la regata parte ed è sempre partita da Saint-Malo, una città bretone che oltre ad avere un forte legame con la pratica velistica ne ha uno storico con i corsari, a loro volta spesso associati al rum, al suo trasporto e pure al suo consumo.

Per le regole, si decise fin da subito che la regata sarebbe stata in solitaria e che sarebbe stata aperta a differenti classi di navi: cioè a barche a vela di diverso tipo, sia monoscafo che multiscafo, e di diversa grandezza. Per quanto si possa definire amatoriale una regata transoceanica in solitaria, senza scali e senza assistenza, la Route du Rhum ha inoltre la peculiarità di essere aperta sia ai professionisti che agli amatori, a persone cioè con ottime competenze veliche, per le quali la vela non è però lavoro o agonismo.

Se negli anni la Route du Rhum è stata sempre più spesso descritta come “la regina delle regate transatlantiche in solitaria”, buona parte del merito va alla sua prima edizione. Quell’anno partirono in 38 e dopo oltre 3.500 miglia nautiche (pari a oltre 6.500 chilometri) e 23 giorni di regata, la Route du Rhum finì con 98 secondi di distacco tra il primo e il secondo. A vincere, con un trimarano lungo la metà della barca arrivata seconda fu il canadese Mike Birch, che è morto pochi giorni fa a novant’anni e che prima di dedicarsi alla vela era stato, tra le altre cose, cowboy e cercatore d’oro.

Birch prima della partenza della prima Route du Rhum (Wikimedia)

Un’altra edizione storica fu quella del 1990, anno in cui vinse per la prima volta una donna: la francese Florence Arthaud, che già nel 1978, quando aveva solo ventun anni, era stata l’unica donna al via alla prima Route du Rhum, che finì all’undicesimo posto. Anche Arthaud ebbe una vita da film, non solo come velista: morì a 57 anni, nel 2015, in un incidente tra elicotteri, mentre stava partecipando a un reality show di sopravvivenza.

Florence Arthaud nel 1979 (AP Photo, File)

Un altro anno spesso ricordato quando si ripercorre la storia della Route du Rhum – durante la quale sono morti due velisti: Alain Colas nel 1978 e Loïc Caradec nel 1986 – è il 2002, in cui le condizioni meteorologiche furono particolarmente avverse.

L’edizione del 2018, l’ultima prima di questa, fu invece quella del record di traversata: il francese Francis Joyon vinse infatti in 7 giorni, 14 ore e 21 minuti; sette minuti meno del secondo, che superò quando già entrambi erano dalle parti della Guadalupa.

Le rotte di chi ha vinto le edizioni passate

Quest’anno, il più anziano tra i 138 partenti ha 69 anni e il più giovane 19. Ci sono sette donne e quattro italiani. Visto il numero record di partecipanti, la linea (immaginaria) di partenza posta davanti alla costa bretone, dalla quale decine di migliaia di spettatori assisteranno alle prime fasi della regata, sarà lunga più di cinque chilometri.

(Alexis Courcoux / #RDR2022)

All’arrivo a Pointe-à-Pitre, come in passato, ci saranno diverse classifiche: quelle per classi, riservate alle imbarcazioni tra loro simili, e quella generale, tutti contro tutti. Come ha scritto Gian Luca Pasini sul blog Vento e Vele, «si va dai maxi-trimarani lunghi 32 metri e larghi 23 della classe Ultime, ai 18 metri dei monoscafi Imoca, ai 15 metri dei piccoli (si fa per dire) trimarani OceanFifty, ai circa 12 metri dei Class 40 per chiudere con le classi Rhum Mono e Rhum Multi con tutte le barche, mono o multiscafo, che sopra i 39 piedi (11,88 metri) non rientrano nelle altre categorie».

Da molti appassionati queste ultime due categorie “Rhum” sono considerate «l’essenza della Rhum», in cui «prototipi innovativi stanno fianco a fianco con classiche e leggendarie barche a vela».

Un Rhum mono nel 2018 (© Gilles MOREL #RDR2018)

Sempre Pasini ha ricordato come oltre a essere «una miniera di avventure» la Route du Rhum, che parte dal freddo nord della Francia per trovare poi caldo in Guadalupa, in un’isola che fa parte dell’arcipelago delle Antille francesi, «mette subito alla prova con le depressioni e le tempeste che arrivano da ovest sulla Bretagna e il Golfo di Biscaglia per poi chiedere scelte decisive nell’affrontare in Atlantico la discesa verso sud e gli Alisei».

Il sito della Route du Rhum offre dettagliate spiegazioni – sia in inglese che in francese – su come funziona una regata transoceanica e su come sono fatte le sue barche, e per provare a capire meglio e in prima persona la faccenda c’è anche un apposito gioco gratuito di simulazione. L’essenza, però, è molto semplice: partono tutti insieme, un uomo o una donna per ogni barca, e c’è l’oceano da attraversare nel minor tempo possibile.

Per spiegare le differenze tra la Coppa America, la gara che assegna il più noto trofeo della vela, e la Route du Rhum, Marc Pajot – uno dei pochi ad averle fatte entrambe – disse qualche anno fa: «Non si possono paragonare, ma la Coppa America ha una grande squadra che prepara una barca e 16 persone che ci vanno in mare, è tecnologia, gestione e soldi. La Route du Rhum ha un piccolo gruppo di persone che prepara la barca e una sola che la porta in mare: è tecnologia ma anche avventura».

Ma anche la Route du Rhum è tante cose, oltre all’avventura. Di recente, Le Monde ha parlato per esempio del suo essere forse diventata troppo grande, con tutto ciò che nel bene (a livello economico) e nel male (a livello di impatto ambientale) comporta soprattutto per Saint-Malo. Si stima che la Route du Rhum – in vista della quale già da giorni le barche erano in porto o nella zona – abbia portato quest’anno oltre un milione di turisti a Saint-Malo, una città costiera e fortificata con meno di 50mila abitanti.

(Arnaud Pilpé / #RDR2022)

Ci sono state inoltre critiche al modello economico della Route du Rhum, che per evidenti ragioni non può vendere diritti televisivi (visto che c’è una ripresa in diretta solo della partenza ma non della gara) e che quindi dipende esclusivamente dagli sponsor, da ricavi di attività legate alle sedi di partenza e di arrivo e dalle quote di iscrizione, che a seconda delle classi arrivano a 80mila euro per barca (per un totale che per questa edizione è di circa due milioni e mezzo di euro).

In molti casi, i problemi e le critiche con cui deve fare i conti la Route du Rhum sono però comuni ad altre grandi regate transoceaniche o a eventi come la Vendée Globe, una regata solitaria che fa il giro del mondo, anch’essa organizzata ogni quattro anni, e la cui prossima edizione sarà nel 2024. La Route du Rhum è stata inoltre preceduta dalla pubblicazione, a inizio ottobre sull’Équipe, di una lettera aperta, firmata da decine di velisti e addetti ai lavori intitolata “Il nostro magnifico sport deve cambiare”.

Nella lettera, è scritto che la vela è «simbolo di coraggio, innovazione e simbiosi con il mare e gli elementi naturali, e non può farsi trovare in ritardo con la storia» per quanto riguarda le tematiche ambientali. L’articolo parla di come e quanto inquinano le grandi regate, soprattutto per via del loro indotto, delle costosissime nuove barche che vengono costruite (solo per questa Route du Rhum, sono state 36). Invita poi a «reinventare le regole del gioco» e a cambiare narrativa, per passare da un approccio sempre più focalizzato sulla tecnologia a uno che torni al concetto di avventura.

– Leggi anche: Il nuovo record mondiale delle 24 ore di corsa