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  • Martedì 1 novembre 2022

Sono tornati in servizio gli operatori sanitari non vaccinati contro il coronavirus

Il governo Meloni ha motivato la decisione parlando soprattutto della carenza di medici, ma l'impatto potrebbe essere marginale

(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
(ANSA/GIUSEPPE LAMI)
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Tra i primi provvedimenti annunciati lunedì dal governo Meloni c’è la fine dell’obbligo di vaccino contro il coronavirus per il personale delle strutture sanitarie: cioè medici, infermieri e altri lavoratori dei servizi per la salute. Il personale sanitario era l’ultima categoria per cui ancora esisteva l’obbligo vaccinale, che sarebbe dovuto scadere il prossimo 31 dicembre. Con la nuova misura è scaduto invece il 31 ottobre: significa che già da martedì primo novembre i sanitari non vaccinati potranno tornare a lavoro nelle proprie strutture di appartenenza.

Nella conferenza stampa in cui ha presentato il decreto con i nuovi provvedimenti, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha motivato la decisione spiegando che «consente di prendere 4mila persone ferme e metterle al lavoro, in un momento di grave carenza di organico». Anche il ministro della Salute, Orazio Schillaci, ha insistito su questo aspetto, dicendo che il reintegro «serve innanzitutto per contrastare proprio la carenza che si registra sul territorio» ed evitare di dover ricorrere «a medici extracomunitari» o ai «cosiddetti medici a gettone», cioè quelli che vengono chiamati a lavorare temporaneamente per esigenze specifiche, che costano molto di più rispetto a quelli già assunti dal sistema sanitario.

La decisione ha provocato subito diverse reazioni critiche, non solo da parte di membri dell’opposizione. La mancanza di medici in molte regioni italiane è un problema noto, ma molti hanno fatto notare come l’impatto di poche migliaia di medici e operatori sanitari non sia sufficiente a colmare carenze strutturali, di cui il sistema soffre da molto tempo e che non sono nate con la sospensione dal lavoro dei medici non vaccinati contro il coronavirus.

I medici reintegrati in anticipo inoltre sarebbero tornati in servizio fra soli due mesi: al governo Meloni è stato contestato soprattutto che si tratti di una misura più che altro simbolica e propagandistica, intenzionata a segnare una discontinuità con il governo precedente, ma che nella sostanza cambierà molto poco.

Il presidente della Federazione degli ordini dei medici, Filippo Anelli, ha detto a Repubblica che «questo rientro anticipato non ha nessuna rilevanza dal punto di vista degli organici» e che ci si aspetta «ben altri provvedimenti dal governo per far crescere gli organici del servizio pubblico».

Il Corriere della Sera per esempio ha stimato che in Lombardia, una delle regioni con più persone che lavorano negli ospedali, saranno reintegrati 670 fra medici, infermieri e operatori sanitari, pari allo 0,6 per cento del personale complessivo. L’assessora alla Sanità lombarda Letizia Moratti, che fa parte di una giunta di destra, non si è espressa sulla questione dopo l’annuncio di Meloni, ma un anno fa aveva garantito che il sistema sanitario lombardo non avrebbe subìto contraccolpi a livello numerico per la sospensione dei medici non vaccinati.

Hanno criticato la decisione anche altri rappresentanti di categoria sentiti da Repubblica, come Dario Manfellotto della Fadoi (la federazione dei medici internisti) e Silvestro Scotti della Fimmg (il sindacato dei medici di famiglia).

C’è poi il problema di come questa nuova norma verrà applicata nelle varie regioni, dal momento che a livello territoriale esistono già ordinanze che regolano la presenza di medici non vaccinati negli ospedali. La Puglia per esempio approvò l’anno scorso una legge regionale che introduceva l’obbligo vaccinale per tutti i lavoratori sanitari, e non è chiaro come sarà gestita la concorrenza tra i due provvedimenti.

È stata posta anche la questione delle mansioni che svolgeranno i medici reintegrati, pur in una situazione epidemiologica molto diversa da quando fu introdotto l’obbligo vaccinale, quando era molto concreto il pericolo per la vita dei pazienti a contatto con persone non vaccinate. Ci sono ancora però pazienti fragili per i quali ammalarsi di COVID potrebbe essere molto rischioso e su cui gli ospedali dovranno prendere delle decisioni.

Anche dentro alla maggioranza qualcuno ha fatto capire di non essere esattamente favorevole alla decisione del governo, come il capogruppo alla Camera di Forza Italia Alessandro Cattaneo, che a Repubblica ha detto: «Da cittadino non vorrei avere davanti un medico non vaccinato».