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  • Mercoledì 26 ottobre 2022

La gara a chi gioca peggio per prendere Victor Wembanyama

Tra un anno in NBA arriverà un giovane così atteso che tante squadre potrebbero sacrificare la loro stagione pur di averlo

Victor Wembanyama con i Metropolitans 92 (AP Photo/Lewis Joly)
Victor Wembanyama con i Metropolitans 92 (AP Photo/Lewis Joly)
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La stagione regolare del campionato di basket NBA è iniziata da poco eppure in questi giorni le attenzioni di molti sono rivolte già alla prossima, perché sarà quella in cui dal campionato francese arriverà il diciannovenne Victor Wembanyama. Per alcune squadre riuscire ad averlo vorrebbe dire cambiare completamente prospettive per il futuro, tanto è il suo talento. Ma ci sono anche preoccupazioni, su tutte quelle del commissario della NBA, Adam Silver, che di recente ha detto: «So che molte squadre stanno sbavando all’idea di poterlo prendere tramite la nostra lotteria. Ma noi presteremo particolare attenzione a come si comporteranno in questa stagione».

Quello che sta succedendo attorno a Wembanyama rappresenta una delle poche vulnerabilità attribuite a un campionato altamente competitivo che grazie a credibilità e spettacolarità ha saputo raggiungere un pubblico mondiale. In questa vulnerabilità da una parte c’è un cosiddetto talento generazionale, per cui già oggi si prevede una carriera di grande successo, e dall’altra il sistema con cui verrà inserito nel campionato, che passa prima da una lotteria tra squadre e poi dal tradizionale draft di fine stagione.

A 19 anni ancora da compiere, Wembanyama misura già 2 metri e 20 di altezza, soltanto 4 centimetri in meno dell’attuale giocatore più alto della NBA, il serbo Boban Marjanović. Viene però paragonato a Kevin Durant, uno dei campioni di quest’epoca della pallacanestro: un giocatore molto alto ma poco “pesante”, potenzialmente bravo in tutto, anche nei tiri dalla distanza. Solo che Wembanyama supera Durant di oltre 10 centimetri, e quando distende le braccia in orizzontale arriva a 2 metri e 31 da mano a mano. Con queste misure può raggiungere il canestro senza saltare, e quindi schiaccia e stoppa gli avversari con estrema facilità.

Victor Wembanyama lo scorso ottobre (AP Photo/John Locher)

Poco tempo fa Wembanyama è andato negli Stati Uniti per giocare alcune partite di esibizione organizzate proprio per metterlo in mostra. Non ha deluso le aspettative, anzi: ha giocato a livelli altissimi mostrando la giusta mentalità e molta sicurezza di sé, due caratteristiche che vengono ritenute una sorta di “assicurazione” sul talento da parte di chi valuta i potenziali nuovi giocatori per la NBA.

Le capacità e le prospettive di crescita di Wembanyama sono quindi in un certo senso “certificate” e attendono solo di essere incanalate nella giusta direzione. Per preservarsi in vista del prossimo anno ha lasciato peraltro la sua squadra francese di Eurolega, il Lyon-Villeurbanne, per andare a giocare con i Metropolitans 92, che disputano soltanto il campionato francese e non le coppe europee (nonostante sembrino esserci dirigenti americani disposti a chiamarlo «anche se dovesse rompersi tutte e due le gambe», come fonti anonime hanno detto di recente).

La parte di questa storia che preoccupa la NBA inizia da qui. I giocatori provenienti dai campionati scolastici americani o dall’estero vengono infatti selezionati a turno dalle squadre durante appositi eventi, i draft di fine stagione. I giovani ritenuti più talentuosi sono le cosiddette prime scelte e al draft vengono chiamati per primi: a mesi di distanza si può già dire che, a meno di imprevisti, Wembanyama sarà la prima chiamata assoluta nel 2023.

L’ordine delle prime scelte è distribuito tra le quattordici squadre che non si sono qualificate ai precedenti playoff — in teoria quelle che ne avrebbero più bisogno — tramite una lotteria precedente al draft. A seconda del bilancio tra vittorie e sconfitte ottenute nella stagione regolare, nella lotteria le quattordici squadre potranno avere da un minimo dello 0,5 a un massimo del 14 per cento di probabilità di fare la prima scelta.

Essere i peggiori in una stagione aiuta, quindi, ma non garantisce automaticamente l’assegnazione della prima scelta: ciascuna delle tre peggiori della stagione, infatti, ha il 14 per cento di probabilità di essere estratta per prima, la quarta è al 12,5 per cento e la quinta al 10.

A rendere parzialmente superflue queste considerazioni, però, si aggiunge il fatto che al draft del 2023 ci sarà un altro giovane che, se non fosse per la presenza di Wembanyama, avrebbe potuto essere tranquillamente una prima scelta. È Scoot Henderson, diciottenne che ha saltato il college per giocare nella squadra creata appositamente dalla NBA per lo sviluppo dei giovani provenienti dal liceo. Ci sono inoltre tanti giovani interessanti che potrebbero accrescere le proprie quotazioni durante la lunga stagione universitaria.

Victor Wembanyama e Scoot Henderson (AP Photo/John Locher)

Il draft del 2023 ha quindi tutte le carte in regola per essere un draft storico, e negli Stati Uniti viene già paragonato alla famosa edizione del 2003 da cui uscirono in un colpo solo LeBron James, Dwyane Wade, Chris Bosh e Carmelo Anthony, o a quella del 1984, l’anno di Michael Jordan, John Stockton, Charles Barkley e Hakeem Olajuwon.

La NBA è quindi preoccupata perché, quest’anno più di altri, le squadre che sanno di avere quasi nessuna speranza di arrivare ai playoff potrebbero disputare una stagione particolarmente negativa per darsi più possibilità di una prima scelta al draft. Questa pratica non è nuova in NBA e nello sport americano in generale: si chiama tanking ed è temuta perché mina la competitività dei campionati, specialmente in NBA dove le squadre sono meno numerose che in altri sport e quindi l’incidenza di un singolo giocatore è maggiore.

Anche se la stagione è appena iniziata, e quindi è ancora presto per capire chi non stia facendo nulla di particolare per vincere, già si fanno ipotesi su chi a fine stagione regolare sarà in fondo alla classifica. Tra le più indicate ci sono squadre in fase di ricostruzione che non hanno molto da cui ripartire, come i San Antonio Spurs. O come gli Oklahoma City Thunder, che un grande talento già ce l’hanno (Chet Holmgren, seconda chiamata all’ultimo draft dietro Paolo Banchero) ma non potranno farlo giocare perché infortunato per tutta la stagione. E altre ancora come gli Utah Jazz, che proprio prima di questa stagione hanno ceduto i loro due migliori giocatori, Rudy Gobert e Donovan Mitchell, senza preoccuparsi troppo di sostituirli adeguatamente.

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