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  • Venerdì 14 ottobre 2022

La controversa legge della Turchia contro la disinformazione

Prevede fino a tre anni di carcere per chi diffonde “notizie false”, e secondo molti è una minaccia alla libertà d'espressione

La protesta contro la legge sulla disinformazione di alcuni parlamentari del principale partito di opposizione turco, il Partito Popolare Repubblicano (CHP) (AP Photo/Burhan Ozbilici)
La protesta contro la legge sulla disinformazione di alcuni parlamentari del principale partito di opposizione turco, il Partito Popolare Repubblicano (CHP) (AP Photo/Burhan Ozbilici)
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Giovedì il parlamento turco ha approvato una legge che punisce severamente la diffusione di “disinformazione” sui giornali e su Internet. La legge, voluta dal partito del presidente Recep Tayyip Erdogan, che assieme ad alcuni alleati ha la maggioranza in parlamento, è stata molto contestata dai partiti di opposizione e da diverse organizzazioni internazionali, secondo cui metterebbe in grave crisi la libertà d’espressione nel paese.

La parte più contestata della legge è l’articolo 29, che prevede fino a 3 anni di carcere per giornalisti e utenti di Internet che pubblichino contenuti che possano «creare paura e turbare l’ordine pubblico». Secondo i partiti di opposizione, la formulazione dell’articolo è così vaga che potrebbe di fatto costringere i giornali ad autocensurarsi per non rischiare di incorrere in sanzioni.

Giovedì nel corso della discussione della legge in parlamento, prima che venisse approvata, c’è stato un momento piuttosto animato quando Burak Erbay, deputato del principale partito di opposizione, il Partito Popolare Repubblicano (CHP), ha tirato fuori uno smartphone e ha cominciato a martellarlo.

Rivolgendosi ai cittadini che voteranno alle elezioni presidenziali del 2023 ha detto: «Vi rimane solo una libertà: il telefono in tasca. C’è Instagram, YouTube, Facebook. È lì che comunicate. Se la legge passa in parlamento, potete rompere il vostro telefono e buttarlo. Non vi servirà più a nulla».

Da anni il presidente Erdogan governa il paese in maniera autoritaria con il suo partito (Giustizia e sviluppo, AKP), e in particolare dopo il colpo di stato fallito del 2016 il suo controllo personale sul funzionamento dello stato si è esteso notevolmente, tanto che c’è chi sostiene che il suo governo possa essere definito una dittatura (in particolare dopo la riforma costituzionale del 2017, che attribuiva alla presidenza enormi poteri, eliminava la carica di primo ministro e consentiva al governo di influire anche sul potere giudiziario).

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La nuova legge contro la disinformazione è quindi ritenuta un ulteriore passo verso la restrizione della libertà di stampa e di espressione e verso l’istituzione di un regime sempre più autoritario.

Nei giorni scorsi diversi attivisti per la libertà d’informazione avevano contestato la legge ancora al vaglio del parlamento turco. Inoltre la Commissione di Venezia, un organo consultivo del Consiglio d’Europa che vigila sul rispetto dei diritti democratici nel mondo, aveva detto che la proposta di legge è una minaccia per la libertà d’espressione e che le pene previste dall’articolo 29 sono sproporzionate. La Commissione aveva anche avvertito che la legge potrebbe essere usata da Erdogan per influenzare a suo favore la popolazione in vista delle elezioni presidenziali che si terranno il prossimo anno, limitando la libertà di espressione delle opposizioni.

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