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  • Domenica 9 ottobre 2022

Il miliardario che ha costruito il tennis kazako

Iniziò a farlo 15 anni fa, in un paese in cui fino a quel momento il tennis era pochissima cosa, e ha già ottenuto molti risultati

Rybakina e Utemuratov subito dopo la vittoria a Wimbledon (Julian Finney/Getty Images)
Rybakina e Utemuratov subito dopo la vittoria a Wimbledon (Julian Finney/Getty Images)
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È terminato oggi l’Astana Open, il torneo di tennis organizzato ad Astana, la capitale del Kazakistan, al quale hanno partecipato, tra gli altri, Carlos Alcaraz, Daniil Medvedev e Novak Djokovic: tre dei migliori tennisti al mondo. L’Astana Open era alla sua terza edizione ed è stato il primo anno in cui è stato considerato un torneo ATP 500, appena un livello sotto al livello Masters 1000, quello degli Internazionali d’Italia.

Così come gran parte del movimento tennistico kazako, che fino a quindici anni fa era pressoché inesistente, l’Astana Open esiste grazie a Bulat Utemuratovvicepresidente della Federazione Internazionale Tennis e presidente della KTF, la federazione kazaka. «Il mondo dello sport è pieno di miliardari che comprano squadre come fossero giocattoli» ha scritto il New York Times, ma Utemuratov è diverso perché «sostanzialmente ha scelto di comprare un intero sport: per ora si è limitato a farlo nel suo paese, ma sta diventando sempre più influente anche a livello internazionale».

Utemuratov è nato nel 1957 in quella che al tempo era la Repubblica Socialista Sovietica del Kazakistan e da ragazzo praticò tennistavolo, calcio e pugilato. Non giocò invece a tennis, che ai tempi sovietici era uno sport elitario e parecchio costoso. Nei primi anni Novanta, dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica, Utemuratov si fece notare come imprenditore e fu uno dei principali consulenti di Nursultan Nazarbayev, che è stato al potere dal 1990 fino al 2019, guidando il paese in modo sempre più autoritario e dittatoriale.

In un paese sportivamente interessato soprattutto al calcio e agli sport di combattimento, e più di recente al ciclismo, negli anni Novanta Utemuratov iniziò a giocare a tennis, da lui definito una versione fisica degli scacchi, e a farlo sempre più spesso. Nel tempo lasciato libero dalle partite di tennis e dai suoi tanti investimenti – soprattutto nel settore bancario e in quello minerario – Utemuratov decise dunque di mettersi a gestire la federazione kazaka.

La KTV esiste dal 1992 ma nei suoi primi quindici anni non aveva fatto granché per farsi notare, ed era quasi in bancarotta. Nel 2007 gli iscritti alla federazione erano meno di duemila. Anche perché, come ha scritto il New York Times, «c’erano a malapena i campi da tennis».

Il Kazakistan – che è nono al mondo per superficie ma oltre il sessantesimo posto per numero di abitanti, meno di 19 milioni – non aveva un passato tennistico e quasi nemmeno un presente: «Fu come costruire tutto da zero» ha detto Utemuratov.

Per farlo, negli anni Utemuratov ha investito una cifra vicina ai 200 milioni di euro, pari a poco meno di un decimo di quello che si stima essere oggi il suo intero patrimonio.

Attraverso la KTF, Utemuratov ha fatto costruire decine di centri tennistici nel paese e almeno uno in ognuna delle 17 regioni. Ha investito inoltre nella formazione di centinaia di allenatori, molti dei quali provenienti dall’Europa, e ha poi creato un sistema di sussidi destinati soprattutto ai giovani tennisti e alle giovani tenniste. Gli iscritti alla KTF, in rapida crescita da ormai diversi anni, sono più di 33mila e negli ultimi dieci anni è quadruplicato il numero di tornei organizzati in Kazakistan. L’Astana Open è il più importante e internazionale, ma dietro ce ne sono molti altri.

Far crescere i praticanti era però solo parte del progetto. Come quasi sempre e quasi ovunque nella storia, la vera leva perché uno sport diventi popolare sono i risultati. Perché ci sia interesse e per creare voglia di emulazione servono un campione o una campionessa. Per provare a trovarne, la KTF ha cercato di far giocare a tennis quanti più bambini possibili, per poi supportare e finanziare i più promettenti, in alcuni casi anche attraverso accordi per permettere loro di andare ad allenarsi e giocare all’estero.

Solo che, come ha scritto ancora il New York Times, Utemuratov «non voleva aspettare una generazione per vedere se il suo paese poteva produrre professionisti di alto livello». Così come altri paesi in altri sport, ha quindi cercato all’estero atleti da far diventare kazaki. Per questioni di cultura, di lingua e di vicinanza, li ha cercati soprattutto in Russia.

Già nel 2012, Yaroslava Shvedova, nata russa e naturalizzata kazaka, arrivò a occupare il venticinquesimo posto della classifica mondiale WTA. Più di recente il Kazakistan ha naturalizzato, tra gli altri, Alexander Bublik e soprattutto la ventitreenne Elena Rybakina, che è nata e cresciuta a Mosca ma che da atleta kazaka ha vinto a luglio il torneo di Wimbledon. Rybakina è così diventata l’esponente più rappresentativa di un movimento nazionale perlopiù composto da tenniste e tennisti naturalizzati che si sta facendo largo a livello mondiale, ottenendo anche buoni risultati in Coppa Davis, il più importante torneo per nazionali di tennis maschile.

Rybakina e Utemuratov subito dopo la vittoria a Wimbledon (Clive Brunskill/Getty Images)

Nonostante la vittoria di Rybakina, nonostante gli ottimi rapporti che si dice ci siano tra Utemuratov e tennisti di origine russa come Bublik e Rybakina, e nonostante il fatto che in questo periodo storico potrebbe risultare più facile che in passato convincere atleti e atlete a lasciare la Russia, Utemuratov ha fatto sapere di avere altri piani per il futuro.

Sembra infatti che – non è ben chiaro per quali motivi – voglia ora tornare a puntare su tennisti nati e cresciuti in Kazakistan, a partire da Zangar Nurlanuly, che a quattordici anni è considerato uno dei più promettenti tennisti della sua generazione.