Il duro discorso di Monica Cirinnà alla direzione nazionale del PD

«Tanti di noi, troppi di noi, non hanno più la credibilità per intestarsi un percorso di rinnovamento», ha detto la senatrice uscente

(ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI)
(ANSA/MAURIZIO BRAMBATTI)

Alla direzione nazionale del Partito Democratico uno dei discorsi più duri e apprezzati è stato quello della senatrice uscente Monica Cirinnà, nota soprattutto per la legge sulle unioni civili che porta il suo nome. Cirinnà è tra le parlamentari che hanno mancato la rielezione alle ultime elezioni, alle quali era candidata in un collegio uninominale di Roma: ha parlato in modo molto critico delle scelte del partito, sia durante l’ultima campagna elettorale che nei 15 anni trascorsi dalla sua fondazione, ma assumendosi anche la responsabilità di quelle scelte.

Ha esposto vari concetti emersi nei diversi interventi dei membri della direzione, tra cui la necessità di svecchiare e rinnovare la classe dirigente del PD e quella di includere più donne, dopo anni in cui le decisioni importanti sono state prese sempre dagli stessi uomini del partito. Partendo dall’esperienza della sua campagna elettorale, Cirinnà ha detto di aver incontrato nei circoli del PD «una generosità direi eroica» da parte dei giovani democratici, «ma rassegnata, senza sorriso, senza slancio». Poi ha aggiunto:

Non è colpa loro, è colpa nostra. È colpa nostra. In questi giorni ho seguito con attenzione il dibattito interno, e lo voglio dire con sincerità: tanti di noi, troppi di noi, non hanno più la credibilità per intestarsi un percorso di rinnovamento. Mi ci metto io per prima. Si tratta delle nostre responsabilità come classe dirigente: dobbiamo farcene carico e capire che adesso ci viene chiesto di fare un passo indietro.

Cirinnà ha poi fatto riferimento alla composizione dei gruppi parlamentari del PD, fatti da «pochissimi giovani e, ancora una volta, pochissime donne. La rappresentanza femminile è rimasta vittima del gioco delle pluricandidature, che troppe di noi hanno accettato». Il riferimento è al funzionamento della legge elettorale, che permetteva di candidare contemporaneamente un candidato o una candidata in cinque collegi plurinominali e uno uninominale. Uno degli effetti di questo meccanismo, apparentemente paradossale, è che pluricandidando soprattutto donne hanno potuto essere eletti più uomini (la spiegazione del perché è qui).

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Cirinnà ha descritto la struttura del PD come «troppo rigida, troppo chiusa» e ha parlato della difficoltà di inserirsi in questo schema per chi ci arriva per la prima volta, e quindi proprio per le persone che dovrebbero rinnovare il partito: «Ammettiamolo: oggi chiunque si affaccia alle porte del partito democratico trova un sistema chiuso, correntizio, dove i giochi sono sempre già fatti».

La direzione nazionale è uno degli organi più importanti del PD ed è composta da oltre 200 membri tra parlamentari ed esponenti locali. Quella di oggi era molto attesa perché era il primo incontro dopo la sconfitta del PD alle elezioni politiche del 25 settembre, in quello che è forse il peggior momento nella storia del partito.

Sulla sconfitta, Cirinnà ha detto che «non basta dire che siamo il primo partito dell’opposizione», un concetto su cui aveva insistito il segretario Enrico Letta nel discorso di apertura dell’assemblea. Secondo Cirinnà, durante la campagna elettorale il PD è stato percepito come «una forza politica che è fuori dalla realtà del paese».

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