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  • Domenica 25 settembre 2022

Il baseball non era ancora pronto per Shohei Ohtani

È un giocatore giapponese unico nel suo genere e potrebbe rilanciare l’immagine di uno sport fuori moda, solo che è finito nel posto sbagliato

di Pietro Cabrio

Shohei Ohtani durante la partita di Major League tra Los Angeles Angels e Cleveland Guardians (Jason Miller/Getty Images)
Shohei Ohtani durante la partita di Major League tra Los Angeles Angels e Cleveland Guardians (Jason Miller/Getty Images)
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La stagione regolare del campionato di baseball nordamericano si sta per concludere. Le trenta squadre di Major League hanno giocato gran parte delle 162 partite che hanno avuto a disposizione per qualificarsi ai playoff ed eventualmente provare a vincere le World Series, le attese finali del campionato che da decenni riempiono la stagione autunnale dello sport statunitense.

In una stagione regolare così lunga, in cui da aprile a settembre si gioca quasi ogni giorno, anche due volte nell’arco di 24 ore, per essere una delle migliori dodici squadre del campionato e qualificarsi ai playoff servono costanza e concretezza. Squadre competitive come i Los Angeles Dodgers, gli Houston Astros e le due di New York, Mets e Yankees, hanno dimostrato di avere sia l’una che l’altra, e infatti hanno un posto garantito. Altre sanno già di non avere più possibilità, come i Los Angeles Angels di Anaheim, la vecchia squadra della Disney.

Eppure negli Angels di Anaheim c’è un giocatore fenomenale: il giapponese Shohei Ohtani, votato miglior giocatore del campionato nella passata stagione e in corsa per esserlo anche in questa. Ohtani è ritenuto il giocatore perfetto per rilanciare l’immagine un po’ fuori moda del baseball, ma con gli Angels non ha mai giocato i playoff e dopo l’ultima delle tante sconfitte stagionali è certo di non giocarli neanche quest’anno.

Ohtani ha 28 anni, è cresciuto in una zona montuosa e agricola del Giappone e si è fatto un nome da giocatore professionista di baseball con la squadra dell’isola di Hokkaido. Cinque anni fa, quando ancora giocava lì, rese chiare le sue intenzioni di andare a giocare in Nord America, nel miglior campionato di baseball al mondo, per continuare a fare quello per cui era diventato famoso nel suo paese: battere e lanciare allo stesso tempo, con rendimenti altissimi, paragonabili a quelli che era riuscito a raggiungere soltanto Babe Ruth, leggendario giocatore dei New York Yankees e del baseball di una volta.

Come Babe Ruth, soprannominato “il bambino” anche per la sua famosa faccia tonda e sorniona, Ohtani ha un volto pulito e ordinato da bravo ragazzo, che forse lo aiuta a “nascondere” un fisico imponente di 1 metro e 93 centimetri per quasi cento chili. E un bravo ragazzo sembra proprio esserlo: è educato nei modi, sorridente, elegante senza eccessi e attento a cosa dice e cosa fa, come quando lo si vede raccogliere cartacce dai campi in cui ha appena finito di giocare.

Ohtani arrivò negli Stati Uniti nel 2018 e alla prima stagione fu nominato esordiente dell’anno. Dopo quella stagione ebbe alcuni problemi fisici e poi arrivò la pandemia che ne arrestò momentaneamente l’ascesa. Da quando però il campionato ha ripreso regolarmente e i problemi fisici sono passati, Ohtani sta disputando campionati definiti storici, tanto che l’anno scorso il New York Times titolò: «Shohei Ohtani è semplicemente la stella di cui il passatempo americano aveva bisogno». In un lungo profilo a lui dedicato, Daniel Riley ha scritto su GQ: «Ohtani è uno dei pochi temi su cui in America tutti sembrano essere d’accordo. Soprattutto, però, il suo avvento è il segno più sicuro, da una generazione a questa parte, del fatto che il baseball può contare su un giocatore che potrebbe salvare questo sport dal baratro».

Shohei Ohtani firma autografi allo stadio di Seattle (Steph Chambers/Getty Images)

Nella passata stagione Ohtani ha battuto 46 fuori campo, soltanto due in meno di altri due battitori specializzati, e allo stesso tempo ha tenuto una media di lancio altissima, la settima di tutto il campionato nell’indice che riassume l’incisività delle prestazioni sul monte di lancio. Il tutto in un’epoca, la cosiddetta era analitica del baseball, in cui allenamenti, focus e tecniche di lancio e battuta sono diventate altamente specializzate e ritenute, almeno finora, accessibili a pochi.

I suoi record sono in continuo aumento. È stato il primo giocatore della storia a essere selezionato per l’All-Star Game sia come lanciatore di partenza sia come primo battitore; è stato il primo lanciatore di partenza a battere un fuoricampo nell’American League (una delle due divisioni che compongono la Major League) dal 1972; è diventato il primo di sempre ad aver sia effettuato che ricevuto il primo lancio stagionale nella stessa partita; è il primo giapponese ad aver superato i trenta fuori campo in più di una stagione; ha stabilito un momentaneo record di potenza impressa in battuta da un mancino, “sparando” un palla fuori campo a 190 chilometri orari; e si potrebbe continuare ancora, in uno sport in cui le statistiche storicamente abbondano.

Ohtani ha rappresentato una novità così grande ed è diventato talmente dominante in campo che tra la scorsa stagione e quella in corso la lega ha introdotto una regola appositamente per lui — la Shohei Ohtani rule — per consentire a una squadra di usare un lanciatore titolare anche come battitore designato, lasciandolo quindi battere anche dopo il suo turno da lanciatore, cose che fino a lì non era concessa.

Così come sono cambiate le regole, sono dovuti cambiare anche i videogiochi. The Show è il videogioco di riferimento del baseball, il più accurato e venduto al mondo. Quest’anno Ohtani è il giocatore in copertina, ma anche il giocatore che ha portato l’azienda sviluppatrice a modificare la struttura del gioco. «Fino a poco tempo fa questo gioco non concepiva proprio i giocatori ugualmente abili nelle due discipline» ha spiegato uno dei responsabili: «O lanciavi, o battevi. Quando è arrivato Ohtani, molte righe di codice sono state riscritte. E ci abbiamo messo due anni per farlo».

Quest’anno Ohtani è riuscito a migliorarsi ancora. Non ha raggiunto i picchi della passata stagione, ma le sue medie si sono alzate uniformemente sotto ogni aspetto rilevante del gioco, rendendolo ancora più dominante: se non è tra i primi cinque giocatori negli indici principali di lancio e battuta, è appena fuori dalle cinquine.

Nonostante tutto questo, ancora una volta la stagione di Ohtani con gli Angels è finita a settembre e non continuerà ai playoff, ovvero nelle partite più seguite e spettacolari del campionato. E lo stesso vale per un suo compagno di squadra, Mike Trout, che nel 2019 firmò il contratto più ricco nella storia dello sport nordamericano. Insieme sono considerati i giocatori più completi in circolazione, eppure sono finiti entrambi in una squadra mal gestita e poco seguita.

A luglio, quando ormai era già chiaro che neanche quest’anno gli Angels ce l’avrebbero fatta a qualificarsi ai playoff, il New York Times aveva scritto: «Mike Trout e Shohei Ohtani, aspiranti salvatori del baseball, hanno bisogno di essere salvati. I loro Los Angeles Angels sono diretti verso un altro terribile traguardo, un’altra postseason mancata».

Come succede da quando gioca negli Stati Uniti, Ohtani passerà i prossimi mesi in Giappone – dove lo seguono tutto l’anno, a qualsiasi ora del giorno giochi – per poi fare ritorno in California in vista della nuova stagione. La sua situazione, tuttavia, non dovrebbe restare la stessa a lungo. Il proprietario degli Angels, Arte Moreno, il primo investitore di origini messicane ad aver acquistato una squadra di Major League, sarebbe intenzionato a venderli al miglior offerente. E in ogni caso, al termine della prossima stagione Ohtani avrà la possibilità di liberarsi dal suo attuale contratto.

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