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  • Lunedì 19 settembre 2022

In Francia il partito di Mélenchon è nei guai per un caso di violenza domestica

Riguarda il deputato Adrien Quatennens, e se ne parla per via della mancata condanna da parte del leader

Adrien Quatennens, Lille, 5 maggio 2022 (AP Photo/Michel Spingler)
Adrien Quatennens, Lille, 5 maggio 2022 (AP Photo/Michel Spingler)
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Sui giornali francesi si discute da giorni di un caso di violenza domestica che coinvolge Adrien Quatennens, deputato e coordinatore del partito di sinistra La France Insoumise. A far discutere è anche come il partito e soprattutto il suo leader, Jean-Luc Mélenchon, abbiano reagito alla notizia prima con ritardo o poi dando il loro sostegno a Quatennens, che quella violenza l’ha ammessa. «Gli elettori di La France Insoumise» ha commentato ad esempio Libération, «hanno votato per un partito che rivendica la lotta alla violenza contro le donne come un pilastro dei propri valori. La rottura del patto è evidente».

Il 14 settembre il settimanale Le Canard Enchaîné ha scritto che il 7 settembre era stata presentata alla polizia di Lille una segnalazione per violenza domestica da parte di Céline Quatennens nei confronti di colui che è legalmente ancora suo marito, Adrien Quatennens, ma dal quale si vuole separare. Quanto riportato era stato poi confermato da BFMTV.

«Ci sono voluti cinque giorni per La France Insoumise. Cinque giorni per reagire», ha scritto Le Monde. Finalmente, domenica 18 settembre, Adrien Quatennens ha pubblicato un comunicato stampa in cui ha confermato la violenza e ha annunciato la rinuncia al suo ruolo di coordinatore del partito. Ma non le dimissioni da parlamentare.

Nel comunicato Quatennens, che ha 32 anni, racconta che la moglie gli aveva detto di volersi separare e che da lì in poi erano nati tra loro quelli che lui nomina come «litigi». Durante uno di questi «litigi» Quatennens dice di averla «afferrata per il polso», di averle «preso il cellulare» e racconta che, nel tentativo di recuperarlo, «lei aveva sbattuto il gomito». «Nel contesto dell’annuncio della separazione, le ho mandato troppi messaggi (…) per convincerla che le nostre difficoltà di coppia si potevano superare», ha scritto. E infine: «In un contesto di estrema tensione e di reciproca aggressione, le ho dato uno schiaffo».

Subito dopo la pubblicazione del comunicato Jean-Luc Mélenchon, il leader di La France Insoumise, è intervenuto su Twitter parlando della «malizia della polizia», del «voyeurismo dei media» e dei social network che si sono intromessi in un «divorzio conflittuale». Mélenchon ha detto poi che Quatennens si è assunto la propria responsabilità e ha concluso così: «Rendo omaggio alla sua dignità e al suo coraggio. Gli rinnovo la mia fiducia e il mio affetto».

Molti altri militanti o deputati di partito hanno di fatto seguito l’esempio di Mélenchon e hanno sottolineato in modo positivo la decisione di Quatennens di lasciare il suo incarico di coordinatore.

Ma le femministe e molte e molti altri fuori e dentro il partito hanno invece criticato con forza quella presa di posizione in cui non è stata detta alcuna parola sul tema della violenza contro le donne, né sulla donna che ha vissuto quella specifica violenza.

«Il primo discorso del leader della sinistra francese dopo il comunicato di un deputato che riconosce di aver agito violenza, non può essere di sostegno nei confronti dell’autore della violenza. Jean-Luc Mélenchon dice con orgoglio di essere connesso con la società, ma è molto lontano, è lontano anni luce dal #MeToo» ha detto ad esempio l’attivista femminista Caroline de Haas.

Su Twitter, Caroline de Haas ha poi risposto a Mélenchon scrivendogli quella che secondo lei sarebbe dovuta essere la dichiarazione doverosa da fare, viste le circostanze: «Le violenze domestiche sono intollerabili, qualunque siano i conflitti esistenti. Esprimo il mio sostegno a Céline. Prendo atto delle scuse e della rinuncia di Adrien dalle sue funzioni interne al movimento. Tutto il mio sostegno alle donne vittime di violenza, ovunque nel mondo».

Anne-Cécile Mailfert, presidente della Fondation des Femmes – organizzazione che dal 2014 raccoglie fondi che poi redistribuisce ad associazioni e movimenti che si occupano di diritti delle donne – ha fatto a sua volta notare a Mélenchon che non è corretto ridurre la violenza di genere a un «conflitto». E commentando il fatto che Céline Quatennens ha detto di volersi fermare a una segnalazione e di non voler procedere con una denuncia vera e propria, ha spiegato: «Solo la vittima può scegliere di perdonare nella propria sfera privata, senza che ciò renda l’autore del reato senza alcuna responsabilità nella sfera pubblica».

Tra gli alleati politici di La France Insoumise, che fanno parte della coalizione Nouvelle Union populaire écologique et sociale (Nupes), il messaggio di Jean-Luc Mélenchon è stato preso molto male. Hélène Bidard, a capo della commissione femminista del Partito Comunista Francese, ha spiegato che «non c’è ancora alcuna consapevolezza da parte dei politici. Il primo riflesso resta quello dell’inversione della colpa e della responsabilità. Le parole di Jean-Luc Mélenchon contano, hanno il valore di esempio. Per le vittime suonano come una doppia sanzione».

Di fronte all’entità e alla quantità delle reazioni negative, Mélenchon senza ritrattare è però tornato sull’argomento cercando di correggersi: «Céline e Adrien sono entrambi miei amici. Il mio affetto per lui non significa che io sia indifferente a Céline. Lei non voleva essere citata. Ma io dico: uno schiaffo è comunque inaccettabile. Adrien l’ha ammesso. Va bene».

Adrien Quatennens è autore del libro Génération Mélenchon, era considerato uno dei deputati più promettenti all’interno del partito e l’erede naturale di Mélenchon alla guida. Anche per questo, quanto successo è qualcosa di cui La France Insoumise, dice Le Monde, avrebbe volentieri fatto a meno. Ma è anche qualcosa che ne rivela i limiti.

Libération spiega infatti che La France Insoumise ha sempre condannato la violenza di genere, che ha fatto diverse proposte per affrontarla e per migliorare la protezione e il sostegno per le donne che la subiscono. Ma ha anche dimostrato una gestione interna della violenza di genere «a geometria variabile».

Il caso che ha coinvolto Quatennens arriva infatti a poche settimane da altri due casi simili. Lo scorso maggio, al comitato di La France Insoumise che si occupa di violenza di genere erano arrivate alcune segnalazioni per aggressione sessuale che coinvolgevano il giornalista e attivista Taha Bouhafs, che era candidato in quel momento alle legislative. Bouhafs aveva ritirato la propria candidatura, ma aveva accusato La France Insoumise di non avergli permesso di dimostrare con una procedura equa che le segnalazioni non erano vere e di avere un atteggiamento molto ambiguo, al proprio interno, sulla questione della violenza di genere.

L’altro caso coinvolgeva Éric Coquerel, deputato e figura importante del partito, contro il quale all’inizio di luglio la procura di Parigi aveva avviato un’indagine per molestie e aggressione sessuale. Il partito lo aveva da subito difeso e supportato. Jean-Luc Mélenchon aveva parlato di un’operazione di calunnia, gli aveva espresso la sua «più totale solidarietà» e aveva interpretato l’indagine come il tentativo «meschino» di «diffamare senza motivo» Coquerel. Argomentazioni simili, Mélenchon le ha usate anche per Quatennens.

Diversi giornali francesi scrivono che ora, per un partito che rivendica la lotta contro la violenza sulle donne come una delle proprie priorità, sarà piuttosto complicato giustificare che Quatennens rimanga deputato: «Quasi come se nulla fosse», scrive Libération. E a maggior ragione di fronte a fatti che non sono stati smentiti ma anzi confermati dall’interessato.