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  • Domenica 18 settembre 2022

La quarta dose del vaccino va a rilento

È stata somministrata soltanto al 16,3 per cento delle persone che potrebbero riceverla, per diverse ragioni

(Antonio Masiello/Getty Images)
(Antonio Masiello/Getty Images)
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Nell’ultima settimana nei punti vaccinali italiani sono state somministrate ogni giorno circa 10mila seconde dosi di richiamo, le cosiddette “quarte dosi” del vaccino contro il coronavirus. L’obiettivo del ministero della Salute e del governo era decisamente più ambizioso: a questo punto della campagna vaccinale era prevista la somministrazione di almeno 100mila dosi al giorno per ottenere una buona protezione contro il virus nelle fasce di popolazione più a rischio.

Dalla metà di luglio la seconda dose di richiamo può essere somministrata a tutte le persone che abbiano almeno 60 anni e alle persone fragili, per esempio con problemi al loro sistema immunitario o più a rischio per la presenza di malattie respiratorie o cardiologiche (le regioni si stanno comunque attrezzando per offrire il vaccino a tutti i maggiori di 12 anni). Fino ad allora la quarta dose era riservata alle persone anziane, con più di 80 anni, la fascia d’età più soggetta a possibili forme gravi della COVID-19 che possono causare un ricovero in terapia intensiva o nei casi peggiori la morte.

Da lunedì 12 settembre è iniziata anche la somministrazione dei due nuovi vaccini contro il coronavirus adattati per essere più efficaci contro la prima sottovariante di omicron, la BA.1, ad alcune categorie di persone: oltre a quelle con più di 60 anni e ai fragili, già compresi dalla metà di luglio nella quarta dose con i vaccini precedenti, sono stati compresi anche gli operatori sanitari, gli ospiti delle residenze per anziani e le donne in gravidanza. In questi giorni i due vaccini, quello “vecchio” e quello contro la sottovariante BA.1, vengono somministrati in parallelo, senza nessun criterio particolare.

Per poter ricevere il secondo richiamo devono essere trascorsi almeno 120 giorni dal ricevimento della precedente dose di richiamo. È bene ricordare che un’eventuale infezione da coronavirus avuta in precedenza non impedisce di vaccinarsi, a patto che siano trascorsi 120 giorni dall’ultima infezione.

Dopo l’autorizzazione del ministero della Salute, le regioni hanno ricevuto tutte le informazioni e le risorse per estendere la campagna vaccinale, e nel giro di pochi giorni si sono organizzate per ricevere nuove prenotazioni e allestire i punti vaccinali. Come avvenuto nelle diverse fasi della campagna vaccinale, i sistemi sanitari regionali hanno il pieno controllo del sistema di prenotazione, della distribuzione dei punti vaccinali sul territorio e delle campagne di comunicazione, particolarmente importanti in questa fase.

I dati dicono che sono cambiate molte cose rispetto alla somministrazione delle prime tre dosi: al momento, infatti, la percentuale di persone che hanno scelto di fare la quarta dose è molto bassa. Sono state somministrate in totale 3,1 milioni di quarte dosi, in parte del vaccino “vecchio” e in parte di quello contro la sottovariante BA.1. In tutto è stato vaccinato il 16,3 per cento della platea di popolazione interessata. Nelle fasi precedenti la campagna di somministrazione era stata molto più rapida, soprattutto nelle prime settimane.

La situazione è molto diversa a seconda delle regioni. Quelle dove si registra la più alta percentuale di persone con più di 60 anni vaccinate sono il Piemonte e l’Emilia-Romagna: entrambe le regioni hanno raggiunto il 27 per cento della platea, una percentuale comunque contenuta. La Sicilia, la Calabria, la Basilicata e la Campania sono invece le regioni con la percentuale di adesioni più bassa: in nessuna delle quattro regioni è stato raggiunto il 10 per cento della platea vaccinabile.

Sono diversi i motivi che spiegano un numero di somministrazioni così basso: il principale sembra essere la percezione generale che il vaccino non sia più necessario dopo la fine del picco della pandemia e la rimozione di tutte le restrizioni. Il fatto che negli ultimi mesi si siano infettate moltissime persone, inoltre, potrebbe aver spinto molti ad aspettare un certo periodo di tempo prima di prenotare la quarta dose.

Un altro motivo di attesa può essere la recente raccomandazione da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) del vaccino di Pfizer-BioNTech adattato contro le sottovarianti di omicron BA.4 e BA.5, di cui in Italia sono previste le prime consegne dalla fine di settembre: la prospettiva di avere entro poche settimane vaccini ulteriormente aggiornati può avere influito sull’andamento delle somministrazioni negli ultimi giorni.

Non è chiaro che cosa accadrà a fine settembre quando inizieranno le consegne dei vaccini adattati a BA.4 e BA.5, ma è probabile che parte dei 19 milioni di vaccini adattati a BA.1 rimanga inutilizzata, aggiungendosi alle altre scorte di circa 26 milioni di dosi prossime alla scadenza. In linea generale è normale e inevitabile che parte dei vaccini acquistati da un paese non siano utilizzati: avviene sempre con le scorte vaccinali per particolari malattie e per le quali si tengono delle riserve per ogni evenienza, e in parte accade anche con i vaccini antinfluenzali. Ma nel caso dei vaccini contro il coronavirus ci sono altre implicazioni, anche etiche, legate per esempio alla difficoltà dei paesi più poveri di avere forniture adeguate per contrastare la pandemia.

Al di là degli aspetti di gestione, i vaccini contro il coronavirus – e in particolare quelli a mRNA – si sono comunque rivelati essenziali per ridurre gli effetti della pandemia, salvando milioni di vite. Ancora oggi i vaccini sviluppati contro le prime versioni del coronavirus mostrano comunque un’alta efficacia nel ridurre i rischi di avere forme gravi di COVID-19, anche nel caso di infezioni da variante omicron.

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