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  • Mercoledì 14 settembre 2022

Con i nuovi vaccini le cose si complicano

Quelli adattati alle sottovarianti BA.4 e BA.5 di omicron arriveranno a fine mese, ma intanto è in corso la vaccinazione con quelli contro BA.1, di cui ci sono grandi scorte

(Pierre Crom/Getty Images)
(Pierre Crom/Getty Images)
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La recente raccomandazione da parte dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) del vaccino di Pfizer-BioNTech adattato contro le sottovarianti di omicron BA.4 e BA.5 rischia di portare qualche complicazione alla nuova fase della campagna vaccinale, avviata da pochi giorni in Italia con i vaccini adattati contro BA.1.

Mentre questi ultimi sono già disponibili e impiegati, il vaccino più recente raccomandato dall’EMA non sarà disponibile in Italia prima della fine di settembre, circostanza che potrebbe indurre molti a rinviare la vaccinazione in un contesto in cui si stanno sottoponendo alla nuova somministrazione poche migliaia di persone al giorno.

I vaccini attualmente autorizzati in Italia – quelli di Pfizer-BioNTech e Moderna aggiornati a BA.1 – erano particolarmente attesi dopo i risultati che avevano fatto ottenere soprattutto negli Stati Uniti, dove erano già stati ampiamente utilizzati nel corso dell’estate. L’EMA aveva analizzato i dati clinici forniti dalle due aziende e ne aveva raccomandato l’impiego il primo settembre, con l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) che li aveva autorizzati pochi giorni dopo.

Mentre avveniva il processo di autorizzazione in Europa, negli Stati Uniti venivano introdotte versioni dei vaccini ancora più aggiornate, che si erano rivelate più efficaci nel contrastare le infezioni causate dalle sottovarianti BA.4 e BA.5 di omicron. La Food and Drug Administration (FDA), l’agenzia governativa statunitense che tra le altre cose si occupa di farmaci, aveva autorizzato questi nuovi vaccini molto rapidamente, perché di norma non richiede ai produttori di fornire dati clinici sulle versioni aggiornate, come del resto fa da tempo per i vaccini antinfluenzali.

L’EMA inizialmente era orientata a chiedere i dati clinici anche per le versioni aggiornate del vaccino, prima di fornire la propria raccomandazione. Aveva seguito questo approccio per i due vaccini contro BA.1, mentre lo ha rivisto per il nuovo e più aggiornato vaccino adattato a BA.4 e BA.5. L’Agenzia non voleva correre il rischio di raccomandare in ritardo un vaccino che potrebbe rivelarsi molto utile nella stagione fredda, in vista di eventuali nuove ondate di coronavirus nell’Unione Europea. In assenza della raccomandazione più spedita, si sarebbe inoltre assistito alla prima netta divisione tra Stati Uniti ed Europa nell’impiego dei vaccini contro il coronavirus, una condizione inedita e con conseguenze difficili da prevedere sul piano epidemiologico.

Le tempistiche sulle nuove raccomandazioni e le successive autorizzazioni da parte della Commissione europea e dei singoli stati rischiano però di portare qualche complicazione.

Dopo l’autorizzazione dei due vaccini adattati a BA.1, da lunedì in Italia è stata avviata la nuova fase della campagna vaccinale per le persone con più di 60 anni, gli individui con problemi al sistema immunitario, gli operatori sanitari, le donne in gravidanza e gli ospiti delle residenze per anziani. Il nuovo vaccino può essere ricevuto a patto di avere completato almeno il primo ciclo vaccinale. Potranno sottoporsi alla vaccinazione anche le altre persone che non rientrano in queste categorie, ma i dettagli sono in fase di definizione dalle singole regioni.

Il presidente del Consiglio superiore di sanità, Franco Locatelli, ha detto che entro la fine del mese saranno disponibili in Italia circa 19 milioni di dosi dei vaccini adattati contro BA.1. La disponibilità è quindi alta e superiore alle poche decine di migliaia di vaccini somministrati ogni giorno, rispetto alla media giornaliera di centomila somministrazioni auspicata dal governo. Molte persone avevano ricevuto la seconda dose di richiamo a inizio estate, quindi non sono ancora trascorsi i quattro mesi di tempo per poterne ricevere un’altra, ma sulla scarsa propensione a vaccinarsi sta probabilmente influendo anche la prospettiva di avere entro poche settimane vaccini ulteriormente aggiornati.

Non è chiaro che cosa accadrà a fine settembre quando inizieranno le consegne dei vaccini adattati a BA.4 e BA.5, ma è probabile che parte dei 19 milioni di vaccini adattati a BA.1 rimanga inutilizzata, aggiungendosi alle scorte di circa 26 milioni di dosi prossime alla scadenza. In linea generale, è normale e inevitabile che parte dei vaccini acquistati da un paese non siano utilizzati, avviene sempre con le scorte vaccinali per particolari malattie e per le quali si tengono delle riserve per ogni evenienza, e in parte accade anche con i vaccini antinfluenzali, ma nel caso dei vaccini contro il coronavirus ci sono altre implicazioni, anche etiche, legate per esempio alla difficoltà dei paesi più poveri di avere forniture adeguate per contrastare la pandemia.

Parte del problema sembra essere legata a uno scarso coordinamento nelle attività di raccomandazione, autorizzazione e acquisto tra i paesi europei, come ha da poco segnalato la Corte dei conti europea, che ha il compito di verificare la corretta gestione finanziaria dell’Unione. Dall’inizio della pandemia, l’Unione Europea ha speso 71 miliardi di euro per l’acquisto di 4,6 miliardi di dosi di vaccino, attraverso procedure straordinarie, che secondo la Corte non sempre sono state svolte con l’adeguata velocità e trasparenza. In particolare sono state notate carenze nella logistica, sia per affrontare i ritardi nella produzione dei vaccini nella fase iniziale sia per la loro distribuzione.

Al di là degli aspetti di gestione, i vaccini contro il coronavirus – e in particolare quelli a mRNA – si sono comunque rivelati essenziali per ridurre gli effetti della pandemia, salvando milioni di vite. Ancora oggi i vaccini sviluppati contro le prime versioni del coronavirus mostrano comunque un’alta efficacia nel ridurre i rischi di avere forme gravi di COVID-19, anche nel caso di infezioni da omicron.