La controffensiva ucraina potrebbe far male a Putin

Il presidente russo ha basato la legittimità del suo regime su un'immagine di forza e invincibilità, che è sempre più in discussione

di Eugenio Cau

(Vladimir Smirnov/TASS News Agency Host Pool Photo via AP)
(Vladimir Smirnov/TASS News Agency Host Pool Photo via AP)
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Tra le conseguenze più rilevanti della sconfitta dell’esercito russo nel nord-est dell’Ucraina, oltre all’importanza delle conquiste territoriali fatte dagli ucraini, c’è anche il fatto che per la prima volta il regime di Vladimir Putin è stato criticato dagli stessi russi. Le critiche sono arrivate soprattutto da personalità della destra nazionalista e militarista, che vorrebbero che la Russia si impegnasse più intensamente nella guerra, ma anche dai media di stato controllati dal regime, dove si è cominciato a parlare per la prima volta di una «sconfitta»: Dmitri Kiselyov, noto presentatore tv russo, ha descritto la precipitosa ritirata come «una delle settimane più difficili» dall’inizio dell’invasione.

Queste critiche e ammissioni di difficoltà sono un serio problema per Putin. Il presidente russo negli ultimi due decenni ha costruito la legittimità del suo potere su un’immagine di forza e sulla promessa della restaurazione della Russia alla grandezza del periodo sovietico. Ma le sconfitte militari, causate soprattutto dall’impreparazione e dall’arretratezza dell’esercito russo, stanno danneggiando le basi di un regime fondato sulla potenza militare, la politica estera aggressiva e il revanscismo, la rivincita attraverso la guerra.

Questo per ora non sembra essere un pericolo immediato per il suo regime, ma potrebbe diventarlo in prospettiva: molto dipende da come continuerà la guerra in Ucraina.

Al momento in Russia le proteste più forti contro la conduzione della guerra vengono da personalità pubbliche e osservatori legati ad ambienti nazionalisti e militaristi: soprattutto politici di destra o giornalisti che su Telegram hanno ottenuto un grosso seguito con i loro commenti sul conflitto. All’inizio dell’invasione russa, queste personalità erano state tra i più convinti sostenitori di Putin, ma dopo la grave sconfitta nel nord-est ucraino hanno cominciato a criticare il regime.

Un soldato ucraino nel territorio liberato a nord-est del paese (AP Photo/Kostiantyn Liberov)

Yuri Podolyaka, un blogger con 2,3 milioni di follower su Telegram, ha scritto che davanti all’incompetenza mostrata dalle sconfitte militari i russi potrebbero «perdere fiducia nel ministero della Difesa e presto in tutto il governo». Altri sono stati ancora più drastici. Igor Girkin, un ex militare ultranazionalista che su Telegram ha quasi mezzo milione di follower, ha scritto: «Abbiamo già perso, è solo questione di tempo».

Critiche alla gestione della guerra sono arrivate anche da personalità più istituzionali. Il leader ceceno Ramzan Kadyrov, stretto benché peculiare alleato di Putin, ha accusato il comando militare russo di aver commesso grossi errori, e ha chiesto cambiamenti nella conduzione dell’operazione militare.

Sabato, mentre l’esercito ucraino avanzava nella regione di Kharkiv (così rapidamente che spesso, secondo alcune ricostruzioni, i comandi arretrati non avevano idea di quanto avanti fossero le truppe), Putin si trovava in un parco giochi di Mosca per l’inaugurazione di una grande ruota panoramica. In seguito, in serata, sulla Piazza Rossa di Mosca c’è stato uno spettacolo di fuochi d’artificio, per celebrare l’anniversario della fondazione della città.

Putin con il sindaco di Mosca Sergei Sobyanin durante le celebrazioni di sabato (EPA/GAVRIIL GRIGOROV / SPUTNIK / KREMLIN / POOL)

Dall’inizio della guerra – che il regime russo definisce “operazione militare speciale” – Putin ha cercato in ogni modo di mantenere la normalità in Russia, con l’intento di evitare il diffondersi del malcontento tra la popolazione. Ma il contrasto tra il tono leggero e celebrativo di questi eventi e quello che stava avvenendo sul campo in Ucraina è stato notato da molti, ed è stato criticato pubblicamente.

Sergei Markov, un analista politico che è stato parlamentare di Russia Unita, il partito di Putin, ha detto che le celebrazioni e i fuochi d’artificio «nel giorno tragico di una grave sconfitta militare per la Russia» avrebbero dovuto essere cancellati. Sergei Mironov, presidente di Russia Giusta, un partito che sostiene Putin, ha scritto su Twitter che «non può e non deve succedere che oggi i nostri ragazzi stiano morendo e noi facciamo come se nulla fosse!».

Il fatto più notevole è che, almeno inizialmente, la sconfitta è stata riconosciuta e commentata anche sui talk show della tv pubblica, che sono uno degli strumenti principali della propaganda del regime.

I conduttori hanno spesso seguito il messaggio governativo secondo cui la precipitosa ritirata a Kharkiv sarebbe stata un «raggruppamento», ma hanno anche fatto capire che l’esercito russo si trova in difficoltà, e che di fatto sta subendo grosse sconfitte. Sul canale televisivo NTV, uno dei più seguiti del paese, l’ex deputato Boris Nadezhdin ha detto: «Siamo arrivati al punto in cui dobbiamo capire una cosa semplice: è impossibile sconfiggere l’Ucraina usando le risorse con cui la Russia sta cercando di combattere attualmente».

Queste dichiarazioni realiste sono state presto soffocate dalla propaganda: Margarita Simonyan, la direttrice del canale televisivo RT e tra le più radicali sostenitrici del regime, ha scritto che chi critica l’operazione militare speciale sta facendo «i capricci». Sono dichiarazioni che restano tuttavia notevoli: è la prima volta dall’inizio dell’invasione che l’adeguatezza del regime russo è messa in dubbio così apertamente.

Nessuna di queste critiche ha toccato Putin personalmente. Esponenti politici, blogger e analisti sanno bene che possono spingersi a criticare la conduzione generale della guerra, il governo e perfino alcuni ministri, ma che sfiorare il presidente significa mettersi in guai seri. Per questo, le critiche sono state rivolte soprattutto contro Valery Gerasimov, il capo di stato maggiore dell’esercito, e Sergei Shoigu, il ministro della Difesa, a cui è stata addossata la responsabilità dell’incompetenza militare russa.

Questo benché vari analisti ritengano che gli indirizzi generali della guerra siano da attribuire alla leadership politica, cioè a Putin.

Ovviamente, queste critiche finora non minacciano il regime russo. Praticamente nessuna personalità di rilievo ha chiesto le dimissioni del governo (con sparute eccezioni) e anzi gli ambienti nazionalisti non criticano il regime per aver invaso l’Ucraina, ma perché non lo starebbe facendo con sufficiente decisione.

Inoltre, la Russia domina ancora su circa un quinto del territorio ucraino. La guerra è aperta e il suo esito incerto: la vittoria a Kharkiv ha danneggiato gravemente le posizioni della Russia e la possibilità di una vittoria dell’Ucraina è molto meno remota di quanto non fosse anche poche settimane fa, ma la Russia ha ancora ampie risorse militari, che le potrebbero consentire di ribaltare la situazione.

Nonostante questo, anche una sola sconfitta è sufficiente a mostrare come, se l’andamento della guerra dovesse continuare a peggiorare, il regime russo potrebbe essere messo in difficoltà.

Un addestramento del battaglione Azov dell’esercito ucraino, lo scorso giugno (Paula Bronstein/Getty Images)

Per oltre due decenni, Vladimir Putin ha basato il suo potere sull’ostentazione di un’immagine di forza e invincibilità.

Fin dalla sua prima ascesa al potere, nel 1999, Putin creò attorno a sé un mito di risolutezza, decisione ed eccezionali capacità strategiche, che applicò per esempio nella Seconda guerra cecena, cominciata proprio da Putin e condotta con eccezionale durezza, anche contro la popolazione civile.

Quest’immagine pubblica ebbe enorme successo in Russia, dove la popolazione votò in massa un leader che prometteva di risollevare il paese dalla crisi economica degli anni Novanta e di riportarlo alla potenza del periodo sovietico. Putin è tuttora un leader eccezionalmente popolare nel suo paese.

Ebbe grande successo anche all’estero: per decenni, nel mondo Putin fu considerato un leader forte, deciso, enigmatico, oltre che un eccellente stratega capace di mettere in difficoltà gli Stati Uniti in Medio Oriente, di riportare la Russia allo stato di grande potenza, di modernizzare il vecchio esercito sovietico trasformandolo in uno dei più potenti e temibili del mondo. L’ex presidente americano Donald Trump definì Putin «un genio», e anche se con toni meno entusiastici questo giudizio è stato condiviso per molto tempo da numerosi leader occidentali.

Quest’immagine di forza e invincibilità è diventata così importante per Putin da trasformarlo, come ha scritto il commentatore del Washington Post David Ignatius, in «un uomo che non può permettersi di perdere».

Il problema è che dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina le sconfitte, o comunque gli errori e gli insuccessi, hanno cominciato ad accumularsi: dapprima con il ritiro da Kiev a poche settimane dall’inizio del conflitto, poi con le difficoltà nella campagna nell’est e nel sud dell’Ucraina e infine con l’umiliante ritiro di questi giorni dalla regione di Kharkiv. L’esercito russo, ritenuto temibile e preparato, si è mostrato invece inadeguato e male armato.

Il regime sta facendo di tutto per dare l’impressione di avere la situazione sotto controllo. Finora, per evitare malcontento, si è rifiutato di avviare una mobilitazione generale della popolazione, creando tuttavia i presupposti per la grave carenza di personale che attualmente è uno dei principali problemi delle forze russe.

Il regime, inoltre, ha messo in atto tutta una serie di misure straordinarie per evitare il tracollo dell’economia a seguito delle sanzioni occidentali: per ora stanno più o meno funzionando, e la vita quotidiana in Russia prosegue come prima della guerra, con poche eccezioni. Queste misure straordinarie però possono rimanere efficaci solo fino a un certo punto, e le previsioni economiche di medio-lungo periodo per la Russia sono disastrose.

Putin ha ancora il pieno controllo del paese e una fortissima macchina propagandistica, ma se le sconfitte militari dovessero accumularsi, e se a queste si dovesse unire una crisi economica che colpisce la maggior parte della popolazione, allora le cose per lui potrebbero cominciare a cambiare.