La faccia di Zuckerberg nel metaverso

L'ultima immagine pubblicata dal capo di Meta mostra tutta la goffaggine della sua idea di realtà virtuale, e non è la prima volta che viene fatto notare

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Lo scorso 16 agosto l’amministratore delegato di Meta, Mark Zuckerberg, ha pubblicato sul suo profilo Facebook un’immagine promozionale di Horizon Worlds, un videogioco in realtà virtuale prodotto dal gruppo. Horizon Worlds è una piattaforma in cui gli utenti possono visitare scenari virtuali utilizzando i visori per la realtà virtuale prodotti da Oculus, altra azienda di proprietà di Meta. Il videogioco rappresenta un tassello importante per la strategia di Meta sul “metaverso”, l’ipotetico spazio di internet in cui gli utenti saranno immersi in un mondo virtuale, esplorabile e interattivo.

Zuckerberg tiene particolarmente a questa tecnologia: oltre ad aver cambiato il nome del gruppo da Facebook a Meta lo scorso ottobre, l’azienda ha anche investito nel suo sviluppo circa dieci miliardi di dollari, annunciando agli azionisti che i risultati di questi sforzi non saranno visibili prima del 2030. Il tutto è avvenuto in un anno delicato per le proprietà di Meta, che, da Facebook a Instagram, stanno accusando la concorrenza soprattutto di TikTok.

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L’immagine di Horizon Worlds condivisa da Zuckerberg ha ottenuto molte attenzioni e qualche critica, spingendo lo stesso Zuckerberg a rispondere pubblicamente nei giorni successivi alla presentazione del videogioco. Gli elementi dell’anteprima di Horizon Worlds ad avere attirato lo scherno di molte persone sui social sono diversi: la scenografia piatta e bicolore, il rudimentale aspetto delle strutture sullo sfondo (la Torre Eiffel e la Sagrada Familia: l’immagine doveva infatti promuovere lo sbarco del videogioco in Francia e Spagna) e soprattutto l’aspetto dell’avatar di Zuckerberg stesso.

Dopo tre giorni, caratterizzati da molte prese in giro e meme che ironizzavano sullo stato del metaverso di Meta, Zuckerberg è intervenuto con un nuovo post in cui ammetteva che «la foto postata questa settimana era molto basilare», dando la colpa alla fretta dovuta ai tempi di presentazione del videogioco, ma anche assicurando che «la grafica di Horizon è capace di molto meglio». Per dimostrarlo, ha allegato al post una nuova versione del suo avatar, che contiene dettagli che danno maggiore profondità ed espressione al volto, e rendono più vivace lo sguardo.

Nei giorni successivi si è saputo di più sulla realizzazione del secondo avatar. A parlarne è stato Dylan Dunbar, artista specializzato in realtà virtuale e collaboratore di Meta, in un post pubblicato sul suo profilo LinkedIn (poi cancellato) che spiegava che la pubblicazione della versione aggiornata dell’avatar non era stata una risposta alla pessima reazione di pubblico dei giorni precedenti. Secondo Dunbar, infatti, il nuovo ritratto era stato prodotto nel corso di quattro settimane, passando per ben «quaranta iterazioni» diverse, di cui Zuckerberg aveva scelto la migliore («Gli è piaciuta tanto da pubblicarla»).

Non è la prima volta che Zuckerberg riceve attenzioni con un suo avatar virtuale. Ben prima che Facebook diventasse Meta, nel 2017, aveva dovuto scusarsi pubblicamente per aver «visitato» virtualmente Puerto Rico nei giorni successivi al disastroso uragano Maria, che aveva provocato ingenti danni e morti nell’isola. Zuckerberg aveva inaugurato la sua visita precisando che «una delle caratteristiche principali della realtà virtuale è l’empatia» ma il risultato finale era sembrato di pessimo gusto a molti, creando peraltro una scena piuttosto surreale in cui il suo avatar galleggiava tra le macerie e la distruzione di Puerto Rico.

Nel corso della discussa diretta streaming, dopo aver parlato di come l’azienda aveva intenzione di aiutare Puerto Rico, Zuckerberg aveva domandato a un dirigente di Facebook che lo accompagnava se volesse «teletrasportarsi da qualche altra parte». «Sì, magari torniamo in California» fu la risposta.

Dal 2017 molto è cambiato per il gruppo e le sue mire virtuali, ma l’avatar del suo fondatore è rimasto al centro della comunicazione aziendale sul metaverso. Questa esposizione continua rappresenta un’eccezione nel panorama comunicativo del settore (difficilmente Steve Jobs si sarebbe mostrato vicino a un prototipo sperimentale e fallato di un nuovo prodotto), ma permette di osservare l’evoluzione iconografica del fondatore di Facebook nel mondo virtuale. È ormai indubbio che il capo di Meta abbia a cuore la realtà virtuale e le sue possibili future implementazioni social; a destare dubbi è piuttosto la sua visione del metaverso, che sembra voler replicare fedelmente il mondo reale con mezzi digitali.

Pochi giorni dopo che Facebook cambiò nome in Meta, lo scorso anno, l’azienda aveva pubblicato un video di presentazione del progetto in cui mostrava le possibilità che la virtualità offriva al lavoro d’ufficio e alle riunioni («Lavora meglio e fai di più»), oltre che al fitness e al tempo libero.

Anche quella volta, il video colpì per diversi motivi: per l’avatar stesso di Zuckerberg, molto più dettagliato di quello effettivamente in uso nel metaverso, ma anche per l’attenzione che questo nuovo mondo virtuale in cui tutto è possibile sembra avere per mansioni lavorative e quotidiane, qui riprodotte il più realisticamente possibile.

Il legame con la realtà – il lavoro, le frequentazioni, le abitudini di ogni giorno – sembra alla base della visione di Meta, per cui si dovrebbe andare nel metaverso per fare quello che si fa di solito, però «meglio».

Questo assunto sembra essere in netto contrasto con lo spirito che ha finora animato la realtà virtuale e il metaverso, settori che Zuckerberg non ha inventato e i cui primi sviluppi risalgono a decenni fa (il videogioco Second Life, lanciato nel 2003, è di fatto un metaverso). Come ha scritto Wagner James Au, autore di un blog che da anni si dedica a questo tipo di tecnologia, a stupire non è tanto la scarsa resa grafica dell’avatar di Zuckerberg quanto piuttosto come questo voglia somigliare al suo volto. «A quanto pare, [il metaverso di Meta] si basa sulla premessa che gli avatar debbano essere una variazione di realtà mista dell’utente reale, e che sia questo quello che i consumatori vogliono».

Secondo l’esperto di realtà virtuale, invece, «questa è in realtà l’eccezione» e la maggior parte degli utenti tradizionali «non preferiscono avatar basati sul loro aspetto, anche quando ci sono strumenti per personalizzarli in questo senso». Chi visita il metaverso, specie se è molto giovane, lo fa perché vuole «esplorare e creare e sperimentare con l’identità che sta ancora sviluppando».

Al contrario, il progetto di Meta sembra destinato a un pubblico adulto, con un’occupazione, un reddito, dei colleghi e un avatar riconoscibile quanto un badge aziendale. Piattaforme come Fortnite e Roblox, videogiochi che per certi versi rappresentano qualcosa di simile a un metaverso, offrono ai loro utenti molta libertà di sperimentare con i propri avatar, optando per una rappresentazione realistica solo in casi speciali, come le collaborazioni con cantanti quali Lil Nas X (apparso su Roblox) e Travis Scott (su Fortnite).