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  • Venerdì 19 agosto 2022

La storia di Delonte West

Un tempo compagno di squadra di LeBron James, dopo l’insorgere di disturbi complessi e dipendenze ha iniziato a vivere senza fissa dimora tra varie città degli Stati Uniti

di Pietro Cabrio

Delonte West allo Staples Center di Los Angeles nel 2012 (Getty Images)
Delonte West allo Staples Center di Los Angeles nel 2012 (Getty Images)
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Il 15 settembre 2009, a poco più di un mese dall’inizio della stagione NBA di quell’anno, Delonte West, guardia dei Cleveland Cavaliers e compagno di squadra di LeBron James, fu fermato dalla polizia lungo l’autostrada interstatale che circonda Washington, la città in cui West era nato e cresciuto.

Guidava un mezzo particolare, una moto a tre ruote chiamata Can-Am Spyder, quando tagliò la strada a una pattuglia mentre viaggiava ben oltre il limite di velocità. Fu quindi fermato, perquisito e trovato in possesso di due pistole e un fucile tenuto nella custodia di una chitarra che portava in spalla. Fu arrestato, collaborò con gli agenti e in seguito spiegò che quelle armi, regolarmente registrate, le aveva con sé perché le stava portando via da casa di sua madre, che non le voleva vedere.

All’epoca West era già alle prese con problemi di natura personale che però ancora non si conoscevano bene. Da quell’arresto la sua carriera di giocatore di tutto rispetto nel miglior campionato di basket al mondo iniziò a finire, e di pari passo cominciarono a manifestarsi disturbi depressivi, in particolare un bipolarismo cronico mai affrontato in precedenza e conseguenti dipendenze da alcol e droghe. Oggi, a 39 anni, questi problemi lo portano a passare lunghi periodi per strada, senza fissa dimora.

West accanto a LeBron James durante i playoff NBA del 2011 (Getty Images)

Nel 2011 rivelò che quando fu fermato in autostrada era sotto gli effetti del Seroquel, farmaco prescritto per curare il suo disturbo bipolare, e si trovava in stato confusionale perché non lo aveva mai preso prima. Per quell’episodio fu condannato a otto mesi di sorveglianza con braccialetto elettronico e due di libertà vigilata.

La condanna ebbe effetti immediati sulla sua carriera in NBA, durata complessivamente nove stagioni, con oltre 4 mila punti segnati e qualche colpo particolarmente ricordato, come il canestro della vittoria allo scadere per Cleveland contro Washington ai playoff del 2008. Proprio a Cleveland, dove in seguito ad alcuni scatti d’ira con arbitri e compagni di squadra gli era stato diagnosticato inizialmente il bipolarismo, fu escluso dopo la terza stagione. All’epoca la stampa imputò anche a lui, e alle voci di una sua relazione mai confermata con Gloria Marie James, la madre di LeBron James, il deludente esito dei playoff del 2010, dopo i quali James si trasferì a Miami.

West andò invece ai Boston Celtics, la squadra che nel 2004 lo aveva selezionato dalla Saint Joseph’s University di Philadelphia. Quella di Boston fu la sua peggior stagione in carriera, segnata inevitabilmente dalla condanna ricevuta nel frattempo. La stagione successiva ci riprovò con i Dallas Mavericks, dove giocò più regolarmente mostrandosi però sempre più nervoso e aggressivo, anche in campo. Durante la preparazione della seconda stagione, i continui litigi con i compagni di squadra spinsero i Mavericks a escluderlo definitivamente dal gruppo.

Nello stesso periodo si scoprì che durante la sospensione forzata del campionato nel 2011 — il cosiddetto lockout — West aveva finito tutti i soldi e si era dovuto trovare un lavoro come commesso nella catena di grandi magazzini Home Depot per pagarsi almeno le spese essenziali. Si dice che nel corso della sua carriera da giocatore abbia guadagnato oltre 16 milioni di dollari, una stima realistica per le grosse cifre che girano in NBA.

West e Ron Artest durante Lakers-Mavericks nel 2012 (Getty Images)

Dopo l’ultima esperienza a Dallas, West non tornò più in NBA e per alcuni anni cercò di tirare fuori quello che poteva dalla fase discendente della sua carriera. Andò a giocare nei campionati minori nordamericani, poi per due stagioni in Cina e infine in Venezuela, dove firmò un contratto nel campionato locale ma non giocò nemmeno una partita.

Senza l’impegno del basket — a sua detta la passione che lo teneva sulla «buona strada» — i disturbi accertati in età adulta, ereditati o aggravati dai disagi vissuti durante l’infanzia, si manifestarono in un progressivo crollo psicofisico. In alcune interviste date in passato West aveva raccontato di aver vissuto un’infanzia «felicemente povera», ma anche di aver frequentato ospedali psichiatrici e di aver iniziato presto con le droghe. Quando nel 2008 gli fu diagnosticato il bipolarismo, non lo prese troppo sul serio: si riteneva perlopiù sopraffatto e stressato dai ritmi dello sport professionistico.

Negli ultimi anni di carriera divorziò, si risposò ed ebbe due figli. Dal 2015 al 2016 di lui non si seppe più nulla fino a quando non fu visto vagare per Houston senza scarpe, vestito con un camice da ospedale. Chi lo incontrò gli chiese se era veramente Delonte West, e lui rispose: «Lo ero, nella mia vita precedente». Nello stesso anno fu visto elemosinare a Temple Hill, nel Maryland, ma all’epoca negò di essere finito per strada.

Da anni West vive vagando per gli Stati Uniti, è stato arrestato più volte e i suoi video mentre chiede «qualche dollaro» agli automobilisti a Washington, in Texas, in Georgia o in Florida si ripresentano ciclicamente online e sui social network.

West in uno dei video girati di recente

Dopo averlo perso di vista per alcuni anni, conoscenti ed ex compagni di squadra ebbero nuovamente sue notizie nel 2020, quando uno di questi video iniziò a circolare. Erano due riprese diverse. In una West era accasciato a terra in mezzo a una strada e veniva picchiato brutalmente da un’altra persona. Nell’altro era seduto sul ciglio della strada e delirava ammanettato dopo l’arrivo della polizia.

Il video spinse il proprietario dei Dallas Mavericks, Mark Cuban, a rintracciarlo per offrirgli una sistemazione e un percorso di cura in una clinica in Florida, per la quale avrebbe lavorato fino allo scorso anno. Di recente è anche tornato a giocare brevemente in un torneo di basket a tre, ma negli ultimi mesi sono tornati a circolare alcuni video di passanti che lo hanno visto chiedere l’elemosina, tra la Virginia e il Texas.

West non si nasconde più, e quando è nelle giuste condizioni parla apertamente. Nei video che si trovano online appare decisamente meglio di come era stato trovato due anni fa, anche se fisicamente provato e un po’ sbattuto. In uno di questi video ha parlato per qualche minuto di sé stesso con una famiglia che lo aveva riconosciuto in una stazione di servizio a Houston con una coperta in spalla, dicendo:« Ho giocato nella stessa squadra di LeBron James per tre anni, a Cleveland. Mi sono preso cura della mia famiglia, ho pagato case e studi a tutti. Ora sono per conto mio e non voglio nulla in cambio».

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