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  • Mercoledì 3 agosto 2022

La Nuova Zelanda ha un piano per affrontare il cambiamento climatico

Lo ha appena presentato il governo, e prevede l'abbandono e il ricollocamento delle località sulla costa più minacciate

L'inondazione di Edgecumbe in Nuova Zelanda nel 2017 (Andrew Warner/The Bay of Plenty Times via AP)
L'inondazione di Edgecumbe in Nuova Zelanda nel 2017 (Andrew Warner/The Bay of Plenty Times via AP)
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Il governo della Nuova Zelanda ha presentato mercoledì il suo primo piano di “risposta al cambiamento climatico”. Entrerà in vigore dal 2024 e prevede che intere città e comunità possano essere abbandonate e ricollocate per far fronte ai crescenti rischi legati all’innalzamento del livello dei mari e alle inondazioni provocate dai fiumi, tra le altre cose.

Il piano è stato presentato dal ministro per il cambiamento climatico James Shaw e segue di alcuni mesi l’approvazione a maggio di quello per la riduzione delle emissioni, finanziato con 2,9 miliardi di dollari neozelandesi (circa 1,8 miliardi di euro) nel bilancio del 2022, con l’obiettivo di eliminare le emissioni da gas serra entro il 2050. Il ministro Shaw ha detto che un neozelandese su sette vive in zone a rischio inondazione, mentre oltre 70mila abitazioni sulla costa sono a rischio per l’innalzamento dei mari.

Sono relativamente pochi i paesi o le regioni che hanno già approvato o stanno per approvare piani simili a quello della Nuova Zelanda: tra questi Canada, California e Paesi Bassi.

Il piano prevede, fra le oltre 120 misure che comprendono in primo luogo una mappatura più approfondita delle zone a rischio del paese, la ricollocazione di abitazioni o centri abitati in zone più sicure, il cosiddetto “arretramento gestito” (“managed retreat”) dalle coste. I costi della misura, considerata come ultima risorsa quando non fosse possibile costruire dighe per il mare o innalzare le abitazioni su palafitte, sarebbero da dividere fra proprietari degli immobili, compagnie assicurative, banche, comunità locali e governo centrale. L’effettiva ripartizione dei costi non è però ancora stata definita e questo ha provocato varie critiche al piano.

La Nuova Zelanda è già stata obbligata a un “arretramento gestito” con la ricollocazione della città costiera di Matata nella Baia di Plenty, soggetta a frane e inondazioni di fango e detriti in corrispondenza a forti piogge: 34 proprietari a maggio avevano dovuto abbandonare le loro case, considerate pericolose e non assicurabili, ricevendo un indennizzo. Altre comunità stanno discutendo misure simili.

Nei primi sei mesi del 2022 il paese ha registrato un aumento delle temperature medie di 1,2 gradi, mentre il livello dei mari fra il 2006 e il 2018 è cresciuto in media di 3,7 mm all’anno, e il dato è in aumento.

Il piano neozelandese copre un periodo di sei anni, fino al 2028, e il processo che ha portato alla sua stesura verrà ripetuto altre cinque volte fino al 2052. Particolari attenzioni sono state rivolte alle comunità maori, che vivono in molti casi in zone rurali e remote, più soggette agli effetti dei cambiamenti climatici.