Perché si muore per il caldo

Il nostro corpo riesce a raffreddarsi, ma solo fino a un certo punto e durante le ondate di calore può diventare un grave problema sanitario

(Kiran Ridley/Getty Images)
(Kiran Ridley/Getty Images)
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Negli ultimi giorni più di 1.700 persone sono morte in Spagna e Portogallo a causa dell’intensa ondata di calore che ha interessato buona parte dell’Europa, con molte aree del continente in cui sono stati superati i 40 °C. Le stime sono ancora provvisorie e diversi altri paesi europei sono al lavoro per valutare l’impatto della situazione dal punto di vista sanitario, anche se ricondurre la causa dei decessi al caldo non è sempre semplice.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità solo tra il 1998 e il 2017 sono morte oltre 166mila persone a causa delle ondate di calore. Il dato è però sottostimato secondo vari esperti, proprio per le difficoltà nel censire tutte le morti riconducibili al caldo.

Il problema è del resto sempre più sentito anche a causa del riscaldamento globale, che ha portato alcune aree del mondo a essere più esposte a periodi prolungati di caldo. In Europa, per esempio, vari studi hanno rilevato come negli ultimi anni le ondate di calore non solo siano diventate più frequenti, ma anche più intense, a causa dei cambiamenti di alcune dinamiche nell’atmosfera che rendono più persistenti le aree di alta pressione sul continente europeo nella stagione calda. I rischi sono maggiori nei paesi meno attrezzati per affrontare il gran caldo, come si è visto negli ultimi giorni nel Regno Unito.

In generale, il nostro organismo è costantemente al lavoro per assicurarsi che la temperatura si mantenga costante all’incirca su valori compresi tra i 36 e i 37 °C. Questa attività di termoregolazione è essenziale, perché le nostre cellule e di conseguenza i nostri organi sono fatti per lavorare al meglio a quella temperatura. Con le loro attività, le cellule producono calore e hanno necessità di disperderlo: quando fa freddo questa dispersione del calore viene rallentata, mentre se fa caldo viene aumentata per evitare rischiosi aumenti della temperatura.

Il corpo umano ha essenzialmente due modi per rispondere all’aumento della temperatura esterna: sudare e far dilatare i vasi sanguigni, in modo da disperdere più facilmente il calore. I due processi sono interconnessi e dipendenti l’uno dall’altro.

Il sudore viene prodotto dalle ghiandole sudoripare che si trovano nella pelle. Ne esistono di due tipi: le eccrine sono le più diffuse e si stima che ognuno di noi ne abbia tra i 2 e i 4 milioni; le apocrine sono meno diffuse e sono concentrate solamente nelle ascelle, nell’inguine, nell’areola (la parte rosa intorno al capezzolo), sotto l’ombelico, nel monte di Venere, nelle grandi labbra e nello scroto. Le eccrine hanno soprattutto una funzione termoregolatrice, mentre le apocrine hanno diverse altre funzioni, compresa la diffusione dei feromoni, sostanze per inviare segnali olfattivi.

Le gocce di sudore lasciano la pelle sotto forma di vapore, un processo che richiede energia e nel farlo portano via calore alla pelle, che quindi si raffredda. È un processo molto efficiente, ma per funzionare ha bisogno della costante produzione di nuove gocce di sudore. Quest’ultima può essere in parte ostacolata in caso di particolari condizioni ambientali, che rendono meno efficiente il meccanismo di traspirazione e di conseguenza impediscono all’organismo di dissipare il calore in eccesso.

Per rendere più efficiente lo scambio di calore, il corpo umano sfrutta anche la vasodilatazione, fa cioè dilatare i vasi sanguigni, soprattutto quelli periferici. In questo modo aumenta l’afflusso di sangue e si favorisce la dispersione del calore nell’ambiente.

La vasodilatazione implica però che la pressione sanguigna diminuisca, perché è aumentata l’ampiezza (“lume”) dei vasi sanguigni. Prendendoci qualche licenza, possiamo dire che è più o meno la stessa cosa che succede con la canna dell’acqua per innaffiare il giardino: se si preme il tubo, riducendo il lume, aumenta la pressione dell’acqua. Un abbassamento significativo della pressione sanguigna porta a qualche stress in più per il cuore, che deve compensare lavorando più duramente per pompare il sangue.

In una persona sana questa circostanza non comporta particolari problemi, specialmente se la condizione è temporanea e non intervengono altre variabili. Per le persone con altri problemi di salute la vasodilatazione può essere invece molto rischiosa, per esempio per chi ha problemi cardiologici o di coagulazione del sangue ed è a rischio di ictus.

Anche la copiosa perdita di liquidi tramite il sudore può avere effetti sulla salute. Insieme al sudore si perdono importanti sali minerali, a cominciare dal sodio che ha un ruolo importante nella regolazione della pressione sanguigna. Nel breve termine, la disidratazione può causare senso di malessere, nausea e mal di testa, ma nei casi più gravi può comportare seri danni a cominciare dai reni, il cui compito è proprio quello di ripulire il sangue tramite la produzione delle urine.

Le persone più a rischio nei casi di disidratazione sono gli anziani, che mediamente hanno una minore percezione della sete, e gli individui con altri problemi di salute che possono influire sulla capacità dell’organismo di rimanere idratato, come i diabetici. Nei casi di profonda disidratazione, le cellule hanno sempre meno acqua a disposizione e l’organismo non riesce a espellere le scorie. Si ha una progressiva perdita di coscienza cui segue il decesso.

È soprattutto per questi motivi che nelle ondate di calore aumenta l’incidenza dei decessi legati a problemi cardiocircolatori e respiratori. Le morti riguardano in particolare le persone anziane o con preesistenti problemi di salute, che spesso vivono da sole e senza ricevere un’assistenza adeguata. È inoltre stata rilevata una spiccata incidenza dei decessi tra le persone con problemi di salute mentale, o perché non autosufficienti o perché sottoposte a terapie con effetti avversi che peggiorano nei periodi di grande caldo.

I rischi possono essere non indifferenti anche per i bambini, soprattutto nei primi mesi di vita, quando il loro organismo è più esposto agli effetti del caldo e per via del rapporto tra la loro massa e la superficie del corpo esposta all’ambiente esterno non hanno modo di cedere calore efficientemente come gli adulti. Anche le donne incinte, specialmente se a termine, corrono qualche rischio in più sia per eventuali problemi di pressione sanguigna sia per la maggiore disidratazione.

Naturalmente la risposta del corpo umano al caldo varia sensibilmente a seconda delle aree geografiche, delle caratteristiche di ciascuno e della capacità di acclimatarsi. Nel corso di alcuni giorni, l’organismo impara a gestire con maggiore efficienza la termoregolazione in condizioni di grande caldo. È stato per esempio rilevato come sia in grado di sudare più efficacemente, riducendo la concentrazione di sale e altri minerali espulsi tramite la pelle. In questo modo il corpo mantiene un migliore equilibrio delle sostanze necessarie per consentire alle cellule di funzionare normalmente. L’acclimatazione riguarda anche la capacità di tenere sotto controllo la pressione sanguigna, a patto che non si abbiano altri problemi di salute, soprattutto circolatori.

Da tutto questo derivano i classici consigli che si sentono spesso nel periodo estivo: bere molto, privilegiare alimenti ricchi d’acqua, ridurre l’esposizione al sole soprattutto nelle ore centrali della giornata e privilegiare gli ambienti freschi e ben aerati.

La permanenza al sole o comunque in un ambiente molto caldo può anche causare un colpo di calore (ipertermia), una condizione diversa dalla febbre perché non è dovuta a una risposta del nostro organismo, ma deriva dalle condizioni ambientali esterne. In una prima fase si ha uno stress da calore: nausea, mal di testa e confusione mentale. È quest’ultima a essere particolarmente rischiosa, perché una persona che non sa bene che cosa sta facendo e non è assistita rischia di prolungare la propria esposizione al sole e di non assumere liquidi per risolvere la situazione.

Quando la temperatura corporea raggiunge i 39-40 °C si verifica l’ipertermia vera e propria. La pelle diventa arrossata, perché i vasi sanguigni più superficiali continuano a dilatarsi per provare a dissipare il calore in eccesso, con una conseguente riduzione della pressione sanguigna che porta a provare brividi, come quando si ha la febbre alta. Un ulteriore aumento della temperatura interna impedisce agli organi di funzionare e in breve tempo sopraggiunge la morte.

Dopo i primi segni di colpo di calore, la persona interessata dovrebbe essere trasferita velocemente in un luogo più fresco, avendo cura di chiamare i soccorsi. La reidratazione tramite l’assunzione di acqua deve essere effettuata gradualmente e con qualche cautela. Di solito il recupero è relativamente rapido, ma la condizione può incidere su altri problemi di salute e diventare una causa di morte per il caldo.

L’Europa era esposta anche in passato alle ondate di calore, ma la loro frequenza è comunque aumentata sensibilmente negli ultimi anni con numerose conseguenze, anche per la salute pubblica. Nel 2003 un’estate particolarmente calda causò più di 70mila morti in 16 paesi europei, di cui circa 20mila in Italia.