La pandemia ha aggravato la crisi dei giornali

La diffusione dei quotidiani è diminuita ancora molto, dicono i dati, ma non per tutti

di Alice Lanciano

(AP Photo/Francisco Seco)
(AP Photo/Francisco Seco)
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Durante il primo anno di pandemia la crisi dei quotidiani, in corso ormai da diversi anni, è proseguita e si è aggravata. Secondo i dati di Accertamenti Diffusione Stampa (ADS), infatti, dal 2013 al 2019 la gran parte dei quotidiani italiani aveva perso fra il 30 e il 50 per cento delle copie diffuse (la “diffusione” comprende sia le copie vendute in edicola o in abbonamento che quelle omaggio). Con una crisi di tale portata in atto da prima dell’inizio della pandemia, le perdite dei giornali nel 2020 sono state consistenti: l’andamento negativo si è riconfermato nel 2021 e – salvo qualche caso – non c’è stato un “rimbalzo” dopo la fine dei lockdown né le copie digitali hanno compensato la minor diffusione cartacea. Al calo della diffusione, e quindi delle copie vendute, corrisponde spesso anche un calo degli investimenti pubblicitari, per via della diminuzione del pubblico.

Per esempio, la diffusione del quotidiano La Repubblica a ottobre 2020 secondo i dati ADS è diminuita del 6,91% a confronto con lo stesso mese dell’anno precedente. Nel 2021 il calo è proseguito con un ulteriore -8,44%. Anche La Stampa nell’ottobre del primo anno di pandemia è arrivata a perdere l’11,44%, e il calo è solo rallentato nell’anno seguente con il -9,04%. Il calo della diffusione di Repubblica potrebbe spiegarsi in parte anche col grosso cambiamento della linea editoriale del giornale seguito alla nomina di un nuovo direttore da parte della proprietà.

Il Corriere della Sera si è confermato il giornale dalla maggior diffusione in Italia, perdendo il 3,63% nel 2020 e recuperando parzialmente nel 2021 con un +1% sull’anno prima. Il Sole 24 Ore ha avuto un lieve aumento della diffusione nel 2020 (+1,54%), classificandosi terzo nella classifica Ads dietro Corriere e Repubblica. Un risultato che si spiega probabilmente con le attenzioni del giornale per il gran numero di importanti misure di sostegno economico introdotte dal governo per lavoratori e imprese di ogni settore, e anche con la sua identità di giornale “tecnico”. Secondo il Digital News Report 2020 pubblicato dal Reuters Institute, il Sole 24 Ore è al terzo posto nella classifica che misura il livello di fiducia degli italiani in un gruppo di testate più note, subito dopo ANSA e SkyTG24.

I giornali sportivi hanno accusato particolarmente la prima fase della pandemia, quando tutto lo sport era fermo e non c’era alcuna previsione certa sulla sua ripartenza. La diffusione della Gazzetta dello Sport nell’ottobre del 2020 è diminuita del 23,94% rispetto al 2019; nel 2021, nonostante la ripresa degli eventi sportivi – compresi alcuni molto importanti come gli Europei di calcio e le Olimpiadi – la Gazzetta ha perso un ulteriore 8,69%. Il Corriere dello Sport ha perso il 25,25% della sua diffusione nel 2020, e nel 2021 ancora il -5,99% rispetto all’anno precedente.

Ci sono tuttavia due casi in controtendenza, due giornali che hanno visto aumentare molto la loro diffusione in questo momento difficile: il Fatto Quotidiano e la Verità.

Torino, marzo 2021 (Stefano Guidi/Getty Images)

Secondo i dati Ads, la diffusione del Fatto nel 2020 è cresciuta del 28,67%, subendo solo un lieve calo nel 2021 (-2,14%). Questo risultato potrebbe spiegarsi con la vicinanza del Fatto al Movimento 5 Stelle, che nel 2020 esprimeva il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Nei primi mesi della pandemia Conte era molto popolare: secondo un sondaggio condotto da Demos per La Repubblica, il 71% degli intervistati giudicava positivamente l’operato del governo e Conte era il leader politico italiano dal più ampio sostegno negli ultimi 10 anni.

La diffusione del quotidiano La Verità nell’ottobre 2020 è aumentata del 3% rispetto al 2019 e poi nel 2021 di un’ulteriore 16,89%: l’unico tra i principali quotidiani italiani a crescere per i due anni della pandemia. Le ragioni sono simili a quelle del Fatto ma indirizzate altrove: la Verità ha avuto una linea editoriale molto aggressiva e polemica contro il governo, la campagna vaccinale e il Green Pass. La Verità si è distinta così anche dal resto della stampa italiana di destra, che ha preso forti posizioni pro-vaccini, scontentando una parte dei propri lettori: la diffusione di Libero è diminuita dell’11,9% nel 2020 ed è scesa ancora nel 2021 dell’11,5%, mentre il Giornale nel 2021 è stato tra i quotidiani della classifica ADS a perdere di più a livello di diffusione (-26,34%).

Infine, sia il Fatto che la Verità hanno probabilmente beneficiato dalla grande presenza televisiva di alcuni loro giornalisti. Francesco Borgonovo, vicedirettore della Verità, ha partecipato a moltissimi talk show rendendosi spesso protagonista di polemiche (durante la trasmissione di La7 L’aria che tira, per esempio, una volta perse le staffe contro il virologo Fabrizio Pregliasco e abbandonò il collegamento). Il direttore del Fatto Marco Travaglio e l’editorialista Andrea Scanzi sono ospiti fissi in diversi talk show politici, per esempio a Otto e mezzo, il programma di approfondimento politico di Lilli Gruber che va in onda su La7 dal lunedì al sabato.

Tralasciando queste due eccezioni, il quadro generale dei quotidiani rimane preoccupante. Secondo Alessio Cornia, ricercatore associato all’Istituto Reuters, la pandemia «ha esacerbato alcune delle storiche debolezze del settore dei media italiano, contribuendo al calo dei ricavi complessivi, al calo dei lettori dei giornali e all’abbassamento degli standard editoriali adottati nel giornalismo». Cornia riflette anche su un altro aspetto: «Sul lato editoriale, la copertura della pandemia di COVID-19 ha evidenziato la carenza di giornalisti scientifici specializzati in Italia, nonché la tendenza a concentrare la copertura giornalistica su speculazioni e fughe di notizie su possibili modifiche alle restrizioni legate al Coronavirus, insieme alla copertura sensazionalistica e spesso contraddittoria di fatti relativi alla pandemia e ai vaccini».

La Nieman Foundation for Journalism, un importante centro studi sul giornalismo dell’università di Harvard, ha riportato i risultati di uno studio della società milanese TradeLab all’interno di un’analisi sulla stampa italiana durante la pandemia: «Quando il paese era in lockdown da poco più di una settimana e il bilancio delle vittime aveva appena superato le 2.500, la fiducia nei media era bassa. Alla domanda se l’emergenza sanitaria fosse stata rappresentata in modo accurato dai media, il 46% degli intervistati era fortemente in disaccordo; solo il 16% affermava che la copertura fosse equilibrata e trasparente. In confronto, il 31% diceva che il governo e i funzionari sanitari stavano descrivendo la situazione in modo più accurato».

Questo e gli altri articoli della sezione Tra cultura e pandemia sono un progetto del workshop di giornalismo 2022 del Post con la Fondazione Peccioliper, pensato e completato dagli studenti del workshop.