Inizia il processo per il crollo del Ponte Morandi

Gli imputati sono 59 e la sentenza dovrebbe arrivare tra due anni: centinaia di persone hanno chiesto di ottenere un risarcimento

La prima udienza del processo per il crollo del ponte Morandi (ANSA/LUCA ZENNARO)
La prima udienza del processo per il crollo del ponte Morandi (ANSA/LUCA ZENNARO)

È iniziato oggi a Genova il processo per il crollo del viadotto Polcevera, conosciuto come ponte Morandi, avvenuto alle 11.36 del 14 agosto 2018. Morirono 43 persone, tra chi stava transitando sul ponte a bordo di auto e gli operai che stavano lavorando sotto nell’isola ecologica dell’AMIU, l’azienda municipalizzata genovese di raccolta dei rifiuti.

La prima udienza di un processo è sempre solo interlocutoria: non si entra nel merito della vicenda processuale. Gli imputati sono 59, dirigenti, funzionari e tecnici di Autostrade per l’Italia, ministero delle Infrastrutture e Spea, Società progettazioni edili autostradali. Le accuse sono omicidio colposo plurimo, omicidio stradale, crollo doloso, omissione d’atti d’ufficio, attentato alla sicurezza dei trasporti, falso e omissione dolosa di dispositivi di sicurezza sui luoghi di lavoro.

Le indagini, prima del rinvio a giudizio avvenuto nell’aprile del 2022, erano durate tre anni. Nel corso dell’inchiesta della procura genovese erano stati aperti altri tre filoni di indagini: quella sui falsi rapporti sui viadotti, quella sulle barriere fonoassorbenti pericolose e quella sui falsi rapporti sulle gallerie e la loro mancata messa in sicurezza. Queste tre indagini, per cui sono indagate circa 40 persone, molte delle quali adesso a processo per il filone principale, sono state unificate in un unico fascicolo e saranno chiuse entro la fine dell’estate.

A metà marzo le due società coinvolte nell’inchiesta, Autostrade per l’Italia e Spea, imputate per la responsabilità amministrativa, avevano patteggiato. Avevano così evitato le sanzioni interdittive, che avrebbero impedito di svolgere le loro attività, versando in totale circa 30 milioni di euro. 

Le parti civili già ammesse al processo sono per ora 350, ma oggi altre centinaia hanno fatto richiesta: sono persone fisiche, associazioni, enti, aziende che chiedono al giudice il riconoscimento di un risarcimento. Tra le nuove richieste di ammissione come parte civile ci sono quelle di aziende della zona che hanno avuto un calo di attività e quindi di fatturato dovuto al disastro del ponte, di famiglie che hanno dovuto sopportare i disagi del quartiere colpito dal crollo o ancora di persone che per andare al lavoro passavano dal ponte e che poi hanno dovuto percorrere strade alternative allungando i tempi.

Quasi tutti i parenti delle 43 vittime sono già state risarcite da Società autostrade. Dei 205 familiari di coloro che morirono in seguito al crollo del viadotto, il 95% ha accettato il risarcimento e in questo modo, come stabilisce il codice, non ha potuto e non potrà più costituirsi parte civile in aula. In tutto Aspi ha versato circa 60 milioni di euro: l’entità del risarcimento è dipesa da vari fattori come il grado di parentela e l’età della vittima. In media ognuno dei familiari – è un calcolo molto approssimativo – è stato risarcito con circa 300 mila euro.

I difensori di alcuni degli imputati hanno presentato un’istanza di annullamento dell’incidente probatorio nel quale era stata eseguita la perizia sulle cause del crollo del viadotto (l’incidente probatorio è una sorta di anticipo del processo in cui si acquisisce una prova). I legali protestano per il fatto di non aver potuto partecipare a quegli accertamenti tecnici, ma l’istanza era però già stata presentata due volte durante le indagini preliminari e due volte era stata bocciata. 

L’accusa sostiene che buona parte degli imputati sapesse della possibilità del crollo ma non fece nulla per evitarlo. In particolare, durante un secondo incidente probatorio, venne stabilito che «se fossero stati eseguiti correttamente i controlli e le manutenzioni, con elevata probabilità avrebbero impedito il verificarsi dell’evento. La mancanza e/o l’inadeguatezza dei controlli e delle conseguenti azioni correttive costituiscono gli anelli deboli del sistema; se essi, laddove mancanti, fossero stati eseguiti e, laddove eseguiti, lo fossero stati correttamente, avrebbero interrotto la catena causale e l’evento non si sarebbe verificato». 

Il processo sarà molto lungo. Secondo una stima la sentenza dovrebbe essere pronunciata nella seconda parte del 2024. Ci sono però parecchie incognite: se per esempio venisse accolta la richiesta di annullamento del primo incidente probatorio presentata dai difensori, bisognerebbe effettuarne uno nuovo e i tempi si allungherebbero notevolmente. Il procuratore capo di Genova, Francesco Pinto, ha detto all’agenzia di stampa Ansa che «il problema di fondo di questo processo sarà la possibilità di rispettare i parametri costituzionali della ragionevole durata».

Ha detto ancora Pinto: «Qualsiasi istanza dell’accusa, delle difese e delle parti civili dovrà essere parametrata anche rispetto al criterio della ragionevole durata del processo nell’interesse delle stesse parti civili e degli imputati. Perché ci sarà troppa gente che altrimenti rimarrà sulla graticola e che potrebbe un domani essere anche assolta così come ci saranno tanti che hanno diritto a un risarcimento ma che lo potranno vedere dopo anni». La prescrizione non esiste più dopo la sentenza del primo grado di giudizio, sia essa un’assoluzione o una condanna, ma la riforma Cartabia ha introdotto l’istituto dell’improcedibilità: il processo d’appello deve essere celebrato entro due anni, che decorrono dal novantesimo giorno successivo alla scadenza dei termini di deposito della sentenza di primo grado. Oltre questi termini il processo viene considerato terminato a meno che il processato non chieda comunque di proseguirlo.

Giovedì i giornalisti hanno protestato davanti al tribunale per la decisione del presidente del collegio giudicante di ammettere le telecamere in aula solo per dieci minuti. L’ordinanza del giudice ha infatti stabilito che «a fronte del comprensibile interesse mediatico per i fatti oggetto del presente procedimento l’introduzione nell’aula di udienza di telecamere e altri strumenti per la ripresa audiovisiva del processo potrebbero determinare una spettacolarizzazione dell’evento prevedibilmente deteriore per il sereno e regolare svolgimento delle udienze».