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  • Giovedì 7 luglio 2022

Haiti un anno dopo l’uccisione del suo presidente

Le indagini sull'assassinio di Jovenel Moïse sono ancora in corso, con sospettati vicini al suo successore, mentre nel paese proseguono le violenze

Una manifestazione a Port-au-Prince, Haiti, 26 giugno 2022 (EPA/Johnson Sabin)
Una manifestazione a Port-au-Prince, Haiti, 26 giugno 2022 (EPA/Johnson Sabin)
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A distanza di un anno dall’assassinio del presidente di Haiti, Jovenel Moïse, le violenze e la forte instabilità politica nel paese non sono ancora risolte, così come non ci sono grandi progressi nelle indagini sull’uccisione di Moïse. L’allora presidente haitiano fu ucciso il 7 luglio del 2021 da un gruppo di persone che fecero irruzione nella sua residenza, in circostanze a dir poco sospette e ancora da chiarire. Poche settimane dopo, divenne presidente e primo ministro del paese Ariel Henry, che ancora oggi ricopre gli incarichi nonostante siano emersi alcuni legami con la persona sospettata di avere organizzato l’uccisione di Moïse.

Come ha raccontato di recente un lungo reportage del New York Times, l’assassinio e i successivi sviluppi politici hanno portato a nuova instabilità ad Haiti, uno dei paesi più poveri al mondo. Tra aprile e maggio in alcune zone del paese, compresa la capitale Port-au-Prince, ci sono state violenze organizzate da gruppi di persone armate che cercano di mantenere con la forza il controllo di parte di Haiti.

Hanno assaltato numerose abitazioni, stuprando donne e bambine, hanno ucciso gli uomini adulti e rapito i più giovani, con l’obiettivo di arruolarli e di estendere il proprio potere su parte della popolazione. Le autorità locali non hanno grandi risorse per contrastare violenze di questo tipo e la mancanza di una leadership forte e riconosciuta complica ulteriormente le cose.

Le grandi incertezze e le esitazioni su come gestire le indagini e i processi per l’uccisione di Moïse ne sono forse la dimostrazione più evidente.

Le persone finora arrestate perché sospettate di avere partecipato all’assassinio del presidente non sono state ancora portate a processo. Tra loro ci sono 18 ex soldati colombiani, che secondo le autorità locali sarebbero stati gli esecutori dell’operazione nella casa di Moïse un anno fa.

Auto distrutte durante le violenze di fine maggio a Port-au-Prince, Haiti (EPA/Johnson Sabin)

Negli ultimi mesi hanno in più occasioni denunciato di avere subìto violenze da parte della polizia di Haiti, di essere mantenuti in condizioni precarie in carcere, spesso affamati e senza la possibilità di utilizzare bagni e docce.

Nei loro confronti non sono state nemmeno emesse accuse formali e ci sono sospetti sulla mancanza di prove convincenti che giustifichino i loro arresti. Una delle mogli dei prigionieri, intervistata dal New York Times, ha detto di essere riuscita a far visita al proprio marito lo scorso anno, notando segni di tortura, ferite mal curate e alcuni denti mancanti.

Il governo colombiano non sembra abbia fatto finora particolari pressioni, dicendo che i crimini per i quali sono sospettati i propri 18 cittadini sono avvenuti ad Haiti e che quindi spetta alla giustizia locale gestire i loro casi. Ci sono comunque preoccupazioni sulle condizioni di prigionia e la vicepresidente della Colombia, Marta Lucía Ramírez, ha detto di voler far loro visita per appurare di persona le loro condizioni. Ramírez ha inoltre invitato le autorità haitiane a fare il loro dovere e ad avviare il processo vero e proprio.

Port-au-Prince, Haiti (EPA/Johnson Sabin)

Le violenze hanno però riguardato anche giudici, avvocati e funzionari del ministero della Giustizia ad Haiti. Le intimidazioni hanno interessato anche alcuni testimoni e il giudice che si dovrebbe occupare dei 18 ex soldati colombiani è stato cambiato già cinque volte, mentre i sospettati non hanno ancora potuto incontrare un avvocato.

Ariel Henry, l’attuale presidente pro tempore, è tra i sospettati dell’uccisione di Moïse, ma respinge ogni tipo di accusa, sfruttando il proprio potere per difendersi. Ha fatto dimettere alcuni inquirenti che lo avevano convocato per chiarire la propria posizione nella vicenda, dopo la scoperta di alcuni registri telefonici dai quali erano emersi contatti con Joseph Felix Badio, un ex funzionario del ministero della Giustizia sospettato di avere organizzato l’assassinio.

Oltre alle indagini haitiane, gli Stati Uniti stanno conducendo un’inchiesta, nell’ambito degli stretti rapporti tra i due paesi. Gli sviluppi e i progressi in un anno sono stati relativamente pochi, anche se sono emersi alcuni legami con agenzie di intelligence statunitensi, a partire dalla CIA. E proprio queste circostanze hanno reso meno accessibili le informazioni sulle indagini, con varie richieste di mantenerle segrete per non rivelare le identità di contatti e informatori utilizzati dall’intelligence statunitense ad Haiti, per esempio per il contrasto al traffico di droga.

Mario Palacios, un ex soldato colombiano, è stato estradato a gennaio in Florida per essere processato per l’uccisione di Moïse. Il dipartimento della Giustizia statunitense ha però chiesto al tribunale che se ne occupa di secretare tutta la documentazione, proprio perché Palacios ha un qualche tipo di rapporto con le agenzie di intelligence degli Stati Uniti. Ottenere informazioni sul suo processo è quindi diventato estremamente difficile e di conseguenza lo è diventato anche avere nuovi dettagli sulle indagini legate all’assassinio.

Un soldato sgombera alcune barricate allestite durante una protesta a Port-au-Prince, Haiti, il 19 maggio 2022 (EPA/Johnson Sabin)

Intanto ad Haiti le violenze proseguono, seppure con una minore intensità rispetto a quelle che si sono verificate tra aprile e maggio, che avevano portato almeno a 16mila sfollati, fuggiti dalle aree dove si stavano verificando gli assalti più gravi. Secondo i dati raccolti dalle Nazioni Unite, almeno 1.700 scuole hanno dovuto chiudere, lasciando a casa circa mezzo milione di bambini. Alcune scuole erano diventate l’obiettivo dei gruppi violenti, per condurre rapimenti e chiedere poi riscatti alle famiglie.

Haiti sta inoltre cercando di riprendersi dal terremoto di magnitudo 7.1 che aveva interessato l’isola circa un mese dopo l’assassinio di Moïse e che aveva causato la morte di oltre 2.200 persone e danneggiato quasi 140mila edifici.