I Minions non se ne vanno più

Da quando arrivarono oltre dieci anni fa si sono espansi ovunque, facendo sempre le stesse cose buffe e parlando nella loro lingua incomprensibile

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I Minions fecero la loro comparsa nel 2010, nel film d’animazione Cattivissimo me. Erano i buffi e goffissimi scagnozzi tuttofare di Gru, il “supercattivo” protagonista, ed erano lì, fatti in quel modo, perché si temeva che Gru potesse risultare troppo antipatico. Prodotto dalla Illumination Entertainment, la sussidiaria per l’animazione digitale della Universal Pictures, Cattivissimo me aveva ambizioni discrete. In gran parte grazie al successo dei Minions fu però tra i dieci film con i più alti incassi di quell’anno, e soprattutto aprì la strada a un performante franchise cinematografico e alla globale e generale proliferazione di quegli esserini gialli difficilmente definibili.

Dopo Cattivissimo me – un film nel cui trailer i Minions erano presenti, ma chiaramente col ruolo di comprimari – sono arrivati infatti due seguiti, nel 2013 e nel 2017, e nel frattempo un film del 2015 interamente dedicato ai Minions. Pur avendo come protagonisti dei cosi gialli che parlano una lingua incomprensibile, incassò oltre un miliardo di euro e fu il quinto più visto dell’anno, poco dietro ad AvengersAge of Ultron e davanti a Spectre, Inside Out e all’ultimo Hunger Games. Ora – dopo essersi tra l’altro espansi in libro, attrazioni fisiche, cortometraggi e videogiochi vari – i Minions sono tornati in Minions 2 – Come Gru diventa cattivissimo, che in Italia arriverà ad agosto e che negli Stati Uniti sta avendo ottimi incassi. E già si sa che torneranno quantomeno in un altro film: il quarto Cattivissimo me, previsto per il 2024.

In questi loro primi dieci anni i Minions hanno raggiunto un livello di fama e pervasività culturale paragonabile a Topolino, il tutto essendo personaggi semplici e quasi banali: senza una chiara identità, senza un linguaggio strutturato e comprensibile, senza essere protagonisti di un arco narrativo classico e senza essere parte di un mondo coerente e definito in ogni suo dettaglio, come per esempio succede con i Pokémon.

I Minions, infatti, non sono nient’altro che servitori spensierati e impacciati del cattivo di turno, che in genere è Gru. Grazie a un segmento del loro film del 2015 si sa che esistono da milioni di anni e che da sempre il loro unico scopo è seguire un qualche tipo di supercattivo, finendo inesorabilmente per rovinarne i piani con la loro goffaggine. Il film, saggiamente, si inventa anche un modo per evitare che fossero in circolazione nella prima metà del Novecento.


Oltre a sapere come sono fatti – tutti gialli, alcuni con un occhio e altri con due, qualcuno senza capelli qualcuno con giusto un paio, quasi sempre vestiti con una sorta di uniforme comune – gli spettatori conoscono insomma ben poco dei Minions, il cui nome significa “servitore”, “sgherro” o “tirapiedi”. Nonostante le loro ore sugli schermi siano ormai svariate, dei Minions si può dire quasi solo che sembrano essere capaci di grandi progetti (che però rovinano sempre) e che sono golosissimi di frutta, soprattutto banane.

Per il resto si sa che sanno annusare pur senza narici, sentire anche se sprovvisti di orecchie. E che sono probabilmente immortali, o che comunque ci vanno vicini. Sono almeno diecimila, ma quelli noti per il loro nome e per qualche minima peculiarità caratteriale sono giusto una manciata.

Questa generale vaghezza si spiega in gran parte col fatto che i Minions nacquero piuttosto casualmente. Pierre Coffin, regista di quasi tutti i film della serie e doppiatore di molti Minions, raccontò che la loro invenzione avvenne «per puro caso». Erano stati previsti degli aiutanti di qualche tipo per Gru e all’inizio si era pensato a un esercito di scagnozzi nerboruti. Solo che risultavano antipatici e, per riflesso, facevano sembrare tale anche il loro leader. Si passò quindi a degli aiutanti umani, però dalle fattezze più strambe, poi a degli aiutanti-robot e, infine, dopo qualche successivo aggiustamento estetico, ai Minions così come li conosciamo.

(ANSA/UFFICIO STAMPA)

Chris Meledandri, amministratore delegato della Illumination Entertainment, arrivava dalla produzione dei film della serie L’era glaciale, e pensò ai Minions come a qualcosa di simile a quello che lo scoiattolo Scrat era stato per quei film: una parte buffa-e-basta, protagonista di piccole scene autosufficienti, senza dialoghi e capaci di far ridere chiunque, anche un bambino. Durante la produzione, e vedendo quanto i disegnatori si divertivano a creare e animare ogni Minion, si scelse però di ampliare il loro numero e di renderli più presenti nella trama. Per rendere ancora più simpatico Gru, si decise di mostrare in più scene come fosse in grado di distinguere tra loro ogni Minion, chiamando ciascuno di loro per nome.

A ben vedere, i Minions non erano comunque niente di nuovissimo. Nel loro piccolo, qualcosa di simile erano stati i piccoli e verdi alieni di Toy Story, che vivono in un distributore automatico venerando il braccio meccanico che li pesca. Prima ancora, e in modo più articolato, qualcosa di simile erano stati gli Umpa Lumpa, gli infaticabili aiutanti di Willy Wonka.

Eppure i Minions hanno avuto più successo, e a più di un decennio dal loro arrivo continuano ad averlo. Uno dei motivi è che sono universali e a loro modo classici, e quindi capaci di non passare di moda. Così come in certe scene basilari di comicità fisica tipica della slapstick comedy di inizio Novecento, i Minions possono far ridere con pochissimo, con un tipo di comicità di cui si può dire che “non passa mai di moda”.

Allo stesso tempo, però, le loro gag brevi ed essenziali sembrano anche perfette per diventare GIF, meme e brevissimi video da TikTok, cosa che li ha resi onnipresenti su Facebook, ma che ancora permette loro di adattarsi a mode o trend di ogni tipo. Inoltre, come notò BuzzFeed qualche anno fa, la loro «imperscrutabilità» rende i Minions «un perfetto prodotto globale», che non viene ostacolato da questioni di lingua. Il fatto che siano poco definiti, oltre al loro essere semplicemente buffi e allegri, li rende allo stesso tempo versatili, pronti per essere associati, e se necessario adattati, a qualsiasi contesto o concetto.


 

Tutte queste caratteristiche, in parte fortuite e in parte frutto di ragionamenti e citazioni, sono però solo una parte delle ragioni del successo dei Minions. Un’altra, in genere trascurata, l’ha raccontata un recente articolo di Polygon intitolato “Come i Minions vincono contro la Disney nel gioco del copyright”. I Minions sono infatti diventati un fenomeno globale anche perché la Universal Pictures, che ne controlla i diritti, ha scelto di concedere licenze di qualsiasi genere, lasciando tra l’altro anche una certa libertà – a differenza della severissima Disney – per quanto riguarda i prodotti non ufficiali. I Minions, ha scritto Polygon, «sono praticamente dominio pubblico».

(Janos Bugany/MTI via AP)

Nei giorni immediatamente successivi all’uscita di Minions 2 – Come Gru diventa cattivissimoun trend diventato virale su TikTok ha dato l’ennesima dimostrazione di quanto i Minions siano pervasivi, efficaci e adattabili a nuovi mezzi e formati. Tutto è cominciato quando Bill Hirst, un giovane australiano, ha pubblicato sul social network un video in cui lui e un gruppo di amici, tutti vestiti con un completo elegante scuro come quello del protagonista della serie Cattivissimo Me, Gru, andavano al cinema a vedere il film con l’aria di chi è ospite di un qualche evento mondano e formale.


Il video, accompagnato da una canzone della colonna sonora particolarmente adatta al formato dei video di TikTok, è un classico esempio della comicità un po’ nonsense popolare tra i giovani su TikTok, ed è diventato in fretta virale e, come succede spesso sul social network, è stato emulato migliaia e migliaia di volte nel giro di pochi giorni. Il risultato è stato che Minions 2 – Come Gru diventa cattivissimo ha ricevuto una montagna di promozione gratis, su TikTok: al momento i video con l’hashtag #minions hanno 8,5 miliardi di visualizzazioni. La stessa Universal Pictures ha ringraziato i ragazzi che stanno pubblicando questo genere di video, mentre alcuni cinema nel Regno Unito hanno dovuto vietare l’ingresso ai maschi vestiti in completo perché in certi casi i gruppi che avevano partecipato al trend erano stati troppo rumorosi e molesti.

Proprio questo genere di trasversalità, però, è stata per anni ed è ancora parte del motivo per cui i Minions sono anche quasi un simbolo negativo, un emblema contro cui si scaglia chi li vede come un prodotto artefatto, effimero e costruito in funzione di internet. Lo spiegò qualche anno fa lo sceneggiatore ed esperto di effetti speciali Jason Porath, in un post più volte ripreso in cui diceva di odiare i Minions «in maniera violenta e personale»:

Sono personaggi carini ma senza uno scopo, la cui presenza non è giustificata, compressi come sono in ridicole scenette. Queste scene possono circolare ovunque senza preoccupazione per la loro coerenza o il loro livello artistico. Per me puzzano lontano un miglio di cinica ingerenza del marketing. Sono molto più popolari degli altri personaggi di Cattivissimo Me (ricordate il nome delle figlie di Gru? O del cattivo? O di sua moglie?), al punto da diventare il centro delle campagne pubblicitarie e di merchandising. Non sono nemmeno doppiati da attori pagati ma dagli stessi registi del film. Il loro successo ha senso – il loro umorismo è molto terra terra, del tipo scivolone-sulla-buccia-di-banana, ed è comprensibile da adulti e bambini di qualsiasi paese – ma è frutto di un livello tremendamente basso di produzione artistica.