ll batterio più grande mai scoperto

Lungo circa un centimetro, il Thiomargarita magnifica può essere osservato a occhio nudo e conferma che c'è ancora molto da scoprire sui batteri

Esemplari di T. magnifica e una moneta da 10 centesimi di dollaro come scala di riferimento (Tomas Tyml/Lawrence Berkeley National Laboratory)
Esemplari di T. magnifica e una moneta da 10 centesimi di dollaro come scala di riferimento (Tomas Tyml/Lawrence Berkeley National Laboratory)
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Il Thiomargarita magnifica è il più grande batterio a essere mai stato scoperto. La sua esistenza era nota dal 2009, ma solo di recente è stato possibile confermare il fatto che sia costituito da un’unica cellula, e che sia circa 50 volte più grande di qualsiasi altro batterio conosciuto. La scoperta è stata da poco pubblicata sulla rivista scientifica Science ed è un’ulteriore dimostrazione di quanto siano ancora limitate le nostre conoscenze sui batteri e sulla loro grandissima varietà.

T. magnifica era stato identificato per la prima volta nel 2009 dal biologo Olivier Gros, mentre stava esplorando e studiando le forme di vita tra le mangrovie della Guadalupa, l’arcipelago delle Antille francesi che si trova nei Caraibi. Tra le foglie cadute dagli alberi e che marciscono nelle acque stagnanti sotto le mangrovie, Gros aveva osservato strani organismi filamentosi, lunghi circa un centimetro e quindi ben visibili a occhio nudo. Inizialmente aveva pensato che si potesse trattare di un fungo o di un qualche altro tipo di organismo appartenente agli eucarioti, il dominio più complesso degli esseri viventi e che comprende gli animali, esseri umani compresi.

In seguito, Gros condusse nuove analisi al microscopio arrivando alla conclusione di non avere davanti un eucariota, ma qualcos’altro. Furono però necessari quasi dieci anni prima che altri gruppi di ricerca in California dedicassero più attenzioni al nuovo organismo, analizzandolo e osservandolo con varie tecniche, compreso il microscopio elettronico che permette di effettuare notevoli ingrandimenti.

Nel 2018 arrivò la conferma che si trattava di una singola cellula e il frutto di quelle osservazioni divenne una ricerca preliminare, pubblicata lo scorso febbraio. Ora, a distanza di qualche mese, lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica Science, raccogliendo un grande interesse tra chi si occupa di batteri e non solo.

T. magnifica al microscopio elettronico (Olivier Gros/Lawrence Berkeley National Laboratory)

Ciò che ha colpito i gruppi di ricerca, è che T. magnifica è costituito da un’unica grande cellula filamentosa, talmente lunga da poter essere osservata a occhio nudo, una rarità per i batteri. Al centro del batterio c’è un vacuolo, una vescicola contenente liquido e delimitata da una membrana, lungo i cui margini ci sono altre strutture membranose e che sembrano avere caratteristiche simili agli organuli, le strutture delle cellule eucariote necessarie per la loro sopravvivenza. Il gruppo di ricerca le ha chiamate “pepini”: «Dal latino volgare “pép” usato per indicare il concetto di piccolo».

Osservando al microscopio elettronico alcuni campioni di T. magnifica, il gruppo di ricerca ha inoltre notato che il materiale genetico del batterio è racchiuso in centinaia di migliaia di pepini, invece di essere libero all’interno della cellula come avviene di solito con la maggior parte dei batteri. Ciascuno di questi pepini contiene inoltre al proprio interno i ribosomi, le strutture responsabili della decodifica delle informazioni genetiche per produrre le proteine.

Non è però ancora chiaro se i pepini contengano tutti la medesima combinazione di materiale genetico, proteine e ribosomi, perché per ora il gruppo di ricerca ha sequenziato l’intera cellula, mentre non si è potuto ancora dedicare ad analisi più approfondite delle sue singole strutture. Alcuni pepini potrebbero avere funzioni diverse da altri, ma solo nuovi approfondimenti potranno offrire qualche risposta.

Il gruppo di ricerca vuole inoltre capire se T. magnifica sia tipico esclusivamente della Guadalupa e degli ecosistemi in cui è stato osservato, tra le mangrovie, o se sia presente anche in altre aree del mondo. La presenza di grandi quantità di zolfo sembra essere comunque determinante, considerato che questi batteri si nutrono delle sue molecole.

Le dimensioni di T. magnifica messe a confronto con quelle di altre specie (Science)

La scoperta di T. magnifica conferma comunque le ipotesi sull’esistenza di batteri molto più grandi di quelli finora identificati, e potrebbe aprire la strada a nuove ricerche utili per comprendere meglio le loro caratteristiche.

Il lavoro in questo ambito del resto non manca: una ricerca svolta nel 2016 ha stimato che in tutto il mondo esistano centinaia di miliardi di diverse specie di batteri e che il 99,999 per cento di queste non siano state ancora scoperte. Benché non tutti concordino su questa stima, c’è ampio consenso tra ricercatrici e ricercatori sul fatto che a oggi sia stata identificata solo una minuscola frazione di tutti i batteri esistenti sul nostro pianeta.