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  • Martedì 24 maggio 2022

Le ormai usuali gaffe di Joe Biden

Il presidente americano è noto per averne fatte parecchie nella sua carriera, parlando per esempio di Taiwan e dell'Ucraina, e gli esperti non sanno più come prenderle

(Chip Somodevilla/Getty Images)
(Chip Somodevilla/Getty Images)
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Lunedì il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha fatto molto parlare di sé per avere detto, rispondendo alla domanda di una giornalista, che gli Stati Uniti sarebbero intervenuti militarmente in difesa di Taiwan in caso di un’invasione da parte della Cina.

Mentre diversi analisti si sono chiesti se Biden avesse cambiato la decennale strategia degli Stati Uniti su Taiwan con una semplice parola, altri hanno fatto notare che non è la prima volta da quando è presidente che a Biden succede una cosa simile. Anzi, lo schema è ormai piuttosto noto: Biden dice una cosa che non avrebbe dovuto dire, magari perché troppo aggressiva o inopportuna per il ruolo che ricopre, e poi il suo staff cerca in tutti i modi di ridimensionare la portata di quella dichiarazione.

A marzo, poche settimane dopo l’invasione russa dell’Ucraina, Biden aveva definito il presidente russo Vladimir Putin un «criminale di guerra» con una sicurezza che ai tempi era sembrata quantomeno prematura, dato che il diritto internazionale pone dei paletti molto definiti per i cosiddetti crimini di guerra (il suo staff fece poi sapere che si trattava di una sua opinione personale e non di un “parere legale”).

Pochi giorni dopo aveva detto che Putin «non può restare al potere», auspicando cioè un cambio di regime in Russia. Era un’ipotesi di cui i governi occidentali non avevano parlato in maniera aperta, per almeno due ragioni: sia per non chiudere tutte le possibilità di trovare un accordo con Putin, sia perché nel corso degli anni l’idea di interventi militari stranieri allo scopo di rovesciare un regime è diventata sempre meno accettabile politicamente. Anche in quell’occasione lo staff di Biden aveva specificato che si trattava di un’osservazione e non dell’annuncio di una nuova strategia.

– Leggi anche: Biden ha fatto un’imprudenza parlando di un cambio di regime in Russia?

Il Washington Post ha notato che Biden sembra particolarmente suscettibile alle gaffe quando parla di Taiwan. Nell’agosto del 2021, durante un’intervista con ABC News, sostenne per esempio che gli Stati Uniti avevano fatto un «patto sacro» con Taiwan per difendere il loro territorio in caso di attacco, con caratteristiche simili al noto articolo 5 della NATO, che prevede l’obbligo di mutuo soccorso fra i paesi membri dell’alleanza in caso di attacco.

In realtà gli Stati Uniti non avevano mai sottoscritto un patto del genere, e anzi nei confronti di Taiwan seguono da tempo un approccio chiamato di «ambiguità strategica». In sostanza l’amministrazione statunitense non ha mai specificato esattamente cosa farebbe in caso di invasione della Cina, per evitare di creare tensioni col governo cinese.

Episodi simili non sono una novità nella lunga carriera politica di Biden. «Biden è sempre stato più trasparente della maggior parte dei politici riguardo ai propri pensieri», ha detto al New York Times David Axelrod, noto consulente politico statunitense ed ex collaboratore del presidente Barack Obama.

Parte della popolarità di Biden nella sua carriera da senatore, vicepresidente e ora presidente si deve anche alla sua disponibilità a parlare in maniera poco ingessata, che in molti associano a una certa autenticità. Il lato negativo di questa inclinazione è quella di dire cose spesso fuori luogo o addirittura offensive. Peter Baker, esperto corrispondente della Casa Bianca del New York Times, ricorda che a Washington Biden viene descritto spesso come «una macchina da gaffe», a volte con affetto, altre volte con sarcasmo.

Alcune di queste hanno lasciato una traccia nella sua carriera. Quando era vicepresidente, TIME mise insieme una classifica delle sue dieci peggiori figuracce. Una delle più citate in questi casi la fece nel 2012, quando davanti a un pubblico composto perlopiù da afroamericani Biden disse che un presidente Repubblicano li avrebbe «riportati in catene», un chiaro riferimento alla schiavitù. Nella campagna elettorale delle ultime primarie Democratiche per le elezioni presidenziali, per giorni si parlò del fatto che aveva dato del «maledetto bugiardo» a un elettore in Iowa.

Un conto però è dire cose del genere durante una campagna elettorale molto animata, o persino da vicepresidente, dato che il potere a sua disposizione è limitato. Un’altra cosa è dirle da presidente in carica. «Le parole di un presidente sono esaminate con piglio scientifico da politici, diplomatici e agenzie di intelligence in giro per il mondo, che cercano di capirne il significato per interpretare cosa farà in futuro», ha spiegato Baker: «Piaccia o no, a qualsiasi innovazione rispetto a un commento precedente o a una posizione ufficiale viene attribuito un notevole peso specifico».

Anche per questa ragione è possibile che la presidenza di Biden verrà ricordata per le sue gaffe che di volta in volta hanno lasciato perplessi analisti, diplomatici ma anche la stessa politica americana.

Dopo la dichiarazione di lunedì su Taiwan sono circolate ipotesi così diverse che il Guardian ha sostenuto che la principale conseguenza sia stata una certa «confusione» fra gli addetti ai lavori. Bill Bishop, esperto analista di Cina e autore della newsletter Sinocism, ha detto che quelle su Taiwan «non sono più delle gaffe, è ovvio». Bonnie Glaser, che si occupa di Asia per il think tank German Marshall Fund, ha invece auspicato che un funzionario dell’amministrazione Biden tenga un discorso per chiarire quale sia la posizione ufficiale del governo statunitense su Taiwan.

Anche in questa occasione, comunque, la Casa Bianca ha cercato di ridimensionare la portata della dichiarazione di Biden, sostenendo in un comunicato stampa che «la nostra linea non è cambiata» e che in passato Biden aveva già detto che gli Stati Uniti sarebbero stati disponibili a fornire armi a Taiwan in caso di un’invasione da parte della Cina. Il New York Times però ha fatto notare che la dichiarazione di Biden va ben oltre l’impegno preso in passato, dato che la domanda della giornalista citava un intervento militare diretto, e non un semplice invio di armi.